Lo Spirito di Shanghai. La Sco cinese tra narrazione e interessi strategici (anti Occidente)

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Per la Cina la Shanghai Cooperation Organization promuove una visione creativa che sostiene la fiducia reciproca, il beneficio reciproco, l’uguaglianza, la consultazione, il rispetto per la diversità delle civiltà e la ricerca dello sviluppo comune. Ma Pechino vede l’organizzazione anche come una leva contro l’Occidente

11/01/2025

La Shanghai Cooperation Organization (Sco) è diventata un pilastro della strategia revisionista cinese e russa, unendo sicurezza, economia e diplomazia in una piattaforma che mira a presentarsi come alternativa alle alleanze occidentali — su tutte la Nato. Pechino e Mosca promuovono la Sco come un’organizzazione inclusiva, non ideologica e orientata alla cooperazione pacifica, in netto contrasto con l’Alleanza Atlantica, che viene dipinta come obsoleta e basata su una mentalità da Guerra Fredda (questo è uno storico claim cinese, con cui Pechino intende dimostrare che l’Occidente ne vuole impedire lo sviluppo secondo una schema già utilizzato, contro Mosca).

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Stando a questa narrazione, la Sco “trascende l’idea obsoleta dello scontro di civiltà, la mentalità da Guerra Fredda e la logica a somma zero, nonché il vecchio paradigma di formare cerchi esclusivi”, offrendo un modello fondato su “una pagina completamente nuova sulle relazioni internazionali”, ha detto martedì il portavoce del ministero degli Esteri cinese.

L’analisi più attenta rivela che questa retorica è funzionale a un disegno più ampio: legittimare l’ordine autoritario e indebolire l’architettura internazionale basata su stato di diritto, diritti umani e principi democratici. Lo Sco diventa uno strumento multilaterale di chi contrasta la governance internazionale perché troppo occidente-centrica, e Pechino guida questo raggruppamento — composto dal clan CRINK (Cina, Russia, Iran, Corea del Nord), ma anche da una serie di Paesi tendenzialmente più terzi che vogliono maggiore spazio e soffrono il peso delle regole liberali.

La retorica della Sco

Uno degli elementi centrali della narrativa ufficiale è la distinzione tra Sco e Nato, spesso ripetuta come elemento caratterizzante e richiamo per attori tendenzialmente anti-occidentali. Il segretario generale della Sco, Nurlan Yermekbayev, ha ribadito in dichiarazioni dei giorni scorsi che “è sbagliato paragonare” i due raggruppamenti, perché la Sco è “non allineata e de-ideologizzata, orientata alla pace e alla cooperazione” — al contrario, sottinteso, della Nato.

Questa affermazione serve a consolidare l’immagine della Sco come un’organizzazione aperta e non ostile, capace di aggregare Paesi con sistemi politici ed economici differenti — l’India, una democrazia sebbene con le sue complessità, ne è per esempio parte, e non a caso New Delhi ha già dimostrato insofferenza nella deriva anti-occidentale e sino-centrata presa dall’organizzazione.

La Sco è fortemente dominata da Cina e Russia, che la utilizzano come piattaforma per promuovere un modello di governance alternativo (autoritario, pragmatico, dove i diritti sono subordinati alle necessità) e per rafforzare la loro influenza sui membri più piccoli. L’assenza di ideologia è un mito: la Sco si presenta come un’organizzazione libera, ma nella realtà articola una narrazione alternativa all’ordine internazionale liberale, in cui democrazia e diritti umani sono subordinati alla sovranità statale e alla stabilità interna dei regimi autoritari. È questo stesso modo di vedere il mondo fortemente ideologizzato — come lo è la Repubblica popolare cinese, d’altronde. Il concetto di “non allineamento” è inoltre strumentale: mentre la Nato si basa su un impegno esplicito alla difesa collettiva, la Sco ha creato un sistema di cooperazione in materia di sicurezza che facilita il controllo interno e la repressione delle opposizioni nei Paesi membri.

L’inclusione recente di Iran e Bielorussia rafforza ulteriormente l’orientamento anti-occidentale della Sco, che si sta trasformando in un forum di coordinamento tra regimi autoritari.

La presidenza cinese della Sco

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La Cina sta sfruttando il proprio turno di presidenza per consolidare il suo ruolo di guida nell’organizzazione. La portavoce del ministero degli Esteri cinese ha riportato in questi giorni i riflettori sull’organizzazione e sul suo valore, dichiarando — durante una conferenza stampa di routine, ma centrata sul tema — che Pechino “è impegnata a rafforzare la cooperazione della Sco con passi concreti durante la sua presidenza”, definitiva “chiave”.

La Cina ha annunciato che organizzerà oltre 100 incontri ufficiali nell’attuale periodo mandato (che scade a fine anno), coprendo temi che spaziano dalla politica alla sicurezza, dall’economia alla cultura. La strategia è chiara: istituzionalizzare sempre più la Sco, trasformandola in un attore influente e farlo grazie il ruolo di Pechino come leader del blocco. Il momento è eccellente: lo scontro tra potenze con gli Usa potrebbe assumere dinamiche più imprevedibili con il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, e Pechino vuole consolidare il suo polo.

A conferma di questa volontà, la Cina ha recentemente svelato il logo ufficiale della sua presidenza. La cornice dorata caratterizzata da motivi pre-Qin che simboleggiano una speranza infinita. Ma quei motivi decorativi tradizionali segnalano anche la volontà di Pechino di dare alla Sco “caratteristiche cinesi”, come ricordato pubblicamente nelle dichiarazioni di Pechino che ne hanno accompagnato la presentazione. Il motto “Upholding the Shanghai Spirit: Sco on the Move” enfatizza inoltre l’idea di un’organizzazione dinamica e in crescita, contrapponendola implicitamente alla presunta stagnazione delle alleanze occidentali.

La sfida alla sicurezza occidentale

La presentazione del logo non è un dettaglio marginale, ma fa parte della più ampia strategia di soft power, volta a rafforzare l’identità della Sco e ad accreditare Pechino come il principale motore della sua espansione. Anche per questo, al di là della retorica ufficiale, la Sco rappresenta una sfida concreta per la sicurezza globale.

Da un lato, l’organizzazione offre una piattaforma di mutuo sostegno (sfruttata anche da sistemi autoritari), facilitando la condivisione di tecnologie di sorveglianza, strategie di censura e tecniche di repressione del dissenso. La Cina, per esempio, fornisce ai partner della Sco sistemi avanzati di controllo digitale, mentre la Russia utilizza l’organizzazione per rafforzare i legami — anche militari — con Paesi che la sostengono diplomaticamente.

Dall’altro, la Sco funziona come un meccanismo di disinformazione e delegittimazione delle istituzioni occidentali. La narrazione sulla Nato come un’organizzazione aggressiva e superata, la critica all’Onu per il suo presunto allineamento agli interessi occidentali e la promozione di un “nuovo ordine multipolare” servono a minare la credibilità dell’architettura internazionale basata sulle regole.

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“Il codice di successo per la Sco, che cresce con forte vitalità e forte slancio per la cooperazione, è che propone e pratica lo Spirito di Shanghai, una visione creativa che sostiene la fiducia reciproca, il beneficio reciproco, l’uguaglianza, la consultazione, il rispetto per la diversità delle civiltà e la ricerca dello sviluppo comune”, sostiene Pechino. Lo “Spirito di Shanghai” è un titolo narrativo strategico che serve a spingere la centralità cinese nell’organizzazione. Una centralità preoccupante.

“Oggi, potenze revisioniste come la Cina, l’Iran e la Russia si alleano nel nome di un nuovo ordine globale, alla ricerca di un rinnovato Patto di Varsavia. Formano tanti cerchi concentrici, raggruppamenti più o meno coesi, che si incrociano e si rafforzano reciprocamente, erigendo una nuova cortina di ferro che separa le democrazie dai regimi autocratici”, ha scritto il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata in un’analisi sull’organizzazione pubblicata nel numero di dicembre di Formiche.



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