Al WEF vari volti della crescita, rallentamento ma pure tenuta

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Prende il via domani, lunedì, la 55. edizione del World Economic Forum di Davos, come è ormai usuale con una giornata di primi incontri che prelude alla vera e propria apertura ufficiale di domani, martedì. Sino alla chiusura di venerdì nel WEF ci sarà come sempre la presenza di una grande mole di temi, sia della geopolitica sia dell’economia. Per quel che riguarda la geopolitica leader e partecipanti approdano a Davos in un quadro ancora dalle tinte scure, appena rotto dallo spiraglio chiaro della tregua a Gaza, che si spera venga confermata nei fatti. Al di là di questo spiraglio, resta la realtà di un Medio Oriente ancora percorso da forti tensioni, di una guerra Russia-Ucraina che sta proseguendo, di altri conflitti nel mondo. Il quadro economico ha invece una varietà di colori, con alcune ombre ma anche con alcune luci.

La geopolitica attuale fa sentire il suo peso pure sull’economia, che però mostra anche resilienza. Certo, il quadro economico potrebbe essere ancor migliore, se tensioni e conflitti internazionali registrassero una riduzione. È auspicabile che dentro il WEF e negli incontri a lato di esso si possano fare alcuni passi in questa direzione, anche se lo scenario politico resta complicato. C’è particolare attesa naturalmente per quanto dirà il presidente USA Donald Trump, che proprio domani si insedia nuovamente alla Casa Bianca e che non sarà quindi in terra svizzera. È però previsto un suo un videocollegamento con il Forum. Mentre molti fari sono accesi sulla geopolitica, è utile vedere comunque come sul versante economico ci siano anche nubi chiare, non solo scure.

Ad ogni latitudine ci sono molte analisi pessimistiche anche sul piano economico, ma ci sono pure analisi che contraddicono questi scenari solo cupi. Come sempre, il pessimismo troverà probabilmente il suo spazio anche a Davos. D’altronde dal consueto sondaggio attuato dallo stesso WEF presso i principali capoeconomisti nel mondo, reso noto alla vigilia del Forum, è emerso che il 56% si aspetta una frenata dell’economia globale quest’anno. Mentre per gli Stati Uniti il 44% prevede una crescita robusta a breve termine – pur con aumenti del debito pubblico e dell’inflazione – per l’Europa il 74% si aspetta una crescita debole. La Cina viene vista dai più in frenata. Una larga maggioranza prevede inoltre una ulteriore frammentazione nei prossimi tre anni per i commerci mondiali.

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Dall’altra parte dati e previsioni delle maggiori istituzioni economiche internazionali, che saranno come sempre pure presenti a Davos, mostrano una realtà economica non così scura, pur indicando i rischi. Quest’ultimo venerdì il Fondo monetario internazionale (FMI) ha reso noto l’aggiornamento del suo Outlook. La crescita economica mondiale viene indicata al 3,2% per il 2024 e viene prevista al 3,3% per il 2025. Per gli USA le rispettive cifre sono 2,8% e 2,7%. Per l’Eurozona si indica 0,8% per il 2024 e 1% per il 2025; all’interno di questa area la Germania, reduce dalla recessione, dovrebbe tornare ad una pur contenuta crescita (0,3%) quest’anno.

La Cina dovrebbe per l’FMI contenere il suo rallentamento, con 4,8% per l’anno scorso e 4,6% per quest’anno. Il volume dei commerci mondiali dovrebbe avere un aumento, seppur rallentato: 3,2% nel 2025 contro 3,4% nel 2024. L’inflazione nelle economie avanzate dovrebbe scendere ulteriormente, dal 2,6% dell’anno scorso al 2,1% quest’anno. Per il PIL mondiale, va ricordato che l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) il mese scorso ha reso note stime analoghe a queste dell’FMI e che la Banca mondiale (BM) ha indicato stime leggermente inferiori ma comunque di crescita. Una recessione internazionale annua insomma è stata sin qui evitata e secondo queste istituzioni non è in vista, nonostante la geopolitica.

Naturalmente, non poco dipenderà da quanto l’Amministrazione USA guidata da Trump farà, sia in geopolitica sia in economia. Bisognerà vedere se riuscirà davvero a far terminare o almeno a ridurre i conflitti bellici. E occorrerà osservare anche sino a che punto Trump vorrà realmente spingersi nella guerra dei dazi, rivolta soprattutto contro la Cina ma in parte anche contro altre aree, Europa compresa. Ovviamente, bisognerà vedere pure le eventuali ritorsioni commerciali delle aree colpite dai dazi USA. Un ulteriore aumento del protezionismo nel mondo potrebbe portare ad un incremento dei prezzi e dunque a nuova inflazione, con conseguenti stop ai ribassi dei tassi di interesse ora in corso. Ma per la gran parte delle economie c’è ancora la possibilità di tenere e di esprimere di nuovo resilienza, pur essendoci il fardello geopolitico.

Ogni anno alla vigilia dell’incontro mondiale di Davos il World Economic Forum fa il punto sulla percezione dei rischi e sulla gerarchia di questi secondo esperti e leader. Nei giorni scorsi è stata dunque presentata l’edizione 2025 del Global Risks Report, prodotto dal WEF in collaborazione con il gruppo assicurativo svizzero Zurich Insurance e con la società americana di servizi finanziari e consulenza Marsh McLennan. Questo rapporto si basa sulle opinioni di oltre 900 esperti di rischi globali, responsabili politici, business leader, intervistati tra settembre e ottobre 2024. I conflitti armati tra Stati emergono come il rischio globale principale per il 2025, con quasi un quarto degli intervistati che li considera la preoccupazione maggiore nell’immediato. Per quel che riguarda i rischi nel breve periodo, per il secondo anno consecutivo misinformazione e disinformazione sono in cima alle preoccupazioni; ne viene sottolineata la minaccia alla coesione sociale ed ai sistemi di governance, con erosione della fiducia e divisioni all’interno e tra le nazioni. Altri rischi di breve periodo indicati come rilevanti sono gli eventi meteorologici estremi, la polarizzazione sociale, lo spionaggio informatico. Passando all’orizzonte di lungo periodo, i rischi ambientali dominano la scena, con scomparsa della biodiversità, collasso degli ecosistemi, cambiamenti critici dei sistemi terrestri, scarsità di risorse naturali tra i maggiori capitoli per i prossimi dieci anni. Il quadro di lungo periodo è segnato secondo quanto emerge dal rapporto anche dai rischi tecnologici legati alle citate misinformazione e disinformazione ed ai possibili impatti negativi di soluzioni di Intelligenza Artificiale. Mentre le divisioni si acuiscono e la frammentazione ridisegna gli scenari geopolitici ed economici, si afferma nella presentazione del rapporto, la necessità di una cooperazione globale efficace non è mai stata così urgente. Il 64% degli esperti prevede un ordine mondiale caratterizzato dalla competizione tra medie e grandi potenze, con il multilateralismo in sofferenza. Ma ripiegarsi non è una soluzione praticabile, si aggiunge, e il decennio che ci attende rappresenta un momento cruciale per i leader, che dovranno gestire rischi complessi. Anche per evitare una spirale di instabilità, le nazioni dovrebbero favorire le condizioni per una rinnovata collaborazione. «Le crescenti tensioni geopolitiche – ha affermato Mirek Dusek, managing director del World Economic Forum – e l’erosione della fiducia oltre che la crisi climatica stanno mettendo a dura prova il sistema globale. In un mondo segnato da divisioni sempre più profonde e da rischi a cascata, i leader globali hanno una scelta: promuovere la collaborazione e la resilienza o affrontare un’instabilità crescente. La posta in gioco non è mai stata così alta». Note analoghe da parte di Andrea Bono, CEO Marsh McLennan Italy & Eastern Mediterranean Region: «In un’epoca caratterizzata da crescenti tensioni geopolitiche, dalle sfide generate dal cambiamento climatico e dalla minaccia pervasiva della disinformazione, alimentata dal progredire dell’Intelligenza Artificiale, una gestione efficace del rischio non è mai stata così cruciale». Peter Giger, chief risk officer di Zurich Insurance Group, ha pure fatto il punto, sull’onda della pubblicazione del rapporto. «Nel 2024, il pianeta ha superato per la prima volta la soglia di 1,5 gradi di riscaldamento globale – ha detto Giger – e la posta in gioco non potrebbe essere più alta. Il Global Risks Report evidenzia chiaramente come gli esperti considerino i rischi climatici critici nel lungo periodo ma, come ci ricordano le cronache recenti, questi richiedono anche la nostra attenzione immediata. Resto però ottimista: credo che l’umanità sia in grado di trovare soluzioni sociali e tecnologiche per evitare lo scenario peggiore. Il rischio più grande sarebbe arrendersi credendo che non ci sia più nulla da fare. Non è troppo tardi».



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