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Comunità energetiche rinnovabili di “seconda generazione”: un cambio di modello è ora possibile verso transizione alle rinnovabili, democrazia energetica e contrasto alla povertà #finsubito prestito immediato

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Il cammino delle Comunità energetiche rinnovabili – dopo una lunga e tormentata  fase legislativa e normativa – si avvia a diventare una delle prospettive più interessante per un cambiamento epocale nella produzione, gestione e condivisione dell’energia

Oltre a contribuire in modo significativo alla transizione energetica verso le fonti rinnovabili,  le Cer sono già oggi indicate come una realtà in grado di contrastare la povertà energetica, promuovere forme di aggregazione, partecipazione e cooperazione, promuovere e attuare una vera democrazia energetica.

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Le Cer cosiddette di “seconda generazione” possono implementare impianti molto più potenti di quanto era possibile nella prima fase  fino ad unire utenti distribuiti su territori molto più estesi.

Questo aumento di estensione territoriale e di potenza installata permette, conseguentemente, il coinvolgimento di molte più realtà differenziate e apre la strada a progetti e tipologie di impianti decisamente più complessi: oltre al fotovoltaico si può iniziare a ragionare anche sull’installazione di impianti eolici e idroelettrici e si possono considerare sistemi di accumulo più complessi come l’idrogeno.

Un percorso normativo lungo e tormentato per il nostro Paese

La lunga strada delle Cer è iniziata con una prima fase transitoria, avviata a fine 2020, inizio 2021, durante la quale vi era un limite significativo sia nella potenza installabile che nel perimetro territoriale entro cui dovevano trovarsi gli appartenenti alla Comunità.

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Durante questa fase infatti era possibile associarsi per condividere l’energia elettrica prodotta localmente da impianti di produzione alimentati da fonti rinnovabili con una potenza massima di 200 kW e con utenze sottese alla medesima cabina secondaria.

Le cabine secondarie sono quei manufatti, posti sulla rete elettrica, in cui la media tensione viene portata a bassa tensione; sono quindi i punti da cui si diramano i cavi che portano l’energia nei singoli edifici e servono in media una settantina di utenze.

(© pixabay)

L’inizio della svolta è avvenuto lo scorso 24 gennaio, quando  è entrato in vigore il decreto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica n. 414 del 7 dicembre 202, dopo anni di ritardo nel recepimento delle normative europee, che di fatto aveva ostacolato  lo sviluppo del settore.

Il decreto, noto anche come Decreto CACER, ha rappresentato un passo fondamentale per lo sviluppo delle Cer perché recepisce le disposizioni precedenti e individua due strade per incentivarne fortemente la diffusione nel nostro Paese: da una parte un contributo a fondo perduto che può raggiungere il 40% dei costi ammissibili rivolto alle configurazioni di autoconsumo collettivo e alle Cer realizzate in comuni sotto i 5mila abitanti e dall’altra una tariffa incentivante su tutta l’energia rinnovabile prodotta e condivisa valida su tutto il territorio nazionale .

“L’entrata in vigore della disposizione” si legge sul Piano nazionale Integrato per l’energia e il clima del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica di giugno  “determina un rilevante impulso alla diffusione dell’autoconsumo e delle comunità di energia rinnovabile, ipotizzabile nella realizzazione di circa 5 GW incrementali entro il 2027”.

Il lungo percorso che ha portato all’avvio definitivo della stagione delle Cer di seconda generazione si è concluso poi l’8 aprile 2024, quando il Gestore dei servizi energetici (Gse) ha aperto il portale online per l’invio delle richieste dei contribuiti previsti. Con quest’ultimo fondamentale passo, infatti, i progetti possono completare tutto il loro iter e arrivare a compimento.

Con le ultime disposizioni è possibile avviare, con gli incentivi, Cer in cui viene condivisa l’energia elettrica prodotta da impianti con potenza fino a 1 MW che alimentano utenze sottese alla medesima cabina primaria.

Le cabine primarie sono quei manufatti in cui l’alta tensione viene portata a media tensione; sono quindi i punti in cui la rete di distribuzione dell’energia elettrica si interconnette con la rete di trasmissione nazionale in alta tensione. Ogni cabina primaria può alimentare tra le 200 e le 300 cabine secondarie.

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Ora si apre la possibilità di un cambio di paradigma

Sebbene il percorso sia ormai ben definito siamo però solo nella fase iniziale di quello che potrebbe diventare un vero e proprio cambio di paradigma nel mercato dell’energia. Le Cer sono esperienze ancora molto giovani che necessitano fisiologicamente di un periodo di sperimentazione per capire quali siano le soluzioni e i meccanismi corretti da applicare e implementare su vasta scala.

Il principio di base dovrebbe comunque rimanere quello di tarare le tecnologie adottate sulle reali necessità della comunità intorno alla quale si costituisce la Cer: più è ampia e complessa la comunità aggregante più si possono valutare sistemi e tecnologie complesse.

In questa fase risultano fondamentali la formazione e l’informazione perché i soggetti interessati dalla possibilità di creare una Cer (cittadini, piccole e medie imprese, enti territoriali e autorità locali, le cooperative, gli enti di ricerca, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale) sono sempre stati, generalmente, soggetto passivo nel mercato energetico mentre con questo nuovo modello diventano soggetto attivo.

I soggetti costituenti una Cer si devono attivare, si devono informare e formare, devono condividere idee, progetti e impianti, devono investire somme importanti e devono infine, una volta avviati, gestire gli impianti, l’energia e i relativi proventi in maniera condivisa.

Oltre agli aspetti tecnici, pratici e burocratici si aprono, inoltre, i temi delle responsabilità dei soggetti promotori e delle garanzie per gli investimenti e i finanziamenti: le Cer sono soggetti giuridici nuovi ed è necessario trovare delle garanzie adeguate per gli istituti finanziari.

Risulta quindi evidente la necessità di studiare e dare visibilità alle iniziative che stanno funzionato meglio, analizzarle nella loro interezza e replicarne le caratteristiche in base alle necessità.



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