«Cagnazzo aveva interesse a uccidere quel sindaco»

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Aveva un interesse personale ad uccidere Angelo Vassallo. È uno dei punti su cui battono i giudici del Riesame, nel confermare gli arresti del colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo e degli altri indagati. In 141 pagine, le motivazioni che confermano l’attendibilità – secondo i giudici – dei pentiti che stanno alla base dell’inchiesta choc sul delitto di Acciaroli. Oltre a Fabio Cagnazzo, restano in cella l’ex brigadiere Lazzaro Cioffi, l’imprenditore Giuseppe Cipriano (difeso dall’avvocato Giovanni Annunziata) e l’ex pentito Romolo Ridosso.

Il collegio del presidente Gaetano Sgroia fa proprie, in tutto, le prospettazioni del gip del tribunale di Salerno ritenendo l’ufficiale dell’Arma (difeso dall’avvocato Ilaria Criscuolo) coinvolto a pieno titolo nel concorso in omicidio volontario del primo cittadino in quanto, si legge nelle carte, interessato assieme ai fratelli Palladino, imprenditori cilentani, negli affari legati al traffico di droga sulla costa di Acciaroli. Affari che il primo cittadino di Pollica aveva scoperto e contro i quali stavano attuando il pugno duro, pronto anche a denunciare tutto in procura. Nelle motivazioni al rigetto del ricorso non viene riconosciuta a Cagnazzo l’aggravante del metodo mafioso anche se il quadro che emerge dalle valutazioni dei magistrati è abbastanza duro.

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Le carte

Facciamo un passo indietro. L’inchiesta sull’omicidio del sindaco pescatore è stata rafforzata proprio dalle dichiarazioni rese da un pentito della camorra di Somma Vesuviana, Eugenio D’Atri, detenuto in carcere con Romolo Ridosso fuori Campania. D’Atri non avrebbe solo raccolto le testimonianze dello scafatese, preoccupato di essere coinvolto nell’omicidio e di essere condannato all’ergastolo – proprio per questo motivo, a tratti, nel corso degli anni si sarebbe contraddetto -, ma avrebbe partecipato anche agli incontri che questi avrebbe avuto con il proprio legale, il penalista Michele Avino. E questo per alcuni problemi di salute di Ridosso. Insomma, per solidarietà nei suoi confronti.

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La sua, dunque, sarebbe una fonte diretta. Tant’è che un altro detenuto, tale Corda, avrebbe raccontato agli inquirenti di un certo risentimento che Ridosso avrebbe avuto in un secondo momento nei confronti di D’Atri proprio perché aveva raccontato le sue confidenze e tradito la sua fiducia. È questo il termine che Ridosso usa nei confronti del boss vesuviano: «traditore». Eppure di Cagnazzo aveva parlato anche lui agli inquirenti coordinati dal procuratore capo Giuseppe Borrelli e dal vicario Luigi Alberto Cannavale. Aveva detto lui che Cagnazzo assieme a Cioffi era stato l’organizzatore del delitto. Lui che, prima di finire in carcere per altra inchiesta, aveva paura di quella che definiva «la cupola dei carabinieri» ed in particolare del «dittatore» come definiva l’ufficiale dell’Arma. Lui che, alla fine dei conti aveva partecipato solo al sopralluogo nella speranza di entrare a far parte del gruppo di narcotrafficanti legati a Cipriano e che aveva come base logistica un container di proprietà dei Palladino.

L’ufficiale

I giudici del Riesame fanno propria anche la memoria depositata in udienza dalla procura, con riferimenti precisi all’impossibilità di sapere dove fosse Cagnazzo nel momento preciso in cui una mano assassina utilizzò l’arma per uccidere Angelo Vassallo. Non sono ritenute a tal proposito giustificative – come alibi per Cagnazzo – le dichiarazioni rese da Valentina Reielli che quella sera di settembre del 2010 partecipò alla cena al ristorante di un familiare del sindaco assieme a Cagnazzo e Palladino. La donna aveva raccontato di essere in auto con uno dei fratelli Palladino quando hanno incrociato la vettura di Vassallo che rientrava a casa. Dichiarazioni che, per il Riesame, potrebbero «ipotizzare uno sfalsamento temporale tra il momento in cui Cagnazzo e Luigi Molaro – anche questo suo attendente e carabiniere di fiducia – lasciarono la piazzetta tale da rendere impossibile che Cagnazzo abbia potuto raggiungere e bloccare il sindaco», si legge nelle carte, ma i giudici proseguono dicendo che «è pur vero che l’ufficiale non è stato in grado di indicare cosa fece in quel frangente».

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Tra i «non ricordo» di Cagnazzo anche quello che (forse) era andato a salutare la figlia. Eppure quella cena, in un primo momento, era stata organizzata in un altro ristorante, poi spostata poche ore prima dell’omicidio. Proprio sul dove fosse l’ufficiale in quei momenti, si fa anche riferimento all’utilizzo – da parte della procura – di Google Earth per ricostruire le posizioni di tutti i protagonisti della vicenda. Su di lui il Riesame sottolinea anche un altro particolare: anche il suo depistaggio era stato organizzato bene, come se sapesse ciò che doveva accadere. A Cipriano i giudici riconoscono invece «un interesse diretto» agli affari della droga in quanto parte integrante del gruppo MaurelliCafiero. Così come per Cioffi che aveva un rapporto diretto con i narcos.





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