Questo paese non esiste, un libro di vini e luoghi che hanno ricominciato a sognare

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Conto e carta

difficile da pignorare

 


Esistono cose che, prima di esistere, non esistevano più. È uscito Questo paese non esiste, un libro che racconta di vini e luoghi che hanno ricominciato a sognare.

© Questo paese non esiste

Un proverbio italiano recita “Il difficile sta nel cominciare”. Io ho sempre trovato, invece, che il difficile stia, piuttosto, nel ricominciare. Chiunque abbia subito una delusione o un lutto o abbia sperimentato un fallimento o, banalmente, abbia smesso di fare sport da un po’ conosce bene la fatica di trovare una rinnovata spinta vitale, una nuova prospettiva.

Che si fa quando quello che c’era prima non c’è più? Una delle risposte più convincenti l’ho trovata nella storia recente di San Giovanni delle Contee, ora raccontata nel libro Questo paese non esiste. Una pubblicazione indipendente, che trasporta dentro a un paesino ai margini meridionali della Toscana con poco più di 150 abitanti. Lo fa con le parole di Tommaso Ciuffoletti, le fotografie di Lorenzo Ferroni, le grafiche e le illustrazioni di Claudia Bessi, la direzione artistica di Costanza Ciattini e l’editing fotografico di Claudia Paladini.

@ Andrea Moretti

A San Giovanni delle Contee non ci arrivi per caso, e non ci arrivi nemmeno tanto facilmente. Dopo aver raggiunto Firenze ci vogliono altre due ore e mezzo di macchina e curve per arrivare in quello che, agli occhi dei più, potrebbe apparire solo un borgo in via di spopolamento, come ce ne sono tanti nell’entroterra italiano.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Per fortuna, però, ci sono gli occhi di Tommaso Ciuffoletti. È così che si apre una dimensione fatta di soprannomi, leggende e ritmi anacronistici, di piatti indimenticabili serviti ai tavoli di un’osteria sempre aperta, di cantine scavate nel tufo, “una specie di città sotterranea” – come si legge in Questo paese non esiste – di aperitivi bevuti in gotti e accompagnati da barattoli giganti di salsicce sott’olio e follature notturne a lume di candela. Una dimensione onirica, dove il visibile e l’invisibile si confondono.

Oggi, uno dei motivi per cui si arriva a San Giovanni delle Contee è sicuramente il vino, più precisamente quello di Cantina del Rospo. Qui, infatti, nel paese di suo nonno e suo papà, nel 2018 Tommaso ha iniziato a produrre vino insieme a Olmo Fratini e Tommaso Furzi.

«Non avevamo nulla, ma proprio nulla. Nemmeno il pudore»: nessuna vigna di proprietà, niente elettricità, nessuna strumentazione moderna; solo uva pigiata con i piedi e lasciata fermentare in tini di vetroresina e bottiglie di recupero. La cantina di questi tre sciorni, nel frattempo, si è trasformata in un’azienda vera e propria e ha iniziato a farsi conoscere anche fuori dai confini toscani e nazionali. È così che il vino è diventato uno dei prodigi attraverso cui San Giovanni delle Contee ha ricominciato a esistere.

La Disfida delle Contee

Ne è un esempio anche La Disfida delle Contee: un evento imperdibile, una festa che si tiene l’ultimo fine settimana di giugno e che mette insieme un gruppo eterogeneo di bevitori e bevitrici per professione, per noia e per passione che “giudicano” vini emergenti e vini contadini. Ma la Disfida è aperta anche a chiunque voglia assaggiare questi vini fatti per l’autoconsumo, gli amici, il divertimento, insomma fatti per essere bevuti. All’ultima edizione, la numero cinque, hanno partecipato oltre 500 persone arrivate da ogni parte d’Italia in questo paese che non esiste. «Per un giorno San Giovanni delle Contee diventa la capitale italiana del vino. E tutto questo succede senza che vi sia di mezzo niente da vendere o da comprare. Non è una festa del commercio, è davvero una festa delle relazioni e delle storie» – scrive Tommaso. A me piace pensare che una piccola parte dell’affetto che genera la Disfida delle Contee derivi dalla capacità che ha di far sentire anche chi vi partecipa un po’ meno spopolato.

© Andrea Moretti

Questo paese non esiste parla di tutto ciò: di Tommaso e dei suoi ricordi, di silenzi, di echi che non rispondono e di un paese, appunto, che non esiste più per come era prima. Ma parla anche di sogni e “sciornaia” (che in dialetto significa essere un po’ sciocco e un po’ matto), di Cantina del Rospo, della Disfida, dell’Osteria Maccalé e di pietre che hanno iniziato a rotolare. Lo fa con una struttura narrativa insolita, quasi poetica, fatta di poche parole e tante immagini e illustrazioni.

© Andrea Moretti

Ogni frammento di testo nasconde un’altra storia possibile: è una parte di un organismo che si può evolvere, un pezzo di tessuto che si può rinnovare per dare vita a nuove dinamiche relazionali e umane, prima ancora che produttive e commerciali.

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San Giovanni delle Contee è un bel esempio di quello che si può definire un germoglio di rigenerazione rurale. E se la rigenerazione può esserci, non può che passare attraverso una comunità e la sua voglia di raccontare, ancora, una storia. Leggendo Questo paese non esiste mi è venuta in mente l’Antologia di Spoonriver, non so bene perché.

Forse perché è facendo propria l’energia di chi (o cosa) non esiste più, ma che è esistito, che si può ricominciare.





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