Manovra, nulla contro la povertà

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Siamo alle solite: da un lato la ministra del Lavoro e del Welfare che magnifica quanto il governo avrebbe fatto per contrastare la povertà, dall’altro la realtà raccontata dai numeri – quelli comunicati e ancor più quelli nascosti – e da chi di aiutare i più fragili ha fatto il proprio compito.

Alleanza contro la povertà certifica il nulla contro la povertà

“La legge di bilancio non affronta il tema della povertà con la determinazione necessaria e attesa. Una determinazione che fortemente auspicavamo, dal momento che tali provvedimenti hanno un impatto nella vita materiale delle persone e delle famiglie in condizione di povertà, rispetto alle quali l’Alleanza rappresenta il maggiore soggetto di rappresentanza”. Così una nota dell’Alleanza contro la povertà, la rete di associazioni – tra le quali la Cgil – che contribuisce alla costruzione di politiche pubbliche per includere chi è ai margini.

Sconcerto per le parole della ministra

Ciò che lascia perplessi, ed è un eufemismo – è la sicumera della ministra del Lavoro e del Welfare Calderone, che afferma come la soppressione dell’unico strumento universalistico di contrasto alla povertà, il Reddito di cittadinanza, e l’introduzione di Adi e Sfl “hanno operato un importante cambio di rotta, dimostrando la loro efficacia”. L’efficacia di uno strumento, si sa, si misura rispetto all’obiettivo che ci si pone. Se l’obiettivo che si poneva il governo era quello di risparmiare, è raggiunto. Purtroppo a scapito di quanti si trovano in condizione di povertà assoluta. Diversamente da quanto si è sentito dire, l’aumento dell’occupazione – e anche su questo molto c’è da dire – non ha certo coinvolto gli ex percettori del Rdc.

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Per la Cgil è grave il nulla contro la povertà

Non solo non è chiaro cosa sia il “cambio di rotta”, ma ciò che è altrettanto grave è la mancanza di informazioni sui dati di Adi e Sfl che Calderone ha annunciato per gennaio. Daniela Barbaresi, segretaria confederale della Cgil, infatti si domanda: “Calderone si dichiara soddisfatta del cambio di rotta e dell’efficacia dell’introduzione di Adi e Sfl. Efficaci per chi? Sicuramente per il governo, che in un solo anno ha risparmiato quattro miliardi sulla pelle dei più poveri, dimezzando la platea dei beneficiari di una misura di contrasto della povertà”.

Nella manovra il niente

L’Alleanza contro la povertà, letto il testo della manovra, coerente con la propria missione, aveva consegnato in Parlamento ben sei emendamenti dal costo complessivo di un miliardo. Risultato? Il nulla o quasi. Eppure le sei proposte non erano astruse, ma richieste di buon senso se – appunto – l’obiettivo fosse quello di ridurre la povertà. Si va dall’indicizzazione piena dell’Adi per proteggerne il valore nel tempo rispetto alla crescita dei prezzi, in un contesto internazionale che presenta non pochi rischi di shock inflazionistici, alla modifica della scala di equivalenza, che valorizzi tutti i maggiorenni, così da agevolare il sostegno in particolare alle famiglie con figli. Si passa, poi, alla richiesta di innalzamento della soglia di accesso alla prestazione per le famiglie in affitto, per arrivare a un’ulteriore riduzione dei limiti di residenza in favore delle famiglie straniere. Una richiesta importante è introdurre la possibilità di cumulare almeno parzialmente il beneficio con il reddito da lavoro (o l’estensione della franchigia di 3.000 euro oggi prevista per i nuovi lavori anche ai lavori in essere). Infine dotare i servizi sociali dei Comuni delle giuste risorse per sostenere i percorsi d’inclusione dei beneficiari, nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni.

La delusione

La delusione dell’Alleanza contro la povertà dopo l’approvazione della manovra è netta e ha una ragione precisa: “Avevamo indicato come prioritario il ripristino di una misura universalistica, capace di supportare chiunque si trovi in condizione di povertà. Non si registrano passi avanti in questa direzione. E poi ci sono i dati, fermi a giugno. Solo una costante pubblicazione, diffusione e trasparenza sul numero di persone e famiglie interessate, consentirà di conoscere in tempo reale l’impatto delle nuove misure su chi vive in povertà nel nostro Paese”.

La conoscenza è potere

“Entro gennaio saranno disponibili i dati? È scandaloso che a un anno dall’introduzione delle nuove misure non lo si sia ancora fatto”. Lo ha sottolineato Daniela Barbaresi, ricordando che la trasparenza e la conoscenza sono fondamentali per comprendere fenomeni e risultati ottenuti dalle misure. Sempre che l’obiettivo sia davvero quello di contrastare la povertà e non quello dell’abbandono a loro stessi dei poveri, al massimo elargendo un po’ di carità.

Risparmi sui poveri

I pochi dati che si conoscono accertano che non di contrasto alla povertà si tratta, ma di risparmi sui poveri. “A settembre – ha ricordato la segretaria della Cgil – solo 599 mila nuclei familiari, pari a circa 1,4 milioni di persone, hanno visto accogliere la propria domanda di Adi, come risulta dai dati dello stesso ministero che ha lasciato senza risposte più della metà delle famiglie e delle persone che fino a un anno e mezzo fa potevano contare sul RdC, ovvero una misura di carattere universale contro la povertà, oggi lasciati soli e senza sostegni”. La conclusione di Barbaresi è stata netta: “Se l’obiettivo era quello di risparmiare sui poveri la ministra e il governo possono dirsi soddisfatti di aver incassato un successo pieno”.



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