Le province di Padova e Verona sono quelle con il maggior numero di lavoratori domestici del Veneto. In tutta la regione, i lavoratori domestici regolari sono oltre 60mila. E quasi il 50% di colf e il 40% di badanti operano nel Padovano o nel Veronese. I dati sono stati pubblicati dall’Osservatorio Domina sul sesto dossier dedicato al lavoro domestico in Italia. Un report aggiornato agli ultimi dati disponibili, quelli del 2023.
I NUMERI IN REGIONE E IL LAVORO NERO
Il 2,7% della popolazione veneta è coinvolto nel lavoro domestico. I lavoratori domestici regolari registrati nel 2023 in Veneto sono stati 63.641, dato in diminuzione rispetto al 2022 del 9,4%. Le badanti sono il 56,4% del totale e sono in crescita, mentre le colf sono il 43,6%. I datori di lavoro domestico sono 65.101 e sono diminuiti del’8,4% rispetto al 2022.
Sembra però essere un controsenso che i lavoratori domestici diminuiscano mentre la popolazione anziana del Veneto aumenti. La realtà è che non diminuiscono i lavoratori domestici, ma diminuiscono quelli regolari. Il lavoro nero stimato dall’Osservatorio Domina nel lavoro domestico è vicino al 50% e la sua crescita in questi ultimi anni è una conseguenza indiretta del Covid. A causa del lockdown, le famiglie erano state costrette a regolarizzare badanti e colf, che altrimenti non avrebbero avuto giustificazioni valide per superare le regole sul confinamento.
I DATI SUI LAVORATORI E SUI DATORI DI LAVORO
Il 51,3% dei domestici proviene dall’Est Europa e si registra una netta prevalenza del genere femminile (92,3%). L’età media del lavoratore domestico in Veneto è di 52,2 anni e, per quanto riguarda le settimane lavorate, si registra una maggioranza di lavoratori che hanno effettuato meno di 50 settimane (57,3%). Più di un lavoratore su tre opera in convivenza.
Il datore di lavoro in Veneto ha un’età media di 67,5 anni ed è in prevalenza donna (54,1%). Nel 2023 le famiglie in Veneto hanno speso in totale 611 milioni di euro per la retribuzione dei lavoratori domestici, i quali hanno prodotto un valore aggiunto di circa 1,2 miliardi di euro.
LE PROVINCE
A livello provinciale, Padova e Verona registrano il maggior numero sia di colf (rispettivamente 26,5% e 22% del totale regionale) che di badanti (20,6% e 19,6%). Anche in termini relativi, queste province segnano la maggiore incidenza in entrambi i casi: rispettivamente 7,9 e 6,6 colf ogni 1.000 abitanti (media regionale 5,7), 10,4 e 10,3 badanti ogni 100 anziani (media regionale 9,6).
LE PREVISIONI
Le previsioni dei potenziali beneficiari del lavoro domestico nel 2050 (dati Istat) indicano la possibilità di un aumento del 77% degli anziani rispetto al 2023. L’incidenza sarebbe del 14,1% sui residenti veneti totali. In merito alla popolazione infantile, invece, si prevede una diminuzione dell’8,8%. I residenti da 0 a 14 anni conteranno per l’11,6% del totale. La popolazione anziana sarà dunque nettamente maggiore rispetto a quella infantile con evidenti ripercussioni socio-economiche.
IL COMMENTO DELLA CONSIGLIERA REGIONALE BIGON
«I dati dell’Osservatorio Domina sulla presenza delle badanti nella nostra regione, fotografano una situazione che necessita un intervento su più versanti da parte della Regione – ha commentato la consigliera veronese del Partito Democratico Anna Maria Bigon – Sia per limitare il lavoro in nero che per una maggiore formazione delle stesse lavoratrici impegnate in compiti di grande delicatezza. Quei 611 milioni di euro spesi dalle famiglie Venete nel 2023 sono il segnale di un mercato in crescita. E colpisce come un terzo delle badanti lavori in nero, con l’80% di provenienza straniera, principalmente dall’Est Europa. Assumere una badante con contratto nazionale costa alla famiglia 1.500 euro al mese, garantendo un giorno e mezzo di riposo settimanale. Per coprire anche il sabato pomeriggio e la domenica, serve una sostituta, aumentando i costi. In questo contesto, pensando di risparmiare, le famiglie si affidano al lavoro nero, ma non è così. La stagione di regolarizzazione avvenuta con la pandemia ha permesso l’emersione di buona parte delle situazioni di elusione fiscale, ma ora la tendenza sta conoscendo una nuova espansione. In primo luogo bisogna lavorare sulle procedure: servono percorsi prioritari per la regolarizzazione dei contratti, a partire da quelli che prevedono un orario di assistenza limitato, introducendo sgravi contributivi per i datori di lavoro. In secondo luogo, la Regione deve moltiplicare le politiche attive: va ripresa in mano l’assistenza domiciliare, potenziando il servizio e dando un’alternativa vera, pubblica, destinata in modo particolare a coloro che versano in condizioni di difficoltà economica. Un altro tema fondamentale è quello dell’esperienza e dell’età delle badanti. In molti casi si tratta di professioniste che lavorano nel settore da diverso tempo, ma che non hanno mai avuto la possibilità , spesso economica, di seguire una formazione tradizionale. Per questo proponiamo la messa a disposizione di corsi specifici, anche gratuiti, per le operatrici del settore, che stanno garantendo l’assistenza al posto del sistema pubblico».
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