Caro Direttore,
mi riferisco al commento pubblicato il 19 ottobre su Milano Finanza riguardante l’euro digitale e la tokenizzazione delle attività finanziarie, nel quale ho evidenziato il problema delle contabilità decentrate (blockchain e Dlt), già trattato nel mio Discorso al mercato del giugno scorso, concludendo che queste sono «il vero problema da risolvere».
Pochi giorni dopo ho ricevuto il Rapporto al G20 della Bank for International Settlements (Bis) di Basilea che riconosce la validità di quella mia conclusione, innovando rispetto ai documenti ufficiali, che considerano neutrali le tecnologie usate. Nel Rapporto viene esaminato in dettaglio il problema della tokenizzazione nel contesto della moneta e delle altre attività e avanzati concetti e implicazioni per le banche centrali, sollevando la necessità di aprire un dibattito e fare scelte più chiare e approfondite, ormai non più eludibili.
Evitare gli equivoci
Per evitare l’equivoco nell’uso dei termini da me denunciato, esso propone la definizione di
digital token per la moneta, risalendo alla sua origine fisica (in italiano, «gettone», come il «telefonico» di buona memoria), e lo estende alle attività finanziarie e reali; considera tali tutti i token collocati su programmable platform, ossia tecnologie che permettono agli utenti eligible, ossia ai possessori di token, di eseguire operazioni su un registro contabile valido tra loro. Se lo scopo è di usare termini a cui ciascuno assegna lo stesso significato, mi adatterei volentieri alla nuova definizione, purché sia chiaro che si parla di registri contabili decentrati in sostituzione di quelli accentrati oggi usati.Se questa è l’interpretazione corretta, va riconosciuto che la Bis, la Banca delle banche centrali, muove un passo importante verso l’identificazione dell’oggetto da conoscere e regolare, che non è la digitalizzazione della moneta e delle attività finanziarie, per la quale già esiste un’affinata e dettagliata regolamentazione, ma sono le tecnologie contabili che consentono agli utenti eligible di scambiare tra loro ricchezza mobiliare e reale, senza passare da intermediari, con vantaggi di costo e di certezza.
Queste tecnologie vengono definite nel Rapporto token arrangement, ossia le infrastrutture sottostanti l’uso dei digital token nelle transazioni finanziarie, indicandole solo nelle Dlt (Tecnologie a registro distribuito), lasciando fuori l’universo importante, ma limitato, delle blockchain dei bitcoin, che vengono usate comunemente come sinonimi, mentre hanno diverse proprietà di penetrabilità dall’esterno.
Il ruolo delle banche centrali nei pagamenti decentralizzati
Sempre il Rapporto sottolinea che «gli sviluppi futuri degli arrangement restano incerti e sono ipotizzabili molte soluzioni…con implicazioni per il ruolo delle banche centrali nei pagamenti, la politica monetaria e la stabilità finanziaria»; questa precisazione testimonia che si comincia a capire l’estensione della rivoluzione normativa necessaria e le implicazioni per l’architettura di vigilanza del mercato monetario e finanziario, che richiedono di porre fine alla molteplicità delle monete usate, di ricondurre i depositi bancari nell’alveo delle attività finanziarie e di distinguere nettamente le funzioni di sorveglianza della moneta da quelle della finanza.
Per fare ciò occorre un lungo periodo di transizione, che però richiede di muovere un primo passo (l’euro digitale?) avendo chiaro in mente l’obiettivo verso cui dirigersi. (riproduzione riservata)
*presidente della Consob
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