Eugenio Cecconi
(Livorno 1842 – Firenze 1903)
RADUNATA DI CACCIA GROSSA
olio su tela, cm 74,5×116,5
firmato in basso a destra
HUNTING GATHERING
oil on canvas, 74,5×116,5 cm
signed lower right
Esposizioni
Esposizione collettiva, Società Promotrice delle Belle Arti di Firenze, Firenze, 1881, n. 241
Esposizione collettiva, Società Promotrice delle Belle Arti di Torino, Torino, 1882, n. 188
Esposizione Internazione di Belle Arti in Roma, Roma, 1883, n. 100
Prima esposizione di Belle Arti in Livorno, Livorno, 1886, n. 342
Retrospettiva di pitture e disegni, Società Leonardo da Vinci, Firenze, 1904
Bibliografia
“Esposizione collettiva, Società Promotrice delle Belle Arti di Firenze” (catalogo della mostra), Firenze, 1881, n. 241 Catalogo dell’ Esposizione collettiva, Società Promotrice delle Belle Arti di Torino (catalogo della mostra), Torino, 1882, n. 188
Catalogo dell‘ Esposizione Internazione di Belle Arti in Roma, Roma, 1883, n. 100
Catalogo della Prima esposizione di Belle Arti in Livorno, Livorno, 1886, n. 342
G. Daddi, Eugenio Cecconi, Lecco ,1973, tav. 118, p.225
G. Daddi, A. M. Ranzi, Cecconi, Mariani, Quadrone, caccia e natura nella pittura italiana dell’Ottocento, Firenze, 2003, p. 77, n. 7
“Ed eccomi a parlare della ”caccia grossa” propriamente detta.
La mattina all’alba il capocaccia fa sonare le corna per il paese. La corna veramente detta è fatta con un corno di bove, ma serve qualunque corno di capra, o nicchia, impropriamente detta lumaca. Piccoli proprietari, cacciatori, impiegati di fattoria, bottegai, vagabondo, scendono per istrada, si agglomerano nelle botteghe, s’informano del punto dove avrà luogo la radunata. Chi ha un cavallo, una mula, un somaro, lo sella; chi ha cani, li lega: tutti preparano la colazione; e alla spicciolata, a gruppetti, si avviano al punto di riunione. La cavalcata dei padroni, degli invitati, dei fattori, delle guardie scende dal castello, raggiunge i paesani e con loro arriva là dove una bianca fumata indica il ritrovo, che talvolta è a brevissima distanza dal paese, talvolta a due o tre ore di cammino. Le radunate quantunque abbiano perduto molto del carattere che avevano venti o trenta anni addietro, sono sempre pittoresche e svariate. Eleganti sportmens in costume di caccia inappuntabili, mescolati con uomini del bosco, tutti coperti di pelli da capo a piedi, vecchi cacciatori dalle lunghe barbe e dal preistorico fucile a canna, a fulminante e battitorelli di 10 o 12 anni. Qua i butteri dai larghi cappelli duri, dalle pelliccie di capra e dagli sproni medioevali, là gli aquilani dai cappelletti aguzzi tutti impennacchiati, spioventi, dalle giacche azzurre e dai cosciali di pecora. Qui un gruppo di cavalli signorili sellati all’inglese, là una fila di cavalli dal lungo passo felpato, dalle code strascicanti, dalle criniere arruffate, con cavezze e cavezzoni e sfumature e bardature pesanti e collari e bronze: con larghe e soffici selle gialle dette alla ducale o selle alte e lucenti come acciaio brunito dette alla maremmana, dal pallino e gli arcioni tutti ornati di chiodi d’ottone; e somarelli con un sacco legato sulla schiena per tutta sella e con una funicella al muso per tutta briglia. E in mezzo a questa varietà di uomini e di cavalli un formicolìo di cani di tutte le dimensioni, di tutte le forme, di tutti i colori, e vorrei dire di tutte le razze se in Toscana ci fossero vere e proprie razze di cani da seguito, ma non ci sono.” (in: G.Daddi, Eugenio Cecconi, 1973, p.103)
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