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Le elezioni europee del giugno 2024 hanno assistito per la quinta volta consecutiva la conferma di Fidesz come partito predominante all’interno della nazione ungherese. Da più di vent’anni le politiche estere di Orbán vengono appoggiate dal popolo, e nonostante siano in controtendenza rispetto a buona parte dei paesi membri dell’Unione Europea, riscuotono successo di fronte ad un avversario politico sempre più forte, Péter Magyar.
Il partito Fidesz guidato da Viktor Orbán, con l’aiuto di KDNP di Zsolt Semjén, ha ottenuto il 44.82% dei voti alle elezioni europee del 9 giugno 2024: nonostante sia una vittoria, è allo stesso tempo il peggior risultato del partito dalle elezioni legislative del 2009, nelle quali fece la sua grande ascesa con il 56.36% dei voti.
Tale vittoria è accompagnata da un’affluenza record in Ungheria, il 59.46% degli aventi diritto di voto ribalta tutte le precedenti elezioni europee, che invece nel 2014 hanno toccato il punto più basso, con solo il 28.97% degli elettori alle urne.
Assieme a questo risultato, dal 1° luglio 2024 l’Ungheria detiene la presidenza del Consiglio europeo fino al 31 dicembre 2024, promuovendo le politiche più attuali, tra cui il potenziamento e il rafforzamento della competitività dell’Unione Europea, il contenimento della migrazione illegale, la promozione della politica agricola, e la sfida demografica.
Sarà proprio l’Ungheria, a seguito della già avvenuta presidenza di Belgio e Spagna, a chiudere il trio di presidenze a rotazione, dopodiché sarà il turno di Polonia, Danimarca e Cipro.
L’arrivo di Unione Civica Ungherese (Fidesz) e KDNP alle elezioni europee
Dal 2009, il KDNP si presenta in liste comuni con Fidesz, riuscendo a costituire la maggioranza all’interno del paese, sia alle elezioni parlamentari che a quelle europee. Le visioni dei due partiti sono il fattore determinante della loro alleanza: entrambi di destra, sono partiti conservatori, nazionalisti, cristiano democratici e anticomunisti. Ma assieme a ciò, vi è volontà di favorire l’intervento dello Stato nelle questioni economiche, con la supervisione da parte del Parlamento della Banca Centrale Ungherese, e di libertà individuali, con la riduzione dell’indipendenza della magistratura, seguita dalla restrizione delle libertà dei mass media e della stampa.
La vittoria alle elezioni europee del giugno 2024 è dovuta ad un’impegnativa campagna di Fidesz, che grazie all’aiuto dei contribuenti dal settore privato, è riuscita ad avere un’immagine più forte rispetto a quella dei suoi oppositori. Un aiuto però proviene anche dalla Corte suprema ungherese, che dopo esser stata centralizzata nel giudizio di tutti i casi elettorali, può annullare le decisioni del Comitato nazionale elettorale.
Tuttavia, Fidesz ha affrontato qualche problema interno sulla strada per le elezioni. Tra questi, le dimissioni forzate dell’ex-capa di Stato, Katalin Novák, il 26 febbraio 2024: dopo due anni di presidenza, lo scandalo sulla concessione della grazia al vicedirettore di un orfanotrofio statale, accusato di essere complice di abusi sessuali su minori, ha fatto vacillare l’establishment di Orbán. La crisi istituzionale è stata ristabilita però dalla successiva elezione presidenziale, il 5 marzo, di Tamás Sulyok, giudice della Corte costituzionale dell’Ungheria dal 2014, divenuto presidente di questa due anni più tardi.
Ulteriore motivo di imbarazzo, più recente, sono state le dimissioni da tutte le cariche pubbliche dell’eurodeputato di Fidesz, Balázs Győrffy, il 23 agosto: le cause risalgono ad una violenta discussione con una donna, nella quale Győrffy era sotto effetto dell’alcol. Tale comportamento è stato ritenuto inaccettabile e ingiustificabile da Fidesz, che ha ribadito i suoi valori e le sue regole, consigliando fortemente all’ex-europarlamentare di dare le dimissioni, avvenute il giorno successivo all’accaduto.
Di queste debolezze ne hanno approfittato gli oppositori di Orbán, tra cui il partito TISZA di Magyar.
La sorpresa di nome Péter Magyar
Il 15 marzo 2024 è stato il giorno in cui Péter Magyar ha iniziato la scalata politica per affermarsi, alla guida del partito TISZA, come primo oppositore di Orbán, arrivando al sorprendente risultato delle elezioni europee di giugno 2024.
Il popolare slancio di Magyar però è in parte dovuto allo sconvolgimento che ha portato alle dimissioni di Katalin Novák: in particolare all’ex moglie Judit Varga, la quale si è trovata coinvolta nello scandalo per aver presentato le proposte di grazia all’ex presidente, comportando di conseguenza le sue dimissioni dalla posizione di ministra della Giustizia.
Ciò è stato quindi l’evento determinante all’impegno di Magyar contro il governo Orbán, e per farlo al meglio c’è stato bisogno di creare un partito capace di affermarsi all’interno del paese, soprattutto in vista delle imminenti elezioni europee.
Il Partito del Rispetto e della Libertà (TISZA) è stato fondato nel 2021 per partecipare alle elezioni parlamentari ungheresi del 2022, rifiutando fondi statali e basandosi solamente su donazioni e sulla ricchezza dei suoi membri, non riuscendo però a candidarsi come pianificato. Nonostante TISZA sia all’opposizione, è un partito di centro-destra, che condivide con Fidesz i valori cristiano-democratici e il conservatorismo.
Ma la svolta è arrivata con Magyar, ex membro di Fidesz, il quale ha rilanciato il partito partendo proprio dallo scandalo di febbraio, promuovendo la lotta contro lo “stato mafioso”, accusando il governo di corruzione e di essere responsabile di campagne di disinformazione attraverso lo stretto controllo dei media. L’obiettivo più importante però, secondo il leader di TISZA, sarebbe quello di cambiare la rotta euroscettica dell’Ungheria.
Péter Magyar si presenta alle elezioni di giugno con un partito più sostenuto dal popolo, e raggiunge un risultato notevole dopo anni di predominio assoluto di Fidesz: il 29.60% degli elettori ungheresi ha votato TISZA, confermandosi così come la forza politica in grado di indebolire il partito di Orbán. A quasi 4 anni dalla sua nascita, TISZA è entrata per la prima volta al Parlamento europeo, aderendo al gruppo Partito popolare europeo (PPE) di Manfred Weber, e ottenendo ben 7 seggi, uno dei quali accettato dallo stesso Magyar.
Sebbene questo risultato rappresenti una vittoria per gli oppositori del primo ministro ungherese e del suo partito, sia all’interno che all’esterno del paese, sono sorti alcuni dubbi sul leader di TISZA, soprattutto riguardo la sua fiducia nei confronti dell’Unione Europea. Tra questi, in particolare, uno scetticismo sulle politiche federaliste e il disaccordo sull’invio di armi all’Ucraina: Magyar riconosce il ruolo dell’Unione, del suo ruolo di aiutante nel raggiungimento degli scopi di ogni stato, ma teme che alcune materie, come le politiche migratorie e quelle economiche, possano portare ad un’erosione dello stato stesso, e per evitare ciò l’Unione dovrebbe fare dei passi indietro.
Sono dichiarazioni che avranno una risonanza all’interno del gruppo PPE, che nel frattempo attende l’arrivo alla Casa Bianca, il 20 gennaio 2025, dell’ex presidente statunitense Donald Trump per il suo secondo mandato.
L’attesa di Donald Trump
Nel mese di dicembre 2024, quasi alla fine del mandato, la presidenza ungherese al Consiglio europeo conduce le ultime riunioni per raggiungere gli obiettivi presentati a giugno da Bálint Ódor, ambasciatore e rappresentante permanente presso l’UE ed ex vice Segretario di Stato per gli Affari Europei presso il Ministero degli Affari Esteri dell’Ungheria.
Proprio in questo finale, l’Ungheria ha mantenuto la parola data riguardo l’allargamento dello spazio Schengen: il 12 dicembre è stato superato il veto dell’Austria, portando così alla conclusione dell’accordo di Budapest, permettendo a Romania e Bulgaria di entrare nell’area. È stato il termine di un percorso iniziato nel 2011, che nonostante non preveda un’abolizione totale dei controlli sui passaporti alle frontiere terrestri al fine di contenere i flussi migratori illegali, è un ulteriore passo per l’Unione Europea, che deve riconoscere all’Ungheria il suo ruolo da mediatore.
Tornando a inizio mandato, è degno di nota lo slogan con il quale l’Ungheria ha iniziato il suo semestre di presidenza al Consiglio europeo il 1° luglio 2024: “Make Europe Great Again” conferma la stretta vicinanza a Donald Trump e al suo slogan “Make America Great Again”, usato per le elezioni presidenziali del 5 novembre 2024. Dopo l’esito di queste, segnate dalla memorabile vittoria di Trump, Viktor Orbán potrà nuovamente contare su un vecchio alleato che non ha mai abbandonato: un’amicizia ribadita più volte nei vari incontri ufficiali e non, ma anche in momenti di tensione, come la vicinanza del primo ministro ungherese a Trump dopo i due tentati omicidi nei confronti di quest’ultimo. Il più celebre è quello del 13 luglio 2024, quando l’ex presidente, durante un comizio del Partito Repubblicano in Pennsylvania, è miracolosamente sopravvissuto a un colpo di cecchino, rimanendo ferito all’orecchio destro.
Le prospettive della politica estera ungherese sono quindi legate dal comune approccio dei due leader sulle politiche migratorie, sullo stop di aiuti militari all’Ucraina per arrivare ad una temporanea cessazione delle ostilità e su una più stretta collaborazione tra i vari paesi NATO, basata però su un maggior contributo finanziario dei paesi europei.
Viktor Orbán nel conflitto tra Ucraina e Federazione russa
La vicinanza di Orbán a Vladimir Putin è motivo di preoccupazione per buona parte dei leader del continente europeo, in particolare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che continua a criticare i legami particolarmente stretti del primo ministro ungherese con il presidente russo, anche dopo l’inizio dell’invasione russa in Ucraina nel febbraio 2022.
La recente telefonata tra Orbán e Putin, nella quale il primo ministro ungherese avrebbe proposto un «cessate il fuoco di Natale» e uno scambio di prigionieri, evidenzia molto bene il rapporto tra i due leader. Il presidente ucraino ha criticato quest’azione, affermando che il destino dell’Ucraina dipenda anche dagli Stati Uniti, dell’Unione Europea e da tutti coloro che sostengono gli obiettivi e i principi della Carta delle Nazioni Unite.
Dal punto di vista militare, la situazione non è migliorata, soprattutto dopo che Putin ha autorizzato e confermato il lancio di un missile balistico ipersonico a medio raggio senza carica nucleare alla fine di novembre in Ucraina. In questo contesto, Orbán continua da un lato a rifiutare l’invio di armi a Kyiv, mentre dall’altro prosegue per vie diplomatiche affinché si possano iniziare i colloqui di pace: a proposito di questi, ha fatto scalpore la visita personale del primo ministro ungherese a Mosca nel luglio 2024, senza mandato negoziale dall’Unione Europea o dall’Ucraina. Motivo di tale approccio è per motivi anche interni all’Ungheria, anzitutto la preoccupazione per la vicinanza del conflitto alla regione della Transcarpazia. E a ciò si aggiunge anche la grave diminuzione dei flussi commerciali Est-Ovest ha comportato una scesa del 0.9% del PIL nel 2023. Di conseguenza, l’Ungheria è alla ricerca di partner commerciali, come la Repubblica Popolare Cinese, che possano aiutare la sua economia dopo più di due anni di conflitto. Tale direzione continua la c.d. “Apertura ad Oriente”, una politica di diversificazione economica-commerciale avviata nel 2012 per avvicinare Budapest ai c.d. “Paesi emergenti” asiatici, convergenza che si è allargata nel tempo anche ad altre materie.
Di fronte ad altri leader europei come il presidente Macron e il cancelliere tedesco Scholz, impegnati ad affrontare i rispettivi problemi statali interni, l’Ungheria si pone come mediatore centrale tra Unione Europea, Stati Uniti e Federazione russa, in vista soprattutto del 2025.
L’Ungheria di fronte alle sfide più recenti
Di degna nota è stata la tappa finale, nel mese di maggio, del presidente cinese Xi Jinping in Ungheria, dopo Francia e Serbia. Xi Jinping e Viktor Orbán hanno firmato il “All-Weather Comprehensive Strategic Partnership of a New Era”, un accordo che, oltre alla cooperazione economica, afferma il sostegno reciproco di fronte alla salvaguardia della sovranità. Quest’ultima parte corrisponde quindi all’esplicito riconoscimento dell’Ungheria della “One China Policy” in favore della Repubblica Popolare Cinese, rifiutando l’idea del riconoscimento dell’isola di Taiwan, una presa di posizione scomoda per gli alleati europei in caso di uno scenario bellico in quell’area.
Alcuni progetti tra i due paesi sono già noti da tempo, essendo l’Ungheria l’unico paese dell’Unione Europea a partecipare agli investimenti della Via della Seta. Si basano essenzialmente sull’installazione di impianti cinesi per la produzione di batterie elettriche e lo sviluppo di infrastrutture, tra queste vi è la probabile costruzione di una ferrovia, non ancora confermata ufficialmente. È però certa l’apertura da parte della casa automobilistica cinese BYD di uno stabilimento di produzione di veicoli elettrici nel sud dell’Ungheria, che corrisponderebbe al suo primo stabilimento in Europa, forse il primo di molti altri in futuro.
Quasi alla fine del 2024, lo scacchiere mondiale ha portato Orbán ad un significativo dialogo con il presidente turco Erdogan, con il quale ad Ankara si è discusso dell’Ucraina, ma soprattutto della situazione in Siria. Erdogan, entusiasta della caduta del regime di Bashar al-Assad nella domenica del 4 dicembre 2024, ha affermato che è necessario cooperare con l’Unione Europea per la ricostruzione della Siria, ponendosi come mediatore per la stabilizzazione del Medio Oriente e il dialogo con il leader ribelle siriano Mohammed al-Jolani. In questa delicata fase di transizione, l’Ungheria potrebbe essere il miglior attore per avvicinare ulteriormente la Turchia all’Unione Europea, aiutando quindi quel processo di integrazione europea, che vede i negoziati nel caso turco in fase di stallo dal 2018.
Al momento una delle maggiori preoccupazioni di politica estera dell’Ungheria riguarda invece la Slovacchia: le relazioni tra Budapest e Bratislava potrebbero compromettersi se dovesse passare un disegno di legge che prevede il divieto di usare le lingue minoritarie in pubblico. Simile ad un emendamento adottato nel 2009, la Slovacchia complicherebbe così la vita alla minoranza ungherese, la più numerosa del paese, che rappresenta l’8.5% su un totale di circa 5,4 milioni di abitanti. Nonostante il premier Fico abbia posizioni complementari a quelle di Orbán sulla questione ucraina e la migrazione illegale, l’approvazione di tale disegno comprometterebbe i rapporti tra i due paesi, un problema già verificato per lo stesso motivo con l’Ucraina, dopo che questa ha introdotto delle leggi per incentivare l’uso della lingua ucraina nei contesti pubblici.
L’Ungheria conclude quindi il 2024 con una maggior presenza all’interno dell’Unione Europea, dopo aver iniziato e mantenuto un ruolo da mediatore di fronte alle varie sfide che il continente europeo sta affrontando. L’obiettivo della presidenza Orbán per l’altra metà del mandato sarà di preservare il suo ruolo tra le grandi potenze mondiali, consolidare la stabilità del gruppo Patrioti per l’Europa all’interno del Parlamento europeo, e riconquistare la fiducia degli elettori ungheresi persa a favore di Péter Magyar alla testa di Tisza, portando allo stesso tempo però innovazione all’interno del paese, affinché possa continuare la lunga scia di anni al potere come primo ministro dell’Ungheria.
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