La lotta della California contro il clima impazzito, tra incendi e fake news

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Migliaia di sfollati e 16 morti. Nonostante sforzi «erculei» i pompieri faticano a domare i focolai a Los Angeles. Ma il presidente eletto Trump preferisce fare il disinformatore in chief  

Donald Trump è già stato eletto e si prepara a diventare commander in chief, comandante in capo. Eppure davanti alla California che brucia lancia attacchi come se fosse ancora in campagna elettorale e – quel che è più grave – fa il disinformatore in chief: mentre gli altri stati (compreso il Canada che lui minaccia di annettere) spediscono vigili del fuoco e aiuti, Trump inventa teorie sui pesci e attacca i democratici. Anche il clima politico, oltre al clima vero e proprio, si fa sempre più estremo: i fuochi in California segnalano il tempo che cambia.

Se cambia il vento

«Il vento di Santa Ana combinato con aria secca e vegetazione molto secca manterrà elevato il RISCHIO DI INCENDI BOSCHIVI fino a mercoledì», ha avvertito questa domenica con tanto di maiuscole il Servizio meteorologico nazionale da Los Angeles: «Raccogli gli oggetti di cui avrai bisogno in caso di evacuazione». Mentre è chiaro che gli incendi iniziati quasi una settimana fa perdureranno ancora per giorni, la domenica mattina californiana è iniziata con un piccolo sollievo – la giornata precedente aveva portato progressi nel contenere le fiamme – e un timore: il vento che cambia.

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Fino a questa domenica pomeriggio, il bilancio acclarato delle vittime era arrivato a 16 morti, perlopiù persone che non hanno potuto, non sono riuscite o non hanno voluto lasciare le proprie abitazioni, come Annette Rossilli, che a 85 anni ha preferito restare nella casa di una vita col suo cane piuttosto che lasciarla, oppure Anthony e Justin Mitchell: il padre è stato ritrovato al capezzale del figlio, affetto da paralisi cerebrale, e che mai avrebbe abbandonato.

La California ricorda ancora bene l’incendio più mortifero di sempre, il Camp Fire del 2018 innescato dal malfunzionamento degli impianti elettrici e divampato per i venti discendenti fino a fare 85 vittime; nell’ottobre 1933 l’incendio di Griffith Park ha ucciso 29 persone, perlopiù lavoratori, le famiglie dei quali si videro pure negati i risarcimenti per le condizioni irregolari con le quali erano stati impiegati. La California ha sempre fatto i conti con gli incendi, tanto che le risorse messe a disposizione per il dipartimento forestale e anti incendi della California è quasi raddoppiato dai due miliardi del 2018 ai 3,8 attuali, anche se le polemiche si focalizzano sul taglio di cento milioni deciso lo scorso giugno.

Il problema è poderoso; si è del resto appena concluso l’anno più caldo dall’èra pre industriale e quello che la scienza chiama cambiamento climatico si vede in concreto dalle parti di Los Angeles perché la siccità estrema e i venti velocissimi producono fuochi ad alta velocità. Il governatore dem Gavin Newsom ha presente il tema della crisi climatica, conosce le cause antropiche e ha cercato con fortuna di ritagliarsi pure un ruolo nella cosiddetta “diplomazia del clima”. Ma mentre sulla prevenzione tutti dovrebbero fare molto, una volta arrivati agli effetti estremi si arriva a sentirsi disarmati, come è successo ai vigili del fuoco in California in questi giorni. Piuttosto che riflettere sul fatto che le nostre infrastrutture idriche non sono concepite per pompare così tanta acqua in contemporanea, Trump anche davanti alle riserve piene ha preferito inventarsi che l’acqua non arrivasse perché il governatore del fronte opposto vuole proteggere la fauna acquatica.

«Trump venga qui»

Memore del 2018 in cui Trump (all’epoca inquilino effettivo della Casa Bianca) esitò a mandare aiuti contro il Camp Fire perché Newsom era un democratico, il governatore ha risposto alla disinformazione con un invito diretto: Trump venga qui, gli ha scritto in una lettera. «Nonostante il lavoro erculeo di pompieri esperti, la California affronta uno degli incendi più distruttivi della sua storia».

Intanto migliaia di vigili del fuoco eliminano arbusti, spruzzano materiale ignifugo, gettano dall’alto una pioggia rossa per rallentare le fiamme: è una lotta impari tra il rosso lanciato per ritardare gli incendi e il rosso degli incendi che tuttora divampano. Dei quattro focolai vivi nel weekend, uno – il “Kenneth Fire” – è stato totalmente spento, ma il triangolo di fuoco di Los Angeles è difficile da domare: fino a questa domenica pomeriggio, il più piccolo dei tre incendi ancora presenti, lo Hurst Fire, era stato contenuto al 90 per cento, ma l’Eaton (14mila acri) solo al 15 e il Palisades (24mila) all’11 per cento. Sono questi due incendi ad aver fatto morti finora. Così come si teme il vento, si ripone speranza nella pioggia.

E c’è pure chi cerca salvezza nei soldi: «C’è chi ha vigili privati? Pagherò qualsiasi cifra», ha scritto (e poi cancellato per le reazioni) un pezzo chiave del mercato immobiliare losangelino. I prezzi da pagare per le polizze assicurative erano già lievitati negli ultimi anni (ad esempio da 900 dollari del 2022 a 1300 lo scorso anno) con la motivazione degli incendi recenti; chissà a cosa si arriverà, ora che le compagnie mettono in conto 20 miliardi di perdite per questi fuochi, in clima trumpiano antistatale, tra 100mila sfollati e 10mila edifici distrutti.

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