Starlink, perché per la banda larga in Italia dobbiamo affidarci a Musk (e quali sono i due grandi rischi)

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Redazione Economia

Dai sistemi di cifratura in mano a Starlink al rischio spegnimento. La rete via satellite al momento è più lenta della fibra, ma la tecnologia sta evolvendo senza bisogno di antenne. Il ritardo sulle aree grigie

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Le sorti della banda larga in Italia si incrociano a più riprese con quelle di Starlink, la compagnia di Elon Musk che fornisce connettività a banda larga via satellite. Da una parte, l’esecutivo italiano sarebbe in trattative avanzate per affidargli i sistemi di crittografia per le comunicazioni governative attraverso la rete satellitare. Una circostanza, per ora, smentita da fonti del governo, ma sulla quale si è molto speculato (con tanto di controvalore del contratto, fissato a 1,5 miliardi di euro). Dall’altra, Starlink potrebbe intervenire in soccorso del governo anche per gli aspetti realtivi al «digital gap» patito da molte regione rurali e montane del Paese, dove la banda larga resta un miraggio malgrado i progetti e le aspirazioni (e i finanziamenti europei messi a disposizione dal Pnrr). Se ne è parlato anche a proposito di un primo bando lanciato dalla Lombardia per l’Internet satellitare, che dovrebbe arrivare nei prossimi giorni. Inutile sottolineare come Starlink appaia la grande favorita per questo tipo di bandi.  
Ma cos’é Starlink? Che tencologia offre? E’ competitiva con la connettività a banda larga garantita dalla fibra ottica? E soprattutto quali sono i rischi collegati all’affidamento di questo tipo di servizi a una compagnia privata super tecnologica e agli umori, mai così volubili, del suo fondatore Elon Musk? Proviamo a dare qualche risposta nelle prossime righe.

Il grave ritardo dell’Italia nella banda larga

Innanzi tutto, il quadro della situazione italiana non è felice. Il grande ritardo della banda larga in Italia, segnalato anche dalla Corte dei Conti e particolarmente grave per le aree meno urbanizzate, costringe il governo ad affidarsi alla nuova tecnologia satellitare per spendere i fondi europei agganciati al Pnrr, il cui orizzonte è il 2026. 
La magistratura contabile ha rimarcato come sia in «sensibile il ritardo registrato nella realizzazione delle infrastrutture digitali» per la connettività di circa 8,4 milioni di abitazioni in Italia. Sono quelle con maggiore criticità definite «a fallimento di mercato» per l’assenza di investimenti privati. I magistrati contabili rilevano «una dilatazione dei tempi medi delle fasi procedurali e uno spostamento in avanti della concreta attuazione rispetto alle scadenze originarie». A fine 2023 – ha scritto la Corte – risultavano coperte in Ftth (fibra fino a casa) circa 3,4 milioni di abitazioni (solo il 54% del target finale) e 18.616 sedi Pa e aree industriali (il 62%), oltre a 437.000 unità immobiliari in fase di collaudo (7%) e più di 2,2 milioni in fase di lavorazione (36%). Numeri ancora scadenti.





















































La tecnologia satellitare

Ecco perché la tecnologia satellitare sta diventando uno strumento strategico cruciale. Dalla navigazione alla connessione internet, i principali programmi satellitari, sia europei che internazionali, si propongono di garantire sicurezza, sovranità e innovazione. Tra questi i protagonisti principali sono – oltre a Starlink di SpaceX, candidato a ricevere 1,5 miliardi dal governo italiano anche se fioccano le smentite – tre ambiziosi progetti europei: Iris², Copernicus e Galileo. La legge italiana già apre a Starlink la possibilità di entrare nei bandi Pnrr per portare la connessione ultraveloce nelle aree rurali del Paese. In quelle «grigie», a parziale fallimento di mercato, l’ex Tim Fibercop (venduta al colosso Usa Kkr) e Open Fiber (controllata dalla pubblica Cdp) gestiscono 1,8 miliardi di fondi Ue, ma finora hanno collegato solo un terzo degli edifici previsti.

L’infrastruttura nazionale

È chiaro che un’infrastruttura nazionale o europea darebbe maggiori garanzie. Ma la realtà è che la manciata di satelliti per comunicazioni militari che l’Italia ha messo in orbita geo-stazionaria è molto più costosa – 300 milioni di euro l’uno – e superata dalla tecnologia di orbita bassa della SpaceX di Elon Musk. Per questo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni potrebbe presentare l’accordo con Musk come una soluzione ponte in attesa della costellazione europea (a cui partecipa un’azienda italiana come Telespazio).  Ma vediamo nel dettaglio lo stato dell’arte.

La prima sperimentazione in Lombardia

A dicembre è partita una prima sperimentazione in Lombardia per testare il sistema di connessione satellitare, che è già commercializzato in Italia con 40 mila clienti. Non è un caso che a giugno scorso in SpaceX abbiano festeggiato proprio la legge sullo spazio, perché oggi in bassa orbita sono gli unici a fornire quel servizio sia in ambiti civili (Starlink) sia militari (Starshield). Musk è partito prima, ha investito di più, ha già in orbita 7 mila satelliti e nel 2025 progetta di lanciarne altri 180. Ma c’è una grande incognita che riguarda il livello di sicurezza che Starlink assicurerebbe, partendo dai dati che i suoi satelliti trasporterebbero. La società sarebbe pronta a garantire al governo l’utilizzo di sistemi di cifratura propri, oltre alla gestione delle antenne terrestri necessarie a ricevere il segnale. Ma sono sempre possibili «porte sul retro», il servizio sarebbe pur sempre sotto il controllo di un privato, che in teoria potrebbe spegnerlo a suo piacimento.

Il ritardo europeo

La Commissione Ue ha siglato il mese scorso un contratto di concessione da dodici anni e un budget da 10,6 miliardi di con il consorzio SpaceRise per la realizzazione di Iris². Il sistema, che prevede una rete da 290 satelliti multi-orbitali, fornirà servizi di connettività sicura anche in caso di interruzione delle reti di comunicazioni terrestri causate da guerre, attacchi informatici o eventi climatici estremi, garantendo la copertura in zone remote e prive di connettività. Il problema è che al momento è ancora tutto sulla carta. I ritardi hanno già fatto slittare la consegna dal 2027 al 2030, con dubbi crescenti sulla sostenibilità del progetto. Anche perché l’Europa ha un grande divario sui lanciatori, al punto che quelli del sistema Ue Galileo ad aprile scorso li ha mandati in orbita SpaceX (il francese Ariane 6, costoso, è solo all’inizio).

Le tecnologie complementari

Il sottosegretario all’innovazione Alessio Butti ha sottolineato di recente però l’importanza della tecnologia satellitare e dei cavi sottomarini per la connettività futura. «Sul fronte satelliti – ha detto Butti – abbiamo attivato un progetto pilota in Lombardia per una sperimentazione che ha lo scopo di valutare se la tecnologia satellitare può integrarsi a Ftth e Fwa e abbattere il digital divide». Sul piatto ci sono 6,5 milioni di euro. Il progetto si divide in tre fasi. «La prima fase – ha spiegato – riguarderà la scelta delle tecnologie potenzialmente complementari a fibra e onde radio; la seconda la valutazione delle performance e la terza l’analisi delle potenzialità applicative, in collaborazione con università e centri di ricerca».

La neutralità e la spinta alla banda ultraveloce

Si è capito che per portare la banda ultraveloce a tutte le famiglie italiane bisogna far di necessità virtù senza ancorarsi al dogma della fibra fino a casa che presenta oggettivi problemi di implementazione e rischia di farci slittare ulteriormente rispetto all’ambizione del governo ancorata agli investimenti contenuti nel Recovery plan: cioè il 2026. Per spendere efficacemente le risorse europee destinate alla rete Internet ultraveloce — ora che è diventato strutturale il lavoro da remoto e la didattica a distanza — conviene ragionare su un set di tecnologie che spazia dalla fibra fino a casa al 5g fino all’Fwa, le connessioni ad onde radio basate sui ripetitori della vecchia tv analogica, e soprattutto i satelliti.

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I ritardi accumulati sulla banda larga

È evidente come la macchina dello Stato (e il potere ostativo degli enti locali), i mille regolamenti comunali, i passaggi autorizzativi dell’Anac sugli appalti di gara, i permessi condominiali, una mappatura delle unità immobiliari non corretta e basata su dati vetusti ci porta sin qui, a dover scommettere anche sulla tecnologia satellitare. Con un ritardo ancora inaspettato su quella che è ormai diventata l’infrastruttura più importante del Paese. C’è l’incapacità di far dialogare tra loro le banche dati in maniera corretta appoggiandosi spesso su database non aggiornati. 

Il pantano della burocrazia

Sulle unità immobiliari da dover raggiungere ci si è basati su dati Istat e catastali non certo aggiornati. Uno Stato che si rispetti non può più permetterselo. Le informazioni di Infratel basate su dati Istat erano diverse dalla situazione trovata sul territorio. Alcune aree si sono rivelate nere (c’erano cioè già degli operatori e quindi sono state escluse). E poi l’enorme mole di permessi: circa 100 mila per tutto il piano Bul, 250 giorni medi a permesso, molteplici enti coinvolti e regolamenti comunali diversi, comuni che chiedono interventi stradali che esulano dai bandi di gara (ne avevamo scritto sul Corriere qui tempo fa).

Ma il satellite non è la panacea di tutti i mali

Ecco perché ci si aspetta che la società di Musk partecipi al bando in Lombardia ma sono tante le aziende che forniscono soluzioni simili. Tra gli operatori più noti ci sono Viasat, le australiane Nbn Sky Muster e Telstra, la canadese TeleSat, la lussemburghese Ses SA, OneWeb dell’inglese Eutelsat, Project Kuiper di Amazon, l’inglese EchoStar Mobile e l’araba Thuraya. Se dal progetto pilota arriverà un riscontro positivo potrebbero seguire altre regioni, verosimilmente una al centro e una al sud. Quel che è certo è che la connessione via satellite non sostituisce, né può competere a livello di prestazioni con quella in fibra (i satelliti più forti, soggetti alle condizioni atmosferiche, garantiscono al massimo 150 mega in download contro 1 giga della fibra). Ma in orbita sta arrivando una nuova generazione di satelliti capaci di comunicare direttamente con i telefoni, senza più bisogno di antenne.

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