Prospinity, come due ventenni italiani rivoluzionano il fintech

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La storia di Prospinity, fintech lanciata da Andrea De Berardinis e Andrea Zanon, racconta di come nasce una community che scommette su ciascun membro per crescere insieme, condividendo i guadagni in un success poll. La nuova puntata della rubrica “Italiani dell’altro mondo” 

La vicenda di Andrea De Berardinis e Andrea Zanon, i due ventenni italiani che in America hanno cofondato Prospinity fintech, 2,6 milioni di dollari raccolti, è come una scatola cinese con all’interno più storie nella storia. Ci sono Sam Antonyan e Aarya Agarwal due studenti di Yale, uno in matematica e fisica, l’altro in computer science, compagni di stanza che scommettono l’uno sul futuro dell’altro, «Se io divento miliardario mi dai il 10% dei tuoi ricavi annuali e io farò lo stesso con te». 

Ci sono due studenti italiani. Andrea Zanon, laureato in economia aziendale alla Ca’ Foscari con un master in management tra Svizzera e Chicago. L’altro, Andrea De Berardinis, laureato alla triennale al Sant’Anna di Pisa in Economia, che va a Yale per completare i suoi studi. E poi c’è un terzo protagonista, un investor di nome Patrick Chang, che è un po’ il Deus ex machina di tutte le storie. In comune tra questi personaggi c’è la prestigiosa università di Yale che fa incontrare prima, Sam, Aarya e Andrea De Berardinis per creare un embrione di un’idea. «E se creassimo una startup dove è possibile investire sul futuro degli altri?».

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Andrea De Berardinis e Andrea Zanon, cofounder di Prospinity

Amici in tempi di Covid: come nasce Prospinity

In tempi di pandemia, Andrea De Berardinis ha l’idea di creare un club, lo chiama Astra, per favorire le occasioni di confronto tra studenti e la possibilità di incontrare professionisti e imprenditori affermati. Lo chiama Astra ed è in uno di questi meeting che si imbatte in Andrea Zanon. Si conoscono, diventano migliori amici. Si trovano entrambi in America, l’uno a Yale, l’altro a Chicago e decidono di vedersi. Zanon raggiunge De Berardinis a Yale gli parla, insieme a Sam e ad Aarya, della loro idea: creare un nuovo prodotto con una valenza sia finanziaria che sociale: Prospinity prende vita alla velocità della luce.

Ma cos’è? Alla base di sono i success pool, ovvero dei team che si formano su una piattaforma tecnologica simile a LinkedIn sotto alcuni aspetti. Gli studenti che hanno terminato gli studi e che si sono immessi nel mondo del lavoro e che appartengono ad alcune delle università coinvolte nel progetto, tra cui Yale, possono unirsi e mettono in comune i loro guadagni: il 5% annuo, stabilendo un orizzonte temporale, ad esempio 10 anni.

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Ci sono tre modi per formare i pool. Il primo: si chiede l’accesso a pool già formati e se il 75% dei partecipanti è d’accordo la persona entra nel pool. Il secondo, si entra e ognuno crea il proprio account invitando amici ad entrare nel suo pool. Il terzo: la piattaforma si occupa di matchare persone che possono coesistere bene all’interno di un gruppo. Il modello di business? La piattaforma prende il 5% sul 5% per ogni pool. Possono entrare ex studenti che lavorano come professionisti in studi legali o banche, startupper alle prime armi, consulenti (c’è ci lavora in Google, chi in JP Morgan, chi in Mckinsey, chi in Meta), ma a condizione che siano stati iscritti alle università coinvolte nei primi test del progetto: 

«La visione – spiegano – non è creare un prodotto finanziario, ma un nuovo costrutto sociale. Se tu sei parte di un pool sei motivato che gli altri abbiano successo e tenderai a supportarli affinché questo avvenga. Così portiamo le persone ad aiutarsi e non a competere gli uni contro gli altri».

I soldi con un po’ di “smart spam”

Nessuno dei quattro che formano il team iniziale ha mai fatto fund raising. Sanno, tuttavia, che sparare nel mucchio può essere controproducente. Per questo decidondo di non inviare email a investor americani, ma di concentrarsi su venture che possono essere più sensibili alle loro origini: armeni (sono le origini di Sam) e italiani. Ed è proprio un investor armeno, Armen Possian che è anche il co-Ceo del fondo Oaktree, a rispondere per primo. Il suo, tuttavia, è un fondo di private equity che non investe in startup, ma conosce una persona che fa al caso loro: Patrick Chung

Vanno a trovarlo a New York e gli parlano di Prospinity. A Chung brillano gli occhi per l’originalità dell’idea e gli piace anche che loro siano così collegati al loro target di studenti universitari. Allora mette sul piatto i primi 100mila dollari che servono ad affrontare il problema numero 1: sviluppare i contratti legali che sono oggi alla base dei success pool. «Abbiamo avuto un sacco di porte in faccia da studi legali finché ci ha risposto Orrick, che è famoso per seguire diversi progetti nel campo del fintech. Con loro abbiamo redatto la prima “Safe Note” del nostro progetto. Ora potevamo partire a coinvolgere le università e gli studenti».

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Prospinity, il round da 2,5 milioni 

L’idea inizia a crescere. Centinaia di studenti si iscrivono e formano squadre. Il primo success pool nasce a Yale, si chiama Orion e ha 21 membri che hanno deciso di condividere i loro guadagni per 10 anni. La crescita è facilitata dalla cultura universitaria americana che prevede la presenza di club esclusivi e confraternite che già riuniscono gli studenti o ex di ogni università.

Dopo il primo round pre-seed da 100 mila euro servono altri soldi per accelerare la crescita del progetto. Intanto, Sam e Aarya, come avviene in tante storie di startupper di successo made in USA, abbandonano Yale, mentre i due italiani rifiutano offerte di lavoro molto allettanti, per seguire il progetto con maggiore enfasi e impegno. Chang torna a vestire il ruolo del deus ex machina della storia. Fa incontrare il team con il fondo californiano Slow Ventures (già investor in altre fintech come Robinhood e Vemno) che investe due milioni di dollari con Chang che alimenta ancora la startup con mezzo milione:

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«In Italia – concludono – sento spesso dire che per fare una startup bisogna prima fare esperienza in una corporate. In America abbiamo imparato che non è così. Bisogna lanciarsi subito per imparare il più possibile. Prima inizi, prima assumi alcune competenze che ti serviranno per crescere velocemente come persona e imprenditore».





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