Si tratta di una legge tuttora non applicata. Ne fanno le spese solo lavoratori e pensionati, visto che le imprese ed i lavoratori autonomi pagano un aliquota unica al 17%
Nell’incontro con la delegazione di Governo sulla legge di bilancio previsionale 2025, la CSdL ha ribadito le rivendicazioni avanzate unitariamente dai tre sindacati oltre un anno fa, sostenute con lo sciopero generale del 15 dicembre 2023, al fine di recuperare il potere d’acquisto perduto a causa dell’inflazione.
La richiesta di maggiore impatto sul piano quantitativo è quella relativa all’utilizzo degli introiti del bilancio dello Stato, derivanti dalla maggiore tassazione subìta dai lavoratori dipendenti e dai pensionati, per effetto del mancato adeguamento degli scaglioni su cui vengono applicate le aliquote progressive. Queste vanno da un minimo del 9% ad un massimo del 35%.
Ciò è avvenuto a causa della mancata attuazione della legge sul fiscal drag da parte dei Governi; si tratta di una somma compresa tra 7 e 10 milioni annui circa, che chiediamo di destinare al finanziamento della riduzione dei contributi per i redditi più bassi e del fisco per i pensionati. Ciò, analogamente a quanto avviene da anni in Italia.
L’indicazione di agire sulla riduzione dei contributi, piuttosto che sulla diminuzione delle imposte, è dovuta al fatto che, per i lavoratori frontalieri, pagare meno tasse a San Marino significherebbe, per converso, pagarne di più in Italia. Un intervento sulla riduzione dei contributi, invece, andrebbe a vantaggio di tutti, senza alcuna distinzione in base al luogo di residenza. Naturalmente, tale riduzione contributiva non avrebbe effetto sulla maturazione delle pensioni.
La proposta sindacale nasce dal fatto che la legge sul fiscal drag, che serve quindi ad impedire che lavoratori e pensionati paghino più tasse del dovuto per effetto delle dinamiche inflative, in valore assoluto determina maggiori benefici per i redditi più alti. Fermo restando che, in assenza di misure diverse, la legge va applicata così com’è, ribadiamo la necessità di trovare soluzioni efficaci per tutti i lavoratori, con particolare attenzione a quelli con minori disponibilità economiche.
La CSdL considera pertanto parziale la proposta dell’ANIS di defiscalizzare unicamente gli straordinari e i premi, in quanto una simile misura dovrebbe essere prioritariamente rivolta agli aumenti contrattuali che tutti i lavoratori hanno percepito; il fiscal drag va proprio in questa direzione. Se le finanze pubbliche saranno in grado di sostenere tutte le rivendicazioni, ben venga. In caso contrario, occorre seguire l’ordine delle priorità.
Confermiamo comunque gli impegni assunti con il contratto industria, ovvero la richiesta congiunta di ridurre il peso del fisco o dei contributi, con specifico riferimento allo straordinario obbligatorio.
Abbiamo notato che la proposta dell’ANIS ha già riscontrato il favore di alcuni. In proposito, è bene ricordare che una misura analoga è stata in vigore per tre anni, dal 2018 al 2020 ed i relativi sgravi sono stati caricati sulla SMAC, analogamente a quanto avvenne per il rimborso della c.d. tassa etnica a carico dei lavoratori frontalieri introdotta nel 2010 e rimasta in vigore per qualche anno.
È stato un mero espediente che ha rischiato di creare – come era già avvenuto in quella occasione – un ulteriore contenzioso con l’Agenzia delle Entrate, la quale riteneva che il relativo importo dovesse essere dichiarato in Italia, in quanto era uno sgravio fiscale a tutti gli effetti e non un rimborso spese.
Dobbiamo altresì rettificare una informazione non veritiera che è circolata, ovvero che gli straordinari non vengono computati nel calcolo dell’importo della pensione; non è affatto vero! Se da un lato è comprensibile il fastidio per la tassazione applicata, dall’altro dovremmo essere tutti contenti se il lavoro straordinario venisse normalmente erogato in busta paga e non attraverso altre formule, visto che se ne avrà un ritorno al momento del pensionamento.
Comunicato stampa
CSdL
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