Dieci cambi di casacca su 50 consiglieri. Ma la Puglia boccia (unita) la legge che li contrasta

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La norma è snella, il criterio racchiuso in soli tre articoli: se passi in un altro gruppo, perdi l’incarico. Un principio talmente lineare che sono bastati sedici minuti alla commissione Riforme istituzionali della Regione Puglia per affossare la legge. Il centrosinistra con la mano tesa della Lega blinda i cambi di casacca. Questi i fatti: la legge è stata presentata da Fratelli d’Italia e nasce dalla volontà di mutuare quanto già disposto sia in Senato che nella Regione Marche. I consiglieri regionali che cambiano gruppo rispetto a quello nel quale sono stati eletti, decadono dall’incarico che ricoprono.

Il motivo di proporre una legge che blinda gli andirivieni nei vari gruppi nasce dal fatto che, spesso, i passaggi modificano gli equilibri tra le forze politiche, tanto tra i vari schieramenti che all’interno della stessa coalizione. Ma gli incarichi come quelli nell’ufficio di presidenza o nelle commissioni sono scelti dai consiglieri stessi in base alla forza dei vari gruppi e all’equilibrio tra le parti. Di qui la necessità dei proponenti di evitare sbilanciamenti improvvisi, tra sovraesposizione di gruppi divenuti più popolosi ma partiti con una pattuglia più ridotta di eletti e sottodimensionamento di quelli che, al contrario, partivano con truppe più corpose. Nasce da questo l’intenzione di inserire un deterrente a questi continui passaggi: la perdita immediata dell’incarico nelle commissioni e nell’ufficio di presidenza. E il deterrente si traduce anche nella perdita del benefit economico che ne deriva: 1.200 euro in più al mese.

Al momento del voto, però, è risultato solo un favorevole alla proposta di legge. Lega e Movimento 5 Stelle si sono astenuti, i tre consiglieri di maggioranza presenti – espressione di Pd e della civica Per la Puglia – si sono detti contrari. Se ne riparlerà in aula quando la legge sbarcherà per essere valutata dall’assise ma, risultando spaccato anche lo stesso centrodestra, è semplice immaginare che la corsa si fermerà sul nascere.

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“La volontà era quella di evitare che nella prossima legislatura si verificassero situazioni come in quella in corso – spiega a Ilfattoquotidiano.it Luigi Caroli, il primo firmatario della legge – Serve a dare linee guida ben precise e mettere dei paletti, come del resto hanno fatto in Senato e in altre Regioni, a dimostrazione del fatto che le preoccupazioni sono condivise”. Aggiungono dal gruppo di Fdi in Consiglio regionale: “Siamo stati gli unici a sostenere una legge contro i trasformismi, l’obiettivo era scoraggiare proprio quel trasformismo imperante nella politica regionale, soprattutto negli ultimi anni sotto il governo di Emiliano”.

Il riferimento è a due vicende che hanno mandato in corto circuito la maggioranza per mesi, entrambe determinate dal passaggio nel gruppo di Azione di due consiglieri regionali eletti in altri gruppi: Sergio Clemente, eletto nei Popolari per Emiliano, e Fabiano Amati, arrivato dal Pd. Il primo occupava (e occupa) il posto di segretario d’aula del Consiglio regionale, il secondo (oggi assessore) al tempo era presidente della commissione Bilancio. Per mesi la maggioranza ha tentato di disarcionarli perché, appunto, non più rappresentanti del gruppo al quale spettava quella postazione. Amati, tra l’altro, era presente in commissione Riforme istituzionali al momento del voto della legge e ha mostrato l’altolà.

Ma per capire quanto sia necessaria una legge che argini il fenomeno, basta ripercorrere i vari spostamenti registrati nella legislatura in corso. Sono dieci i consiglieri regionali – su 50 – che hanno cambiato gruppo rispetto a quello nel quale si sono candidati e sono stati eletti. Prima di vedere i casi specifici, una premessa: non tutti hanno ricoperto ruoli che avrebbero perso se la legge fosse stata in vigore, ma certamente fa capire quale sia la dimensione della vicenda. E dunque: i già citati Amati e Clemente sono rimasti – dopo travagliate trattative – comunque nel perimetro della maggioranza, così come Ruggiero Mennea passato da Pd ad Azione e Pierluigi Lopalco, eletto nel gruppo civico Con e passato nel Pd. Così ha fatto il dirimpettaio Paolo Dell’Erba, eletto nella civica legata a Raffaele Fitto (che nel 2020 si candidò a presidente) La Puglia Domani ma poi approdato in Forza Italia. Hanno, invece, attraversato l’emiciclo regionale per trasferirsi dalla parte opposta Stefano Lacatena – eletto in Forza Italia e ora in Con – che è stato nominato consigliere delegato all’Urbanistica dal governatore Michele Emiliano; Saverio Tammacco – anche lui presente in commissione al momento del voto – eletto nel centrodestra ne La Puglia Domani, transitato nel gruppo Misto, ora componente del gruppo di maggioranza Per la Puglia del quale è stato anche capogruppo.

E ancora: Massimiliano Stellato, anche lui arrivato in Consiglio con i Popolari con Emiliano, dopo un passaggio nel gruppo Misto, è approdato in Italia Viva dichiarandosi all’opposizione. Finita? Macché. Stellato ha rotto con i renziani e ha ufficializzato il ritorno in maggioranza, nuovamente nel gruppo Misto. Anche Francesco La Notte arriva in Consiglio regionale nel 2020 nella lista dei Popolari con Emiliano, diventandone capogruppo, salvo poi, dopo un passaggio nel gruppo Misto che come un limbo traghetta gli indecisi, approdare in Forza Italia. Giuseppe Tupputi ha abbandonato la creatura civica di Emiliano, Con, per sposare anche lui il partito di Berlusconi. Una percentuale di migrazioni non proprio ininfluente, insomma. Eppure il centrosinistra, della necessità di rispettare la spartizione degli incarichi tra i vari gruppi, se ne è ricordato non solo quando ha tentato di sostituire gli esponenti di Azione, ma anche quando Antonio Tutolo, eletto nei Popolari con Emiliano, è passato nel gruppo Misto pur restando saldamente nella maggioranza. Era presidente della commissione Affari Generali. Oggi, non lo è più. Il suo posto lo ha preso il Pd.



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