Incidente aereo in Corea del Sud, il mistero dei 4 minuti: dall’allarme «bird strike» allo schianto

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L’inchiesta sulle cause del disastro che ha coinvolto un Boeing 737-800 della low cost Jeju Air (179 morti) si annuncia lunga e complicata. Almeno sei i filoni d’indagine. Lente sul vettore e sulla sicurezza

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L’aereo, la compagnia low cost, la pista dell’aeroporto, il muretto alla fine, l’ambiento intorno allo scalo e gli uccelli. Più passano le ore e più investigatori locali e occidentali, esperti e piloti accumulano domande dopo l’incidente aereo in Corea del Sud che ha visto un Boeing 737-800 finire fuori pista, andare a sbattere contro un muretto di cemento ed esplodere: 179 delle 181 persone a bordo hanno perso la vita. Al momento tutte quelle domande sono senza una risposta, ma dovranno ottenerla dall’indagine che si annuncia complessa.

Gli ultimi istanti

L’aereo decollato da Bangkok è atterrato «di pancia» domenica mattina, 29 dicembre, sulla pista di Muan — in emergenza dopo aver impattato contro uno stormo di uccelli — senza il carrello dispiegato, con le ali non nella posizione adeguata per la discesa, ad altissima velocità (oltre 350 chilometri orari), quasi a metà della striscia d’asfalto e senza gli «inversori di spinta» dei motori. «Nulla era al suo posto in quel momento», spiegano al Corriere due comandanti di Boeing 737.




















































Il contatto con la torre

Il primo contatto tra piloti e torre di Muan — stando ai bollettini ufficiali — avviene alle 8.54 del mattino (le 00.54 in Italia). Alle 8.57 i controllori emettono un avviso sul rischio di «bird strike». Alle 8.58 dal Boeing viene lanciato il «mayday». La tv News1 racconta che un passeggero ha inviato un messaggio a un parente per dire che un uccello era rimasto incastrato nell’ala. In un video degli ultimi istanti si nota una fiammata sul motore destro. In quel momento sui siti di tracciamento dei voli l’aereo — che sta arrivando da Sud — smette di mandare il segnale, ma ovviamente continua a volare.

La manovra veloce

Quello che si apprende dopo è che passato sopra lo scalo, effettua un veloce giro, torna indietro per scendere da Nord. Che cosa è successo nei quattro minuti tra il lancio del «mayday» alla torre (le 8.58) e lo schianto (9.02)? Perché i piloti avevano così tanta «urgenza» di scendere senza — come si fa di solito — guadagnare tempo, scaricare il carburante per alleggerirsi ed eseguire le procedure necessarie per la discesa d’emergenza? Perché non avvisare a terra così da far trovare pronti i vigili del fuoco? Perché, se proprio la situazione era così disperata, non provare l’ammaraggio, più sicuro che atterrare in quelle condizioni?

Le ispezioni

A queste domande potranno dare una risposta le due «scatole nere», recuperate e dalle quali verranno estratti i dati nei prossimi giorni. Intanto il governo vuole capire se quel modello di aereo sia affidabile e per questo ha disposto le verifiche sui 101 esemplari nel Paese: 39 di Jeju Air, 27 di T’way Air, 19 di Jin Air, 10 di Eastar Jet, 4 di Air Incheon e 2 di Korean Air. Il 737-800 è uno degli aerei più utilizzati nel mondo dagli anni Novanta: secondo la piattaforma specializzata Cirium ogni giorno volano 4.387 esemplari.

La lente su Jeju Air

Ma non è soltanto il tipo di jet sotto indagine. Lo è pure la low cost che ha registrato un record di cancellazione delle prenotazioni: quasi 70 mila in un giorno e mezzo. Nel terzo trimestre di quest’anno — secondo il ministero dei Trasporti — gli aerei di Jeju Air hanno avuto il più alto utilizzo orario medio. Il 737 che si è schiantato domenica aveva volato poco prima 13 volte in sei Paesi asiatici nelle 48 ore precedenti l’incidente. Il comandante aveva alle spalle oltre 6.800 ore di esperienza su quel tipo di jet, il primo ufficiale 1.650 ore.

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La regola dei 28 minuti

Quel velivolo, a leggere i movimenti, aveva effettuato tra i 5 e i 7 voli al giorno di media. Numeri che sono normali in Europa, dove i vettori low cost (soprattutto) e tradizionali usano il più possibile gli aerei sui voli brevi, riducendo al minimo la permanenza a terra. Ma in Corea del Sud esiste una regola che stabilisce una durata minima per l’ispezione di ogni aereo — prima della partenza — di 28 minuti per i Boeing 737. E dal 2020 il vettore è stato sanzionato nove volte — più di ogni altra aviolinea del Paese — per aver violato le norme di sicurezza aerea.

Il ruolo della pista

Gli investigatori si concentrano anche sulla pista dell’aeroporto di Muan. Ufficialmente è lunga 2.800 metri, ma al momento dell’incidente il Boeing poteva utilizzarne soltanto 2.500 perché sono in corso i lavori per l’allungamento. Questo non appare però un elemento rilevante perché ai 737-800 bastano 1.600 metri. Non solo. L’aereo ha toccato la pista ben oltre il suo punto ottimale, lasciandosi alle spalle circa 1.200 metri non utilizzati per rallentare.

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Il «bird strike»

Viene anche studiato il ruolo del «bird strike». L’aeroporto di Muan si trova circondato di bacini d’acqua — come gli stagni — che sono l’ambiente perfetto per raccogliere migliaia di volatili. Seul ha spiegato che indagherà anche se la società di gestione dello scalo abbia adottato tutte le misure necessarie per tenere libera l’area di manovra degli aerei in arrivo e partenza, usando — tra le altre cose — le sirene bitonali, i dissuasori sonori o le pistole a salve.

La costruzione alla fine della pista

Gli esperti di sicurezza aerea ribadiscono che un incidente è il risultato di una serie di fattori. E tra questi c’è pure il muretto in fondo alla pista che viene visto come un elemento che ha aggravato il disastro. Si tratta di una costruzione in cemento — di appoggio del localizzatore (che fornisce la guida all’avvicinamento) — che raramente si vede negli scali occidentali e quantomeno non così vicino alla fine della pista dove sono previste delle «aree di sicurezza», sgombre di oggetti o costruzioni, per consentire agli aerei che finiscono fuori di proseguire e rallentare.

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Le norme internazionali

Nei video girati l’aereo va a sbattere violentemente ed esplode, tanto è resistente quel muretto. In teoria ogni costruzione nei dintorni della striscia d’asfalto dovrebbe distruggersi facilmente proprio nell’eventualità di un fuoripista. Secondo l’Icao, l’agenzia Onu per l’aviazione civile, l’area «cuscinetto» dovrebbe essere tra i 180 e i 300 metri dalla fine della pista. La costruzione di Muan — secondo le autorità locali — si trovava a 250 metri, quindi entro i margini previsti.

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