‘La nave andava a sbattere e loro si sono tenuti i rami buoni’

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Processo sul fallimento Airlight di Biasca, atto secondo. Dopo l’assoluzione nell’aprile 2023 di quattro accusati su cinque e la condanna di uno solo, stamane a Lugano si è aperto il processo davanti alla Corte di appello e revisione penale. Il procuratore pubblico Daniele Galliano nella requisitoria ha ripercorso la vicenda concludendo con la richiesta di conferma delle pene formulate due anni fa per tutta una serie di reati fallimentari. Ossia tre anni di detenzione, di cui sei mesi da espiare, per Marco Zanetti. E due anni con la condizionale per Federico Micheli e Pasquale Cardarelli. Tutti e tre, in varie fasi, erano stati organi della società. Ruolo minore per Francesco Bolgiani: proposte per lui 180 aliquote sospese. La prima corte, ricordiamo, aveva unicamente condannato il direttore dello stabilimento di Biasca, e inventore della tecnologia Airlight, Andrea Pedretti: 13 mesi sospesi condizionalmente per due anni per i reati di amministrazione infedele aggravata e diminuzione dell’attivo a danno dei creditori.

‘Colpevole anche chi ha avuto l’idea e non solo il beneficiario’

Mentre il quintetto si dichiara innocente, secondo il procuratore tra fine 2015 e metà 2016, quando è poi intervenuto il fallimento della startup per 25 milioni di franchi, «tutta la strategia era stata impostata dai vertici aziendali e societari a svantaggio della società medesima», attiva nel campo delle energie rinnovabili e di un impianto fotovoltaico di ultima generazione realizzato in Marocco ma mai certificato. A fare da base l’importante esposizione debitoria della holding di Lugano (azionista al 100%) e gli elevati costi della manufacturing di Biasca (il braccio operativo). Un quadro a suo dire «molto ben chiaro da almeno un anno a tutti gli imputati». Ma ciò nonostante proprio nel periodo più delicato della sovraesposizione, quando era manifesta una perdita di 10 milioni, «è stato riconosciuto un bonus di ben 628mila franchi, sotto forma di gratifica, al direttore Pedretti: sbagliato quindi condannare solo il beneficiario e non chi ha avuto l’idea del bonus, andando contro gli interessi della holding e della ‘figlia’». Sempre secondo il procuratore anche il condono del prestito per 100mila franchi a Pedretti «è problematico, nell’ambito delle ingenti ferie stando al direttore accumulate, ma mai veramente verificate dal Cda proprio nel momento in cui la società era in dissesto. Tutto ciò a mio avviso configura i reati di amministrazione infedele e diminuzione degli attivi ai danni dei creditori, al contrario di quanto ha sostenuto la Corte di primo grado. Perciò anche Zanetti, Micheli e Cardarelli vanno condannati e non solo il direttore».

‘Contabilità assente e brevetti dal valore non verificato’

Nel periodo più critico, caratterizzato dal prestito obbligazionario di 24 milioni, «c’è stata una grave negligenza nella non tenuta a giorno della contabilità a partire da gennaio 2016», ha ribadito Galliano: «La barca stava andando contro l’iceberg e l’impressione è che chi teneva il timone ha fatto di tutto, senza lasciare traccia, per tenere per sé i rami buoni della pianta che stava morendo. Mi riferisco alla cessione dei brevetti, la proprietà intellettuale, fatta senza alcuna perizia che ne accertasse il reale valore. Che era quindi aleatorio. Con tanto, ancora una volta, di bonus concesso a Pedretti».

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Cifra record di 29 aumenti di capitale

Quanto poi all’ipotesi di cattiva gestione, il procuratore ha sottolineato che la holding «non ha mai generato ricavi e vi sono stati la cifra record di 29 aumenti di capitale. Nonostante un flusso di capitale complessivo di 52 milioni, non vi era la garanzia di continuità aziendale sino a fine giugno 2016». Fra gli esempi citati, verso fine 2015, c’è il versamento di 2,1 milioni «che anziché garantire la continuità aziendale tamponando le spese e i creditori, è servito a rimborsare precedenti prestiti fatti dagli stessi azionisti». In quel momento, «nonostante gli appelli del revisore rimasti senza risposta, Zanetti, Micheli e Cardarelli invece di fermarsi vanno avanti. Ciò che configura, insieme alla mancanza di contabilità, il reato di cattiva gestione».

Dal canto loro gli avvocati Samuele Scarpelli e Nicola Orelli, legali di due accusatori privati, si sono allineati alle richieste dell’Accusa evidenziando che gli imputati «erano persone debitamente formate e affatto sprovvedute e hanno di fatto depauperato la società».



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