Salute negata al piccolo bimbo autistico, nonostante una sentenza: il disperato appello del papà

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Oristano

Il caso finito nelle aule giudiziarie, resta ancora irrisolto

Una battaglia lunga 10 anni, una sentenza dei giudici della Corte d’Appello di Cagliari e oltre due anni di solleciti e diffide per farla applicare non sono serviti a niente: l’Asl di Oristano continua a negare a un bambino di undici anni,  residente a Oristano e affetto da disturbo dello spettro autistico, le terapie  di cui ha bisogno e anche diritto, secondo quanto sancito dai giudici. 

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E’ un vero e proprio muro di gomma, quello con cui hanno a che fare i genitori del piccolo insieme ai loro legali, che chiedono il riconoscimento delle loro ragioni, ma ottengono in cambio solo tanta insensibilità. 

Tutto è iniziato dieci anni fa, quando per il piccolo paziente, all’epoca di quasi due  anni,  arriva la diagnosi di disturbo dello spettro autistico e la prescrizione, da parte dello specialista che lo ha in cura, di terapie specifiche, in grado di consentire al bimbo un adeguato sviluppo. La Asl di Oristano dopo ben sei  mesi dalla richiesta della famiglia, comunica di non poter provvedere direttamente ai trattamenti prescritti, che invece è in grado di assicurare una struttura privata. E’ quindi una cooperativa a prendere in carico il piccolo e a praticare le terapie previste dal metodo ABA, (dall’inglese: Analisi Comportamentale Applicata)  raccomandato dalle linee guida  dell’Istituto Superiore di Sanità. 

Trattamenti resi a titolo oneroso, di cui si fa completamente carico la famiglia, costretta però a chiedere una sensibile riduzione del numero delle sedute di cui il bambino ha bisogno, per poterne sostenere il costo.  Quando finalmente gli uffici della Asl rispondono alle loro richieste, propongono una terapia diversa da quella seguita fino ad allora, che la stessa Asl non può assicurare direttamente perché non ha gli operatori necessari a praticare quel particolare trattamento. I genitori, considerati i tempi e i modi proposti dalla Asl e anche i risultati ottenuti fino ad allora, continuano a rispettare le prescrizioni dello specialista che ha in cura il bimbo, il dottor Francesco Piras, direttore del centro di neuropsichiatria dell’ospedale Brotzu di Cagliari, e così continuano a farlo seguire dal centro privato. Ma il costo delle sedute, di cui la Asl continua a rifiutare il rimborso, diventa davvero insostenibile per la famiglia del piccolo, dove lavora solo il padre e dove ci sono altri due bimbi a cui pensare. 

Da qui l’avvio, 4 anni fa, di una causa all’Ats, nel frattempo subentrata alla Asl in queste competenze. Causa che in primo grado viene vinta dall’Ats. In sede di appello, i giudici danno però ragione ai genitori del bambino, a cui , con una sentenza di oltre 2 anni fa, viene riconosciuto il diritto di far seguire al piccolo la terapia del metodo ABA, anche con riferimento ai cambiamenti che avrebbe comportato una diversa scelta. La sentenza ha condannato anche l’ATS al rimborso delle terapie già effettuate fino ad allora : 28.602 euro, oltre a 8000 euro di spese legali. La stessa sentenza, inoltre, impone al servizio sanitario regionale di assicurare anche i trattamenti futuri, direttamente o attraverso il rimborso delle spese. 

Dall’ufficio che liquida le pendenze dell’Ats, nel frattempo soppressa, arriva una parte del rimborso dovuto alla famiglia, non prima di numerosi solleciti trasmessi dagli avvocati che la rappresenta. Ma è quando le competenze dell’ATS confluiscono nell’Ares, e poi nell’Asl, che la macchina si inceppa, con estenuanti rimpalli di responsabilità fra gli uffici e dubbi sul soggetto chiamato a eseguire quanto previsto dalla sentenza.  E soprattutto nessun pronunciamento formale arriva da parte degli uffici della Asl, sui motivi che impediscono l’osservanza della sentenza stessa, le cui prescrizioni non lasciano alcun dubbio: il bimbo ha diritto “di ricevere l’erogazione diretta o indiretta, a carico del Servizio Sanitario Regionale, del trattamento riabilitativo Aba, nella misura minima di 20 ore settimanali”. Nè dirigenti e funzionari sembrano preoccupati di garantire, oltre che il rimborso delle spese sostenute finora, la presa in carico anche per il futuro dell’assistenza sanitaria del piccolo paziente. 

Incertezze e silenzi che, nonostante i numerosi solleciti e diffide, ancora perdurano, e così ai genitori del piccolo nessun rimborso né comunicazione formale è ancora arrivata dalla Asl che, dopo la riorganizzazione delle competenze dell’Ares, sembrerebbe il soggetto che deve disporre i rimborsi.

“Non abbiamo parole per questo comportamento dell’Asl e  dei suoi dirigenti che, pur in presenza di una sentenza, da anni ormai non forniscono neanche una risposta ai nostri solleciti – afferma il padre del bimbo –  Non si rendono conto che in questo modo costringono il nostro piccolo a rinunciare alle terapie comportamentali di cui ha bisogno?”.

Al bambino, infatti, a causa dei costi elevati, sono assicurate al momento solo sei ore di trattamento riabilitativo alla settimana e non venti, come invece prescritto dal medico e stabilito anche dai giudici. Senza contare che quanto richiesto per le sue terapie,  oltre mille euro mensili, potrebbe essere impiegato dalla famiglia in altre attività, utili al piccolo ma anche ai suoi fratellini. A cui va riconosciuto il diritto di essere aiutati ad affrontare una crescita più serena possibile. 

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Lunedì, 6 gennaio 2024

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