Lo stallo sulla Consulta nasconde qualcosa di più grave: lo stigma verso Forza Italia

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Forza Italia ha esultato questa settimana per la prima approvazione alla Camera dei deputati del disegno di legge costituzionale per la separazione delle carriere, dedicando la vittoria al suo leader e fondatore scomparso, Silvio Berlusconi.

In realtà, oltre al fatto che per la separazione delle carriere saranno necessari altri passaggi parlamentari, Forza Italia ha ben poco da esultare, avendo incontrato, in questa stessa settimana, nella stessa Aula parlamentare, un ostracismo e una resistenza verso i “suoi” candidati alla Corte Costituzionale, che non si registrava neanche ai tempi di Berlusconi.

Questo ostracismo, quasi uno stigma verso qualunque nome, parlamentare, ex parlamentare, avvocato, docente universitario, riconducibile a Forza Italia e alla famiglia Berlusconi, ha poi determinato l’ennesima “fumata nera” nella elezione dei quattro giudici costituzionali mancanti e il rinvio alla prossima settimana.

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Silvio Berlusconi faceva esattamente l’opposto, usava la separazione delle carriere come minaccia nei confronti di alleati ed avversari, per ottenere quello che voleva davvero. E certo Berlusconi otteneva che nella Corte Costituzionale, come nel Consiglio superiore della magistratura, andassero anche i candidati, tutte personalità autorevoli, a lui vicini. Basti ricordare il compianto Carlo Mezzanotte e Niccolò Zanon (nominato addirittura dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano) alla Consulta o i parlamentari forzisti Elisabetta Casellati e Pierantonio Zanettin al CSM.

Ora, sarà per l’insipienza e lo scarso interesse personale del segretario Antonio Tajani, Forza Italia ottiene sì la separazione delle carriere ma accetta il sorteggio per i membri del Consiglio superiore della magistratura e subisce i veti degli alleati per la Corte Costituzionale. Tempi che cambiano.

Entriamo, però, con garbo, nel merito di questi veti ingiusti e di queste esclusioni ingiustificate.

Nei confronti del ministro Maria Elisabetta Casellati, già presidente del Senato, con le carte in regola per un posto di giudice costituzionale, sarebbe stato posto, pare proprio dal presidente del consiglio Giorgia Meloni, la questione di opportunità di non lasciare vuoto un posto da ministro. Tale questione di opportunità, però, la stessa Meloni non se l’è posta quando si è trattato di mandare il suo ministro Raffaele Fitto a Bruxelles.

Analogamente, si è registrata l’impossibilità per Forza Italia di proporre per la Consulta nomi di suoi parlamentari competenti, come gli avvocati Francesco Sisto, vice ministro alla giustizia e il già citato Pierantonio Zanettin o anche di ex parlamentari, come il bravo avvocato genovese Roberto Cassinelli. È difficile cogliere la ratio di questa pregiudiziale opposizione nei confronti di esponenti politici di Forza Italia, quando la Corte Costituzionale si è sempre avvalsa proficuamente del contributo di personalità provenienti dal mondo politico come l’attuale presidente della Repubblica, Sergio Mattarella o gli ex presidenti della Corte, Giuliano Amato e Augusto Barbera.

Pare davvero essere solo un pregiudizio nei confronti di Forza Italia, considerato anche che, in questa legislatura, sono state elette dal Parlamento, in importanti organismi istituzionali, figure politiche provenienti da altri partiti, come Ernesto Carbone, di Italia Viva, al CSM ed Alfonso Bonafede, del M5Stelle, all’organo di presidenza della Giustizia amministrativa.

Questa contrarietà solo verso Forza Italia mi ha ricordato lo “scandalo” che si registrò quando Forza Italia nel 2001 (ne ero capogruppo) propose ed ottenne l’elezione di Gaetano Pecorella alla presidenza della Commissione Giustizia della Camera. Fu obiettato che Pecorella era a quei tempi anche uno degli avvocati di Silvio Berlusconi, dimenticando che Pecorella, oltre ad aver presieduto le Camere penali, aveva difeso nel corso della sua lunga e prestigiosa carriera, esponenti, anche estremi, sia di sinistra che di destra. Era davvero un odioso pregiudizio che doveva subire, e come si è visto devono subire ancora oggi, solo esponenti di Forza Italia ed avvocati di Berlusconi. Un vero, inaccettabile, stigma.

Eppure, l’avvocato di Matteo Salvini, Giulia Bongiorno presiede adesso giustamente senza polemiche la Commissione Giustizia del Senato e l’avvocato di Giorgia Meloni, prima di essere nominato proprio da Meloni sottosegretario alla giustizia, Andrea Delmastro, ha presieduto nella scorsa legislatura la Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, senza che nessuno sollevasse obiezioni od ombre di conflitti di interesse.

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E che si tratti di uno stigma che colpisce solo forzisti ed avvocati di Berlusconi e delle sue aziende lo conferma anche l’opposizione che si è riscontrata in questi giorni verso la possibile candidatura alla Corte Costituzionale dell’avvocato Andrea Di Porto, brillante professore universitario di ruolo alla Università La Sapienza di Roma. Non conta il suo corposo curriculum, a Di Porto è stato rimproverato, come motivo di esclusione, quello di avere difeso Silvio Berlusconi in una vicenda giudiziaria.

Forza Italia, quindi, priva del suo leader, non riesce più oggi a superare veti e pregiudizi verso i suoi candidati, politici e tecnici, mentre gli alleati di governo piazzano ovunque i loro fedelissimi, dalla Rai alla Società per lo stretto di Messina e, notizia di questi giorni, alla nuova società Ita-Lufthansa.

Ecco perché, va bene gioire per l’approvazione in prima lettura del provvedimento sulla separazione delle carriere ma, per proclamare vittoria, Forza Italia dovrebbe riuscire ad eliminare lo stigma verso i suoi candidati ed ottenere almeno una parità di trattamento con quelli degli altri partiti. E gli altri partiti, a cominciare da quelli alleati, piuttosto che celebrare a parole la memoria di Silvio Berlusconi dovrebbero mostrare nei fatti un maggiore rispetto verso di lui e il partito che ha fondato.



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