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Cosa accade quando le ombre del passato diventano strumenti di manipolazione della realtà? Durante il Romanticismo, un’epoca in cui giunse al culmine l’interesse per il folklore e le leggende popolari, si riteneva che le creature viventi possedessero un doppio, invisibile ma identico all’individuo reale, che talvolta veniva descritto come una sorta di controparte negativa dell’essere umano. Le rappresentazioni di questo “doppio” nella cultura europea sono numerose, dai romanzi di Ernst Hoffmann alla psicoanalisi, fino al saggio di Otto Rank, Der Doppelgänger (1914), che ha lo stesso titolo di una delle più recenti operazioni di guerra ibrida scatenata da attori statali ostili all’Europa sul web e i social media.
Dalla letteratura alla geopolitica, i moderni doppelganger
Queste strategie sfruttano il “doppio digitale” per destabilizzare le nostre società, attraverso sofisticate tecniche di disinformazione di massa che utilizzano siti internet, notizie false e profili social creati ad arte per distorcere la nostra percezione del reale. I moderni “doppelgänger”, come spettri digitali, subdoli e invisibili, sono in grado di insinuarsi nelle democrazie per manipolarle dall’interno. La guerra ibrida non si limita agli attacchi informatici e alle operazioni di cyber-spionaggio, ma appare il frutto di una strategia più ampia e complessa, che ha l’obiettivo di influenzare l’opinione pubblica occidentale e destabilizzare il consenso su specifici assetti geopolitici.
Non a caso, negli ultimi anni, queste operazioni si sono concentrate sulla questione Ucraina, nel tentativo di manipolare le informazioni che hanno come destinatario l’opinione pubblica europea, per alterare il ‘naturale’ tasso di dissenso presente in democrazia e seminare un clima di sfiducia verso la politica estera dei Paesi europei, distorcendo la percezione collettiva che abbiamo sul conflitto e sul ruolo che l’Italia e gli Alleati svolgono al fianco di Kiev. Nel caso dell’Italia, l’obiettivo è chiaro: compromettere l’immagine del nostro Paese come membro della Ue e instillare dubbi sulla necessità di continuare a sostenere l’Ucraina, sia sul piano militare che economico.
La guerra ibrida sui social media
Quante volte ci siamo imbattuti in notizie apparentemente innocue sui social media, senza chiederci se fossero vere o manipolate? E come funziona questa disinformazione? Nelle campagne ibride vengono sviluppati siti web che replicano fedelmente quelli di media, giornali o istituzioni legittime. Gli agitatori al soldo delle potenze ostili mostrano di avere una notevole abilità tecnologica e una profonda conoscenza del panorama mediatico italiano, creando copie sofisticate di testate giornalistiche influenti.
Questi siti e profili social falsi spesso appaiono indistinguibili dagli originali in termini di layout, logo e grafica, riuscendo a confondere gli utenti e a generare un clima di incertezza verso le istituzioni e i media occidentali. Così la disinformazione diventa informazione affidabile. In un mondo dominato dalle “post-verità”, dagli appelli all’emotività basati su credenze diffuse più che su fatti verificati, i manipolatori hanno gioco facile nello sfruttare deliberatamente le ambiguità plausibili della realtà per creare contenuti in cui il confine tra vero e falso non si riesce più a distinguere.
Typesquatting, cybersquatting e altre forme di manipolazione
Attraverso specifiche tecniche come il typesquatting o il cybersquatting, vengono creati domini web quasi identici a quelli delle fonti di informazione ufficiale: è sufficiente una piccola variazione, come un trattino o una lettera diversa nel nome del dominio, per rendere questi siti simili all’originale e quindi ingannevoli. In questo modo, il contenuto manipolato viene posizionato in rete. Subito dopo, i “bot” e i falsi account sui social media si occupano di amplificare e diffondere rapidamente la copertura della “notizia”, o come diciamo in Italia, della “patacca”.
Gli account social automatizzati permettono di raggiungere un pubblico molto vasto, rendendo in certi i casi i contenuti virali e aumentandone la visibilità. Uno degli aspetti più sofisticati e pericolosi di queste operazioni è la loro coerenza narrativa: la disinformazione viene costruita per adattarsi ai contesti politici e culturali dei singoli Paesi europei. In Italia, ad esempio, per fomentare l’opposizione all’invio di armi all’Ucraina sono stati enfatizzati temi particolarmente sensibili per l’opinione pubblica, come l’aumento del costo della vita o della bolletta energetica. Sfruttando queste preoccupazioni, si riesce a far passare l’idea che in Italia il governo stia sacrificando gli interessi nazionali per aiutare Kiev.
Nella guerra ibrida si tende a isolare i governi dalla popolazione, erodendo la fiducia verso le decisioni politiche e inasprendo la frammentazione e la polarizzazione sociale. Purtroppo, dobbiamo tener presente che questi fenomeni avranno effetti negativi di lungo termine sulla coesione sociale e la fiducia verso la politica, incidendo sulla crisi della rappresentanza che investe da tempo le democrazie occidentali.
La battaglia contro i doppelganger è appena cominciata
Nonostante le misure preventive prese dalla UE, la battaglia contro i “doppelganger” sembra ancora lontana dall’essere vinta. La natura decentralizzata di queste operazioni rende molto difficile eliminarne completamente la minaccia, poiché è arduo risalire alla fonte delle manipolazioni. Ci troviamo di fronte a un nemico che si insinua nei nostri spazi di comunicazione e utilizza le nostre stesse tecnologie per destabilizzarci. Riuscire a influenzare le politiche interne di un Paese significa intaccarne l’autonomia decisionale rendendolo più vulnerabile a pressioni e manipolazioni esterne.
Se la Guerra Fredda ha introdotto la propaganda come arma strategica, l’era digitale l’ha resa ancora più efficace e pericolosa. Le campagne di disinformazione in epoca moderna non sono una novità, hanno radici nella propaganda e nella guerra psicologica combattuta nella seconda metà del secolo scorso, quando Stati Uniti e Unione Sovietica si contendevano il consenso globale non solo con le armi e la forza militare, ma anche con strumenti di manipolazione mediatica e culturale.
Vecchia e nuova disinformazione
L’Unione Sovietica per lungo tempo ha finanziato organizzazioni culturali, pubblicato riviste e diffuso falsi dossier per influenzare l’opinione pubblica occidentale e far traballare il sostegno all’atlantismo di Paesi come l’Italia. Nel corso della storia, la disinformazione è sempre stata usata per creare divisioni e generare disorientamento, sia tra gli alleati che all’interno delle società nemiche. La novità di oggi è che i regimi autoritari riescono a fare disinformazione in un modo più rapido e difficile da contrastare rispetto al passato: negli anni ‘70 e ‘80, distribuire un messaggio falso sulla carta stampata o nel sistema radiotelevisivo richiedeva tempo e risorse; oggi con un solo clic e il “boost” garantito dall’advertising è possibile raggiungere in poco tempo milioni di persone, targettizzandole.
Gli attacchi ibridi sono un tipo di guerra “permanente” nella quale le tradizionali battaglie di opinione si trasformano in un conflitto perenne e ubiquo. L’obiettivo ultimo resta quello della destabilizzazione, poiché un sistema in crisi è più vulnerabile alle influenze esterne, e la storia novecentesca dimostra come la perdita di fiducia nelle istituzioni può facilitare derive autoritarie e rendere le democrazie più esposte a manipolazioni esterne.
La reazione dell’Unione Europea
L’Unione Europea non è rimasta immobile davanti a queste minacce e ha imposto sanzioni contro individui ed entità coinvolti nelle campagne di disinformazione, identificando gruppi specifici che hanno contribuito alla creazione di siti e account falsi per impersonare media e istituzioni governative. Le sanzioni, però, da sole non bastano. Nella guerra ibrida è il concetto stesso di sicurezza nazionale ad ampliarsi: non si tratta più soltanto di difendere i confini fisici o di proteggersi da atti di aggressione militare, perché la sicurezza ora include una serie di domini interconnessi – diplomazia, informazione, militare, economia, finanza, intelligence e ordine pubblico – che non agiscono in compartimenti stagni, ma rappresentano un sistema dove ogni elemento può essere vulnerabile a nuove forme di minaccia.
I manipolatori sfruttano la complessità e l’interconnessione dei nostri sistemi democratici per penetrare nella società e inquinarla. È una guerra asimmetrica, graduale e di lunga durata, che richiede un investimento minimo da parte di chi la dichiara ma può infliggere danni gravi a chi la subisce. L’avvento della Intelligenza artificiale generativa (AI) è destinato ad aumentare l’efficacia delle operazioni ibride. La “Gen AI” può produrre rapidamente articoli verosimili e adattarli a contesti nazionali specifici.
Attraverso tecniche di offuscamento e reindirizzamento combinate con l’AI, le campagne ibride possono eludere i filtri di rilevamento automatico dei contenuti ‘sensibili’ e dilagare in rete. Gli account sui social media programmati con AI sono in grado di interagire in modo coordinato per simulare l’adesione a contenuti falsi, aumentando la credibilità apparente e la diffusione di tali notizie.
I rischi per l’Italia
Per l’Italia, i rischi sono specifici e reali. La nostra posizione geografica e il contesto di crisi tra Europa orientale e Mediterraneo ci espone a una serie di pressioni mediatiche e comunicative, come la questione migratoria, il rischio terrorismo e la penetrazione economica strategica da parte di grandi potenze straniere. Le minacce ibride arrivano da attori statali che non rispondono ai nostri criteri di trasparenza ed accountability, e le pressioni vengono esercitate anche attraverso canali non ufficiali, usando strutture opache che permettono di manipolare i processi decisionali e influenzare la politica interna.
Per questo l’Italia sta investendo e dovrà continuare a farlo in adeguate strutture di difesa e di risposta. Cosa si può fare per contrastare efficacemente queste operazioni di guerra ibrida? In primo luogo dobbiamo rafforzare la cooperazione con le agenzie di sicurezza dei nostri partner europei e della NATO: rilevare tempestivamente gli attacchi e contrastare le campagne di disinformazione richiede un impegno congiunto e la condivisione delle informazioni su domini falsi, account sospetti e contenuti manipolati, per prevenire la disinformazione e limitarne l’impatto prima che si propaghi su larga scala.
Comprendere la disinformazione tra web, social e IA
Un secondo passo fondamentale è investire nella educazione e nella sensibilizzazione dei cittadini. In un’epoca in cui i social media sono diventati una fonte primaria di informazione, è essenziale che le persone comprendano come opera la disinformazione, quali sono i suoi obiettivi e i metodi che utilizza. Questa consapevolezza rappresenta una forma di difesa sociale. In terzo luogo, serve un potenziamento delle agenzie di cybersicurezza nazionali per proteggere le infrastrutture digitali da attacchi che mirano a manipolare le informazioni pubblicate dai media e dalle istituzioni pubbliche. Gli strumenti di protezione devono assicurare che i contenuti legittimi siano protetti da falsificazioni e imitazioni, e che le nostre piattaforme digitali non divengano veicoli di manipolazione.
Dal punto di vista legislativo, è necessario promuovere leggi che mettano dei limiti chiari e puniscano chi organizza operazioni di disinformazione, inasprendo le sanzioni contro gli Stati che sostengono le campagne di manipolazione. Una recente proposta prevede la creazione di un Consiglio per la Sicurezza Nazionale: questo organismo, già presente in altri Paesi europei, potrebbe facilitare una risposta più coordinata e integrata alle minacce ibride. Operando come ente di raccordo tra le diverse agenzie governative, il CNS potrebbe garantire una risposta rapida e coerente con una visione complessiva delle minacce che affrontiamo.
Terrore e liberalismo nel Ventunesimo secolo
Come nel doppelgänger letterario, che incarna profondi conflitti interiori, identità spezzate e la minaccia inquietante di un “altro” dentro di noi, anche le tecniche di guerra ibrida utilizzano dinamiche che generano confusione e indeboliscono la fiducia della opinione pubblica verso i sistemi democratici, creando mondi paralleli che sfidano la percezione collettiva che abbiamo della realtà e della stabilità sociale e politica, un effetto non molto dissimile da quello rappresentato nei testi letterari e psicoanalitici esaminati da Otto Rank.
La teoria psicoanalitica del doppio può aiutarci a interpretare la natura di queste minacce: i manipolatori non si limitano ad attaccare il nemico dall’esterno, ma insinuano un “altro”, inquietante e apparentemente familiare, all’interno della nostra società, creando divisioni ed esasperando il conflitto latente delle nazioni occidentali. In conclusione, il doppelganger oggi incarna simbolicamente il rapporto tra democrazie, autocrazie e nuovi totalitarismi: nelle campagne di disinformazione orchestrate dalle entità statuali illiberali si intravede l’immagine speculare e distorta della nostra società democratica.
Quei regimi, privi delle libertà e dei meccanismi di trasparenza propri delle democrazie, sfruttano il “doppio digitale” – i siti clonati, gli account social falsi, le notizie manipolate – per costruire una realtà parallela, un’immagine corrotta delle nostre istituzioni. Il doppelganger cerca di instillare dubbi sulla tenuta della democrazia, insinuando che non sia più un sistema in grado di proteggere i suoi cittadini. In questo scontro tra la realtà e le sue ombre, il doppio diventa la rappresentazione di una lotta esistenziale.
Il doppelganger come specchio della crisi democratica
Da un lato, le democrazie con la loro trasparenza, la libertà di informazione e la partecipazione pubblica; dall’altro, i regimi autoritari che si servono dei cloni per indebolirci e manipolarci. È una sfida che va oltre la legge o la tecnologia, coinvolgendo i valori fondanti della nostra società. In questo gioco di specchi tra democrazia e autoritarismo dobbiamo fortificare le nostre prime linee di difesa intorno alla fiducia verso le leadership e le istituzioni democratiche, la cooperazione internazionale, le più avanzate tecnologie di rilevamento degli attacchi digitali e l’integrità del nostro sistema informativo. Se vogliamo superare le insidie dei doppelgänger digitali, dobbiamo essere pronti ad affrontare le nostre stesse ombre.
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