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Cultura, con il Pnrr dote di 400 milioni per la Campania #finsubito prestito immediato


Quattrocento milioni di euro di fondi del Pnrr Cultura trasferiti dal Mic alla Campania per il finanziamento di interventi sul territorio e livello della spesa pari al 43% delle risorse disponibili erogate dal Collegio Romano per le otto Regioni del Sud (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Abruzzo, Molise, Sicilia, Sardegna). Sono i dati aggiornati sullo stato di avanzamento dei finanziamenti Pnrr nel settore Cultura. Il dato è emerso a margine del panel su «Fondi europei per la valorizzazione del patrimonio archeologico» svoltosi ieri nell’ambito degli appuntamenti della XXVI Borsa mediterranea del turismo archeologico di Paestum. «La dotazione complessiva delle risorse – ha spiegato Angelantonio Orlando, direttore generale dell’Unità di missione del Mic per l’attuazione del Pnrr – ammonta a 6,2 miliardi di euro tra Ministeri della Cultura e Turismo. Per la parte relativa alla Cultura, siamo sui 4,2 miliardi per il conseguimento di nove investimenti con una serie di obiettivi tra i quali una forte accelerazione sui processi di digitalizzazione. Su questo specifico punto, inoltre, mentre il Pnrr assegna risorse in maniera trasversale, essendo la digitalizzazione un target comune a vari ambiti di sviluppo del Paese, il Mic ha ottenuto una specifica voce di risorse per mettere a processo un vastissimo patrimonio di documenti, reperti, film, pellicole, immagini». I dati sinora parlano di 65 milioni di item ma dal Collegio Romano non fanno mistero di poter arrivare, entro il 2026, a completare la digitalizzazione e la conservazione su vari supporti e piattaforme di almeno 100 milioni di documenti. E di questi una gran parte riguarda l’immenso patrimonio della Campania e del Mezzogiorno. 

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Il fattore tempo 

Certo, il gran salvadanaio dei fondi Ue ha il timer inserito e il tempo scorre: l’opportunità delle risorse europee terminerà entro il 2026 salvo proroghe da parte di Bruxelles che al momento è difficile ipotizzare. «Dunque, la sfida per il rilancio di cultura e turismo non è finita», ha chiarito Carlo Corazza, direttore dell’Ufficio del Parlamento europeo in Italia. E, soprattutto, ha ricordato Barbara Casagrande, segretario generale del MiTur che in questi giorni prepara il Forum internazionale e il G7 del Turismo a Firenze, «determinante sarà fare rete e squadra e anche comprendere quanto il turismo sia legato a tutti gli altri settori, dai trasporti all’enogastronomia, dalla cultura all’accessibilità e alla sostenibilità». «Dopo la pandemia l’Unione Europea – ha evidenziato ancora Corazza – ha avuto una reazione estremamente positiva e ha messo a disposizione risorse senza precedenti: oltre mille miliardi del bilancio ordinario 2021-27, poi sono stati stanziati con Next Generation Eu altri 750 miliardi di cui circa la metà a fondo perduto (gli altri a tassi vantaggiosi). Cultura e turismo hanno avuto una parte giustamente rilevante e dal punto di vista europeo, tali settori sono pieni di buone pratiche su come sono state utilizzate le risorse». Il punto è che questi soldi finiranno mentre – ha avvertito Corazza – «la sfida di rilanciare la crescita, l’occupazione, la competitività in particolare di alcune zone del Sud attraverso l’industria culturale e creativa è una partita ancora aperta, che ha necessità ancora di enormi investimenti». Chiaramente non solo di mano pubblica ma anche di privati. All’appuntamento, insomma, bisogna arrivare preparati perché la roadmap è già segnata: entro giugno del 2025 (dunque tra solo otto mesi) va definito il bilancio della Commissione Ue e rispetto alle nuove fonti di finanziamento – se si sceglierà o meno di imboccare la strada indicata dalla Relazione Draghi sull’opzione di nuovo debito comune – Bruxelles dovrà adottare precise scelte di campo. Insomma, non più soldi a pioggia su cultura e turismo, la cura post Covid, almeno sotto il profilo finanziario, sembra essere finita. Ci saranno però opportunità di attingere risorse grazie alla Bei: e su questo aspetto il Mezzogiorno sta dimostrando di essere particolarmente reattivo e ricettivo. Il pallino sta prevalentemente in mano alle Regioni: «La legislazione è concorrente – ha ricordato Casagrande – il ministero del Turismo sta svolgendo la sua parte, ha modernizzato l’Enit che da agenzia è stata trasformata in Spa, è insomma pronto ad affiancare nel quadro di rilancio del sistema Paese, le iniziative che vengono proposte a livello territoriale». Si guarda, certo, alle prospettive del Pil su cui la voce turismo incide – nel suo complesso – per circa il 10% ma l’obiettivo è andare anche oltre puntando per esempio sui 60 siti Unesco italiani, sui 682 miliardi di fatturato delle imprese di settore, sui 986 miliardi di asset nel comparto turismo-cultura, tra attività finanziarie e no, certificati dalla Ragioneria generale dello Stato. E, dunque, «se l’investimento pubblico può fare da volano», come ha rivendicato Corazza, il sistema Italia e, particolarmente il Mezzogiorno, devono puntare su due aspetti fondamentali: «de-stagionalizzazione ampliando l’offerta, la proposta e anche il target di riferimento da un lato, e de-localizzazione diversificando per evitare l’ingolfamento delle grandi città d’arte, l’over tourism o il turismo di massa dall’altro», ha chiarito Casagrande. 

Il Sud «interno»

Un esempio virtuoso arriva dalle aree interne: tra il 2019 e il 2023 hanno visto una crescita degli arrivi turistici del 6,9% contro l’1,3% del resto del Paese, con una permanenza media di 4 notti anziché 3. È una sorta di «effetto Covid» in positivo, un rimbalzo che ha portato maggiore visibilità a territori considerati prima meno attrattivi. E la «riscossa» è guidata da Campania, Puglia e Basilicata. Il riconoscimento della Via Appia apre grandi opportunità di valorizzazione e maggiore attrattività turistica per le aree interne delle quattro regioni attraversate (c’è anche il Lazio) per un totale di 89 Comuni coinvolti. Un mercato in espansione in grado di interessare una specifica e ben profilata tipologia di visitatore. Eccone l’identikit: prevalentemente millennial (nel 46,4% dei casi), laureato (52,4%), con buona capacità di spesa, fortemente attratto dal patrimonio ambientale e attento ai temi della sostenibilità. Altro che turista per caso… 





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