Quarto governo 2024 in Francia, resisterà al 2025?

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Un governo di destra. È questa la formula scelta dal premier francese designato, il centrista François Bayrou, per il 46esimo esecutivo della Quinta Repubblica, il quarto in un anno e il sesto da quando è presidente Emmanuel Macron, eletto per il primo mandato nel 2017. La sinistra: è una provocazione. Barella della destra di Le Pen: «La coalizione degli sconfitti». Pessime premesse

Governicchi in attesa del dopo Macron

Trentaquattro i ministri, compresi due ex premier. Diciassette uomini e altrettante donne. Diverse riconferme e nuovi ingressi di peso. Un governo di destra. Ed è questa la formula scelta dal premier francese designato, il centrista François Bayrou, certamente col consenso se non la spinta del presidente Macron. Ma i numeri non promettono molto di buono: 46esimo esecutivo della Quinta Repubblica, il quarto in un anno e il sesto da quando è presidente Emmanuel Macron, che è il vero sconfitto politico.

Dettagli di un minestrone politico

Tra i nuovi ministri scelti da François Bayrou ci sono due ex primi ministri e altre vecchie conoscenze di spicco, ma non è chiaro se basterà a restare in carica. Sette ministri, cioè metà del governo, sono stati confermati da quello del suo predecessore, Michel Barnier, che era rimasto in carica solo tre mesi. Tra le nuove nomine invece Bayrou ha scelto come ministri diversi politici di rilievo ed esperienza: ci sono tra gli altri due ex primi ministri come Elisabeth Borne e Manuel Valls, e l’ex ministro dell’Interno Gérald Darmanin.

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Rigorosamente al centro di tutti

Bayrou ha cercato di accontentare i partiti moderati sia di destra che di sinistra, nel tentativo di garantirsi l’appoggio di entrambe le parti, e ha escluso invece esponenti dei partiti della destra e della sinistra più radicali, cioè rispettivamente il Rassemblement National e La France Insoumise. Nell’attuale situazione politica molto instabile e con gli ultimi due governi durati solo pochi mesi, il presidente Macron ha dato come mandato prioritario a Bayrou quello di formare un governo che duri in carica il più possibile ed evitare mozioni di sfiducia: ed ecco il tentativo di mantenere un certo equilibrio tra le parti politiche.

Le regole costituzionali francesi

In Francia per entrare in funzione i governi non hanno bisogno di superare un voto di fiducia, ma solo di non cadere per un voto di sfiducia. Non è ancora chiaro se le scelte di Bayrou basteranno a non far cadere anche il suo governo, anche perché ci sono già state forti critiche sia da destra che da sinistra. Pesa il risultato delle elezioni legislative a luglio, quando era stato eletto un parlamento diviso in tre gruppi, nessuno dei quali ha la maggioranza e non intenzionati a collaborare tra loro: il Nuovo Fronte Popolare di sinistra vincente: Ensemble, la coalizione centrista guidata dal partito di Macron (Renaissance); e il Rassemblement National di Le Pen.

I nomi, per quel che vale

Bayrou ha 73 anni ed è il leader del partito MoDem, della coalizione di centro. Tra i 7 nuovi ministri e ministre scelti da Bayrou, diversi vengono dall’area centrista, a partire dai suoi due predecessori a capo del governo, Elisabeth Borne e Manuel Valls. Borne, che ha 63 anni ed è del partito di Macron, Renaissance, è nuova ministra dell’Istruzione e come vice di Bayrou. Il ruolo è ritenuto particolarmente delicato e probabilmente da affidare a una politica esperta, visto che durante l’anno si sono già succeduti altri quattro ministri dell’Istruzione prima di lei, annota il Post. Valls, ha 62 anni ed è stato primo ministro per più di due anni e mezzo tra il 2014 e il 2016. Ministro dei Territori d’oltremare, ex colonie della Francia con due crisi in corso a Mayotte e in Nuova Caledonia.

Tanto centro sbilanciato a destra

Gérald Darmanin, che era stato ministro dell’Interno in tre degli ultimi quattro governi (fatta eccezione per l’ultimo) e ora sarà ministro della Giustizia. Una nomina che dovrebbe essere gradita al centrosinistra quella di François Rebsamen, già ministro del Lavoro nel governo del socialista François Hollande. Nomine meno politiche, come quella di Éric Lombard per il ministero dell’Economia: ex direttore della Caisse des Dépots (cassa depositi e prestiti). Tra le conferme più importanti rispetto al governo di Barnier invece ci sono quella di Bruno Retailleau al ministero dell’Interno e di Rachida Dati al ministero della Cultura, entrambi esponenti del partito di centrodestra Les Républicains, mentre al ministero degli Esteri è stato confermato Jean-Noël Barrot, di Renaissance.

Un equilibrio squilibrato

Nonostante Bayrou abbia sostenuto di voler mantenere un equilibrio tra destra e sinistra, le sue scelte hanno già sollevato perplessità e polemiche da entrambe le parti. Xavier Bertrand per esempio, importante esponente di Les Républicains (i gollisti) (LR), ha detto che si rifiuta di sostenere un governo composto «col benestare di Marine Le Pen». Una posizione simile a quella espressa dal segretario del Partito Socialista (PS), Olivier Faure: «Questo non è un governo, è una provocazione», sostenendo che la composizione sia molto spostata a destra. Ma lo presidente del Rassemblement, Jordan Bardella, ha parlato di «coalizione degli sconfitti», promettendo che nel 2025 «Rn sarà presente per difendere e proteggere i nostri compatrioti, mentre aspettiamo un’alternativa». Un dopo Macron anticipato.

Le prossime severità antipopolari

Il neo premier Bayrou col gruppo Destra repubblicana all’Assemblea nazionale e dei repubblicani al Senato, con cui dichiara di condividere punti cardine per l’azione di governo. In particolare, «l’ordine e la sicurezza» -slogan lepenista-, e l’urgenza di «rimettere in sesto le finanze pubbliche attraverso un’azione vigorosa di semplificazione amministrativa». Che non basterà a chiudere i giganteschi buchi di bilancio.

Buoni propositi senza parlare di tagli che saranno necessari: «lavorare sulle capacità di produzione industriali e agricole affinché la Francia possa ritrovare «piena sovranità economica». E promette «un nuovo metodo di governo»: «compromessi solidi e chiari, rispettosi delle posizioni di ciascuno». Fumo in attesa di qualche arrosto.

 

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