Quanto è credibile un’intesa tra Cdu e Verdi in Germania

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Conservatori e ambientalisti governano insieme in alcune regioni. E molti li preferiscono alla grande coalizione


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La massima bismarckiana secondo cui non bisogna credere a nulla che non sia stato smentito si può applicare alle voci di una possibile futura coalizione di governo in Germania tra la Cdu e i Verdi. Sebbene nessuno, tra i cristiano-democratici, si sia apertamente schierato per quest’ipotesi, è sempre più frequente che gli esponenti del partito, in occasioni pubbliche, si lascino andare a valutazioni sui Verdi senza che il contesto lo renda necessario, e secondo la stampa tedesca diversi esponenti del partito, nelle discussioni interne, rivelano di preferire i Verdi all’Spd come ipotetici alleati nel prossimo governo.

 

Attualmente al 32 per cento nei sondaggi, la Cdu di Friedrich Merz sembra avviata alla vittoria. Se vorrà tenere fede all’impegno di fare da argine all’estrema destra, rifiutandosi di discutere con l’estrema destra di AfD per formare il governo, la scelta sarà tra Spd e Verdi. Il principale oppositore del dialogo con i Grüne è Markus Söder, presidente della Baviera e leader della Csu, formazione sorella della Cdu attiva localmente (insieme formano l’Unione). Söder ha spesso definito i Verdi “contro la Baviera”, additandoli come ambientalisti estremisti e dannosi per l’economia (una retorica che si spiega anche con la preoccupazione di mantenere il consenso dei settori dell’agroalimentare e dell’automotive, fondamentali e identitaria nell’economia bavarese).

 
Ma la settimana scorsa, incalzato sui Verdi, il presidente cristiano-democratico del Land dello Schleswig-Holstein, Daniel Günther, ha attaccato Söder affermando che “nessuno pensa che per l’Unione i Grüne siano l’unica alternativa” e invitandolo a “tenere semplicemente la bocca chiusa”: proprio nel suo Land, del resto, Günther governa in una coalizione con i Verdi (“sono affidabili e lavoriamo con loro con fiducia”, ha precisato in un’intervista recente), così come avviene anche nel Nordreno-Vestfalia, territorio storicamente vicino alla Cdu che ha formato diversi quadri nazionali del partito. 

  

Anche i circoli federali della Cdu sono più possibilisti, e la maggior parte di loro, a ottobre, ha chiesto al partito di non escludere nessuna ipotesi. Secondo Paul Ziemiak, segretario generale del partito nel Nordreno-Vestfalia, bisogna “discutere con tutti i partiti democratici” e “valutare dopo le elezioni”, mentre la federazione di Amburgo ha invitato il partito federale ad essere aperto ai colloqui con i Verdi dopo una possibile vittoria elettorale nel 2025.

   

È significativo che il segretario Friedrich Merz, pur sottolineando spesso le differenze tra la sua Cdu e i Verdi, non abbia mai escluso apertamente di avviare un dialogo dopo le elezioni (e arrivando ad affermare, qualche settimana fa, che in un suo governo non escluderebbe di rivedere Robert Habeck come ministro dell’Economia).

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In un sondaggio della Welt, pubblicato a inizio mese, il 41 per cento degli elettori ha affermato di preferire una riedizione della coalizione Cdu-Spd, contro il 26 per cento di chi vorrebbe i cristiano-democratici con i Verdi. Tra gli elettori di questi ultimi, però, ben il 72 per cento sarebbe favorevole. Quando l’ipotesi fu ventilata la prima volta ad agosto, proprio da Robert Habeck, ministro delle Finanze e all’epoca leader dei Grüne, che ha affermato di non escludere “in linea di principio” una coalizione con i cristiano-democratici nel prossimo governo, la cosa sembrò pura diplomazia, o la mossa preoccupata di un ministro di un governo in perpetua crisi.

   

Gli ostacoli sono rilevanti. Innanzitutto, c’è l’incognita aritmetica: con i Verdi in media al 14 per cento nei sondaggi, bisognerà capire se i loro seggi al Bundestag basteranno alla Cdu per formare una coalizione (ma un’incognita simile si propone per la Spd). Più in prospettiva, le differenze tra i due partiti rimangono profonde, soprattutto nel rapporto tra politiche ambientali e industriali, oltre che sulla fiscalità per imprese e lavoratori: proprio negli scorsi giorni, Merz ha ribadito in un incontro elettorale a Bochum che la priorità del suo governo sarà la crescita economica, e martedì Habeck si è visto costretto a contestare alcune dichiarazioni del leader della Cdu in merito al preferire la cattura del carbonio nella siderurgia rispetto alla riduzione delle emissioni del settore.

 

Ma sul piano politico i segnali dai Verdi sono diventati più frequenti negli ultimi mesi: in un’intervista di dicembre, Franziska Brantner, co-leader del partito, pur criticando la Cdu, ha affermato che “le forze democratiche devono superare le loro differenze per il bene del paese”, e che pur senza “abbandonare gli obiettivi climatici” bisogna “continuare a modernizzare la Germania su digitalizzazione, de-burocratizzazione e supporto all’innovazione e alle nuove tecnologie”. L’accento su temi cari alla Cdu è troppo evidente per non essere, di fatto, un invito a guardare i punti in comune da cui poter avviare una discussione, in linea con alcuni documenti programmatici presentati nelle scorse settimane. Alle aperture di Habeck, inoltre, si sommano quelle di esponenti locali e parlamentari. 

  

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In effetti, al di là delle differenze, un’alleanza avrebbe vantaggi per entrambi i partiti. I cristiano-democratici potrebbero avere più spazi di manovra in un’alleanza con un partito più debole rispetto alla Spd. I Verdi potrebbero rivendicare ogni loro intervento sul governo e provare a sfruttare la figura del loro leader Habeck, detestato a destra ma apprezzato dall’elettorato più progressista (nei sondaggi di gradimento per il prossimo cancelliere è appaiato con Merz superando il consenso del suo partito), caratteristica che lo renderebbe in grado di intercettare alcuni elettori socialdemocratici. Su temi come la digitalizzazione, la ricerca e la burocrazia, poi, i due partiti possono trovare terreno comune. Il prezzo, ovviamente, sarebbero alcune concessioni alle politiche climatiche: ma i Verdi avrebbero gioco facile a rivendicare ogni risultato, anche minimo, affermando che senza di loro non si sarebbe prodotto.

  

Persino l’Spd potrebbe giovarsi della situazione: all’opposizione, per i socialdemocratici sarebbe facile presidiare lo spazio di rappresentanza politica di quegli elettori delusi dal governo, senza che questi debbano trovare in AfD l’unica interprete del malcontento, soprattutto sulle misure sociali. Un ritorno (seppur parziale) a un bipolarismo classico avrebbe come principale vittima proprio l’estrema destra, e del resto è proprio stando all’opposizione che la Cdu ha potuto risollevarsi dal calo post Merkel evidenziato dalle urne nel 2021. 
Sugli esteri, poi, l’alleanza Cdu-Verdi sarebbe assolutamente naturale: in questi anni, mentre sul sostegno all’Ucraina l’Spd è stata più titubante e attendista, i due partiti hanno spesso sottolineato l’aggressività di Mosca e gli effetti a lungo termine della caduta di Kiev, incalzando il cancelliere Olaf Scholz sulle forniture di armi e sulla necessità di dare concretezza alla Zeitenwende annunciata dopo l’invasione. Sul piano europeo rimangono differenze (si pensi al debito comune), ma è innegabile che un governo tra cristiano-democratici e Grüne avrebbe più facilità nel rendere la Germania più consapevole della nuova fase globale rispetto a quanto visto con Scholz. 

  
Seppur senza essere formulata chiaramente, dunque, si fa spazio nella Cdu l’ipotesi di guardare ai Verdi, più che alla Spd, dopo le elezioni. Un’idea alimentata dai Verdi stessi in maniera mirata, rimarcando le specificità del loro partito rispetto alle altre forze politiche ma al tempo stesso presentandosi come pragmatici e insistendo su una serie di temi non immediatamente legati alle politiche ambientali su cui il dialogo con i cristiano-democratici è possibile. 





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