La freccia del tempo corre in direzioni opposte per le due (ormai ex?) gemelle Capitali: politica e accademia si interrogano sulle ragioni di tale scollamento
La freccia del tempo corre in direzioni opposte per le due (ormai ex?) gemelle Capitali. Il giorno dopo le pagelle del Sole 24Ore sulla qualità della vita è un’alba dai differenti contorni per Brescia e per Bergamo. A Palazzo Frizzoni i cugini orobici — giustamente — gioiscono del primo posto in classifica. In Loggia, invece, ci si interroga sulle ragioni di tale scollamento: venti posizioni di differenza — erano solo dieci l’anno scorso — pesano e non poco per un territorio che si era cullato nell’illusione della fissità del benessere. Una condizione, evidentemente, che è invece diacronica e che descrive due parabole divergenti.
La prima a tentare un’analisi, e non potrebbe essere diversamente, è la politica. Perché, mentre l’ex sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, sottolinea come il Covid abbia agito da positivo spartiacque fra un prima conservativo e un dopo maggiormente propulsivo, a Brescia è il leader dell’opposizione in consiglio comunale, il leghista Fabio Rolfi, a prendere parola sul ventesimo posto della nostra provincia e, soprattutto sui due, antitetici trend: meno cinque posizioni per noi, più quattro per loro: «Fermo restando che la classifica riguarda i territori provinciali e non i confini dei due capoluoghi, il dato di fatto — ragiona Rolfi — è che in dieci anni Giorgio Gori ha scalato cinquanta posizioni mentre Brescia è restata stagnante, il che significa che Bergamo ha centrato i driver di sviluppo che si era posta».
Il capo dell’opposizione punta il dito sulla capacità di visione che, questa la sua tesi, al di qua dell’Oglio è mancata: «L’aeroporto di Orio al Serio è l’esempio — dice — di una capacità di programmazione di respiro metropolitano, in grado cioè di trasformare il capoluogo amministrativo in un regista coinvolgente tutto l’intorno provinciale. Qui da noi, invece, fatichiamo a immaginare un tram o un metrobus che superi i confini comunali, quando tutti sanno che l’inquinamento di cui soffriamo è causato dalle 200 mila auto che ogni giorno entrano ed escono dal centro cittadino».
Un tema di scala su cui lavorare, per Rolfi, che si aggiunge a quello, certo non secondario, della capacità di generare innovazione, come sottolinea Giuliano Noci, docente al Politecnico di Milano, dove ricopre la carica di prorettore del polo territoriale cinese dell’ateneo, ma bresciano di origine, il quale dice: «Le direzioni opposte che le due città hanno intrapreso da ormai qualche tempo sono l’effetto del peso che l’economia tradizionale ha ancora a Brescia rispetto alla capacità che Bergamo sta dimostrando nel creare innovazione, ad esempio con il Kilometro Rosso. Brescia — prosegue — è rimasta troppo concentrata su settori oggi in grave crisi come l’automotive e la siderurgia, mentre Bergamo ha saputo diversificare, dal tessile alla chimica, dalla meccanica all’elettronica fino all’home building».
Vengono in mente sfide vinte come quelle del gruppo Radici e di Gewiss, la quale, fra l’altro, è il back sponsor dell’Atalanta, a oggi prima in classifica in A: «Con un effetto di ritorno — aggiunge Rolfi — che non è solo di immagine ma è anche economico e che dovrebbe far meditare la giunta Castelletti, la quale finora si è totalmente disinteressata delle sorti della nostra squadra di calcio e del nostro stadio».
La sidermeccanica arranca, nel Bresciano, ma non è che l’agroalimetare viva momenti esaltanti, affaticata come del resto l’industria dall’incapacità di arrivare al consumatore finale con un proprio prodotto e quindi costretta ad accontentarsi delle posizioni intermedie e a minore valore aggiunto della filiera di trasformazione: «Nella Bassa — prosegue Noci, che è al lavoro con Cassa Padana per sviluppare il progetto Hub della Conoscenza — registriamo un preoccupante spopolamento demografico che interessa soprattutto i giovani». Si tratta dell’annoso tema dell’attrattività che è anche,tuttavia, un tema di infrastrutture. Ancora l’aeroporto, la nostra croce se si alza lo sguardo verso Montichiari. «Il dinamismo, economico e sociale, reso possibile dallo sviluppo aeroportuale di Orio è una delle ragioni di questo scollamento fra le due città» ragiona infatti Paolo Malighetti, direttore del dipartimento di Transport and Sustainable Mobility all’Università di Bergamo. «Bene la metro bresciana — concede il docente —, ma una porta verso il mondo come il Caravaggio è un altro campionato (ancora dolorose metafore calcistiche, ndr)».
E poi c’è il tema ambientale, che, secondo Paolo Falbo, professore di Economia all’Università di Brescia ma bergamasco di residenza, si incrocia con la dinamica sociale: «Brescia sta assistendo oggi a un processo di consumo di suolo a causa di nuovi insediamenti logistici che Bergamo ha già vissuto e in qualche modo ha già ammortizzato nel tempo. Un processo i cui effetti non sono solo ecologici ma sono anche sociali, poiché questi insediamenti attraggono nuova popolazione mettendo, di conseguenza, a dura prova gli assetti welfaristici del territorio, dalla scuola alla sanità».
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