Jenin sotto assedio tra bombardamenti israeliani e lotte interne

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La sera del 14 gennaio, il campo profughi di Jenin รจ stato scosso da un attacco aereo israeliano che ha ucciso sei palestinesi e ferito molti altri nei pressi della rotonda di Al-Awda. Tra le vittime, Mahmoud Ashraf Mustafa Gharbiyeh, appena quindicenne, unโ€™icona del dolore, di un futuro schiacciato sotto le bombe. Insieme a lui, Moโ€™men Ibrahim Abu al-Hayja, Amir Ibrahim Mahmoud Abu al-Hayja, Hussam Hassan Qanouh, Ibrahim Mustafa Qaneiry e Bahaa Ibrahim Abu al-Hayja, uomini le cui vite, con le loro speranze e i loro sogni, sono state distrutte dalla violenza.

Il giorno seguente, mercoledรฌ pomeriggio, le forze di occupazione israeliane hanno demolito diversi negozi commerciali situati nei pressi del villaggio di Anza, sulla strada che collega Nablus alla stessa Jenin. Un bulldozer ha completamente raso al suolo tre negozi nel vicino villaggio di Wadi Daouk. Durante lโ€™operazione, le forze israeliane hanno chiuso la strada in entrambe le direzioni, bloccando il traffico e isolando le comunitร  locali. Testimoni oculari riferiscono di una vasta operazione militare, condotta senza preavviso e con lโ€™uso di mezzi pesanti.

La distruzione dei negozi rappresenta un duro colpo per gli abitanti dei villaggi, giร  duramente provati dallโ€™occupazione israeliana. Le attivitร  commerciali distrutte erano lโ€™unica fonte di reddito per molte famiglie, e la loro perdita le costringerร  a una situazione di precarietร  economica.

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Ma nella stessa sera, lโ€™orrore si รจ ripetuto. Le forze di occupazione israeliane hanno colpito nuovamente con un attacco aereo sul campo profughi di Jenin, uccidendo altri sei palestinesi e ferendone pesantemente altri due.

Lโ€™attacco aereo, concentrato su unโ€™area residenziale nei pressi della moschea di Al-Ansar nel quartiere di Damaj, ha causato ingenti danni alle abitazioni e ha gettato nel panico la popolazione civile. Le vittime, tutte giovani uomini, sono state identificate dalle autoritร  palestinesi come Mohammad Younis Ararawi, 33 anni, Ahmad Yaseen Ararawi, 37, Mahmoud Ahmad Fayyad, 22, Osama Abdul-Kareem Abu Droubi, 26, Mustafa Mohammad Fayyad, 26, e Awad Subhi Abu Zaid, 27, come dichiarato. dal Ministero.

Il Ministero della Salute palestinese ha confermato il tragico bilancio e ha disposto il trasferimento dei corpi allโ€™ospedale governativo di Jenin. La Mezzaluna Rossa palestinese, impegnata nelle operazioni di soccorso, ha riferito di aver recuperato diverse vittime e di aver prestato assistenza ai feriti.

Lโ€™attacco con i droni sul campo profughi di Jenin si inserisce nellโ€™ambito di una campagna militare israeliana volta a consolidare il controllo sul territorio occupato. Dal 7 ottobre 2023, quasi 800 palestinesi sono stati uccisi, mentre migliaia di altri sono stati arrestati in una campagna repressiva che non accenna a rallentare. Il ministero della Difesa israeliano ha dichiarato lโ€™intenzione di proseguire questa strategia in tutta la Cisgiordania, una forma di violenza costante che molti osservatori considerano una โ€œguerra silenziosaโ€. A differenza del clamore mediatico generato dagli attacchi sulla Striscia di Gaza, infatti, questa guerra sembra consumarsi nellโ€™indifferenza, pur infliggendo ferite altrettanto profonde.

Questi attacchi aerei con droni, sono stati condotti in concomitanza di una vasta operazione militare avviata dalle forze di sicurezza dellโ€™ANP a Jenin con lโ€™obiettivo di neutralizzare elementi della resistenza palestinese. Per questo motivo, Anwar Rajab, portavoce delle forze di sicurezza dellโ€™ANP, ha dichiarato che gli attacchi israeliani hanno lo scopo di โ€˜ostacolare gli sforziโ€™ delle autoritร  per garantire sicurezza e stabilitร  a Jenin. Unโ€™affermazione che suona quantomeno ironica alla luce delle immagini che circolano sui social media, dove si vedono i profughi palestinesi costretti ad eseguire lโ€™abluzione con la polvere a causa dellโ€™assedio imposto dalle stesse forze di sicurezza. La โ€˜sicurezza e stabilitร โ€™ garantita dallโ€™ANP sembra dunque consistere nel negare allโ€™intera comunitร  lโ€™accesso allโ€™acqua potabile, un bene primario e un requisito fondamentale per praticare la propria fede.

Nel frattempo, martedรฌ mattina, il Battaglione Jenin della Jihad Islamica Palestinese ha annunciato di aver aderito a unโ€™iniziativa locale dellโ€™ANP mirata a porre fine alle divisioni interne tra palestinesi e fermare lo spargimento di sangue nel territorio occupato. Sebbene i dettagli dellโ€™accordo non siano stati resi noti, il gruppo ha ribadito fermamente il โ€œlegittimo diritto di resistere allโ€™occupazione criminaleโ€.

Nei giorni precedenti, parallelamente alla sua offensiva contro i combattenti di Jenin, che definisce โ€œfuorileggeโ€, lโ€™Autoritร  Nazionale Palestinese ha intensificato la sua campagna di repressione prendendo di mira anche i media. La sospensione di Al Jazeera in Cisgiordania rappresenta un chiaro tentativo di soffocare il dissenso e di limitare la libertร  di informazione. A peggiorare ulteriormente la situazione, secondo quanto riportato da Lawyers for Justice, il giornalista Jarrah Khalaf รจ stato sottoposto a tortura nelle carceri dellโ€™ANP a causa del suo reportage sulla repressione in corso proprio nel campo profughi di Jenin.

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Jenin, oasi di resistenza in un deserto di conflitto, รจ oggi lo specchio fedele delle contraddizioni palestinesi. La polvere, che nel suo campo profughi sostituisce lโ€™acqua per la preghiera โ€“ un gesto tanto semplice quanto straziante โ€“ incarna la precarietร  dellโ€™esistenza e la tenacia di un popolo che, pur nel fango della guerra, non rinuncia alla propria dignitร  e alla propria fede. Jenin รจ un microcosmo dove la storia si ripete, in un ciclo di violenza e oppressione che sembra inarrestabile.

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