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Alla 26ª edizione della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, tenutasi a Paestum dal 31 ottobre al 3 novembre, il Parco Archeologico dell’Appia Antica ha celebrato un importante traguardo: i tre mesi dall’inserimento della Via Appia nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO. Per l’occasione, il parco ha presentato progetti di valorizzazione dedicati a questa storica strada.

Un racconto fotografico di viaggio lungo la Via Appia 

Il panel, intitolato “Via Appia. La strada che ci ha insegnato a viaggiare. Da Roma a Brindisi, un racconto per immagini e parole per celebrare la Regina Viarum,” ha offerto un’intensa narrazione visiva e storica del percorso della Via Appia. L’incontro ha visto la partecipazione di Simone Quilici, Direttore del Parco Archeologico dell’Appia Antica, Lorenza Campanella, Funzionario per la promozione e comunicazione del parco, e Andrea Frazzetta, fotografo e autore delle straordinarie immagini che immortalano la “Regina Viarum” nel suo viaggio da Roma a Brindisi.

Frazzetta ha raccontato l’emozione di attraversare questa antica via e di documentarne la bellezza senza tempo per National Geographic. Le sue fotografie, realizzate durante il cammino, mostrano scorci unici, paesaggi che rendono la Via Appia un simbolo dell’identità culturale e paesaggistica italiana. “La Via Appia – ha dichiarato Frazzetta – non è solo un’antica strada romana, ma un filo che attraversa secoli e luoghi, un legame tra passato e presente. Raccontarla per immagini è stato un viaggio nei meandri della nostra storia”.

La camera immersiva di Capo di Bove: un’esperienza senza precedenti

Oltre alla narrazione fotografica, il parco ha presentato un innovativo progetto di valorizzazione: la camera immersiva del sito di Capo di Bove. In questa sala, tramite una proiezione e un racconto in cuffia, i visitatori possono immergersi in un’esperienza unica al mondo che li trasporta indietro nel tempo.

L’intervento ha ricevuto grande apprezzamento da parte del pubblico della BMTA, confermando l’interesse crescente verso progetti che uniscono archeologia, valorizzazione del patrimonio e nuove tecnologie. Grazie a queste iniziative, il Parco Archeologico dell’Appia Antica mira a rendere sempre più accessibile e coinvolgente la scoperta di una delle strade più importanti della storia antica, continuando a celebrare il suo valore universale.

L’intervista a Simone Quilici (Direttore del Parco Archeologico dell’Appia Antica)

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BMTA 2024. Lei è stato presente come Direttore del Parco Archeologico dell’Appia Antica, ed è intervenuto durante il panel “Via Appia Antica. La strada che ci ha insegnato a viaggiare. Da Roma a Brindisi, un racconto per immagini e parole per celebrare la Regina Viarum.” Ci può fare un riassunto?

“Siamo venuti qua a festeggiare il riconoscimento UNESCO avvenuto quest’anno grazie all’inserimento all’interno dei siti patrimoniali dell’umanità dell’Appia nel suo intero tracciato da Roma a Brindisi. Questo riconoscimento è avvenuto a luglio di quest’anno dopo una riunione che si è tenuta a Nuova Delfi da parte dell’UNESCO. Per questa occasione, abbiamo deciso di organizzare una mostra immersiva attraverso le fotografie di Andrea Frazzetta, un reporter della National Geographic, in cui mostra il suo viaggio. Andrea Frazzetta ci ha raccontato di come la redazione della National Geographic a Washington fosse rimasta anche molto sorpresa di come questa strada antica che loro pensavano in qualche modo morta e abbandonata in realtà è ancora viva. Paolo Rumiz ha scritto una serie di articoli e poi li ha raccolti in un volume dal nome Appia, nel 2015 ha riacceso i riflettori sul suo intero percorso. Si parla molto del tratto romano perché è stato musealizzato nell’ottocento, diventando oggetto nelle raffigurazioni dei viaggiatori del Grand Tour quando stavano a Roma. Però, l’Appia, riserva tantissime sorprese in tutte le regioni che sono quattro: Lazio, Campania, Basilicata e Puglia. È un territorio immenso, sono più di 500 km che diventano 900 se contiamo anche le diramazioni e la variante traiana. È una delle vie più estese, uno dei più estesi sito UNESCO a livello mondiale peraltro è il sessantesimo sito più grande UNESCO italiano. È un primato che l’Italia conserva, ed è la prima strada antica romana ad essere riconosciuta come sito patrimonio romano. La Regina Viarum, la regina delle strade. Si è dovuto lavorare molto, è stata una candidatura portata avanti dal Ministero direttamente, che ha coinvolto le sovrintendenze del sito, le università, le comunità locali, i sindaci che finalmente hanno cominciato a credere in questa potenzialità di sviluppo locale per il turismo. Un turismo, che sarà per definizione sostenibile perché su un territorio così esteso come Roma c’è il rischio di over tourism. Il progetto dell’API è anche un progetto complementare a quello del riconoscimento.”

Quanto si ritiene soddisfatto del lavoro che sta svolgendo e che domanda avrebbe voluto ricevere che non ha mai ricevuto riguardo a questo argomento? 

“Non bisogna mai essere soddisfatti, non bisogna mai sedersi sugli allori.

La domanda, potrebbe essere cosa c’è da fare, e c’è da fare tantissimo. C’è da continuare a conservare quello che rimane e continuare a conoscere meglio. Fare scavi, cosa che si è fatta perché tra il progetto del cammino e il progetto della candidatura UNESCO, sono stati stanziati milioni di euro anche per gli scavi per andare a rintracciare il percorso là dove non si conosce. Se in alcuni tratti come quello romano c’è la storia della conoscenza dello scavo,  ormai in altri tratti l’Appia invece è una storia di abbandono. In alcuni casi, non si sa neanche bene dove passasse, per esempio c’è chi dice che passasse anche nel tratto Irpino, nella zona di Mirabella e Clano di Loccaglia e di Frumeri, ci sono diverse ipotesi interpretative che distano anche di chilometri una dall’altra. C’è ancora tanto da fare in termini di conoscenza. C’è da fare tanto per la gestione di questo territorio per far vivere questi luoghi. Per esempio, nel Parco dell’Appia organizziamo concerti di teatro, cinema, danza tutto ciò che può far vivere questi luoghi lo facciamo, non abusandone, ma usando questi luoghi in modo rispettoso e ospitando attività. Abbiamo organizzato un concerto con più di due mila persone con Vinicio Capossela, e devo dire che il pubblico è stato molto rispettoso. Capossela ha dedicato il concerto all’Appia stessa.”

Cosa pensa lei rispetto alla valorizzazione dell’archeologia? 

“Tutto ciò è incendibile dalla conservazione e dalla tutela, non ci sono dubbi. La valorizzazione a volte viene confusa con una valorizzazione meramente economica e finanziaria che è un concetto peraltro anche ben spiegato dal codice dei beni culturali. Riguarda soprattutto la conoscenza e la possibilità di fruizione, l’estensione del livello di consapevolezza da parte dei cittadini, dei residenti e dei visitatori dei valori culturali e dei luoghi. Questa è una valorizzazione di tipo culturale che consente di conoscere il proprio patrimonio, l’eredità come dicono gli inglesi o il patrimonio come dicono i francesi, questa è la valorizzazione ed fondamentale, perché il patrimonio non è tale come ce lo insegnano le organizzazioni internazionali UNESCO, in particolare attraverso la convenzione di Faro e il concetto di comunità di eredità o comunità di patrimonio. Il patrimonio non è tale se non è riconosciuto dalle popolazioni, dai cittadini, Perché conserviamo le cose? Non c’è un valore in un empirio astratto, tutto è legato al riconoscimento di quel valore da parte dei cittadini, altrimenti non avrebbe senso conservare le cose. Non è una questione di sensibilizzare i cittadini, direi che ormai è viceversa, le istituzioni devono anche fotografare quali sono i valori che cambiano nel tempo. La società è più dinamica, l’amministrazione si deve adeguare, deve assecondare o in alcuni casi ovviamente incanalare un senso positivo di sostenibilità che è il tema principale che ci circonda”.

Progetti futuri?

“Siamo venuti ad illustrare il progetto ULS, dalla città alla campagna romana, che ci vede gemellati con il Museo Nazionale Romano per ricostruire quel rapporto che si era un po’ interrotto. Riprendere i contesti, i luoghi e l’evoluzione delle opere, ad esempio, le tante statue che venivano dall’Appia scavate tra il settecento e l’ottocento soprattutto dai Torlonia, ma anche tanto altro. Il patrimonio mobile è conservato all’interno delle sedi del Museo Nazionale Romano, adesso riportare queste opere, questi oggetti nel loro luogo di origine, nella campagna non è più possibile, anche dal punto di vista conservativo. Però, attraverso le tecnologie e con un museo virtuale che si chiama “Movie Appia”, siamo riusciti a ricostruire il rapporto tra contesti e opere, grazie alle scansioni 3D e la realtà aumentata e virtuale dei contesti. Con la tecnologia si possono ricostruire le connessioni che creano poi i valori culturali dei beni. Noi abbiamo due direttrici principali una è la via Appia che è manualizzata già dall’ottocento, ma c’è anche la via Latina, che è un’altra  importantissima strada antica romana che non ha avuto la stessa fortuna, la ritroviamo a pezzi qua e là all’interno del tessuto urbano con anche delle isole felici, come il parco delle tombe della via Latina che è un bellissimo parco pubblico. Abbiamo una serie di elementi archeologici che puntellano questa strada che rimane qua e là all’interno di una periferia. Il nostro futuro è la riqualificazione urbana, questa è un po’ l’idea di fondo del nostro progetto URBS che ha anche la funzione di riqualificare le periferie e riconnetterle col centro in un rapporto osmotico.”

Se dovesse fare uno spot sui nuovi scavi?

“Vi stupiremo con effetti speciali alla Villa di Sette Bassi che è una villa importante quasi quanto la Villa Adriana Tivoli o la nostra Villa di Quintini che abbastanza conosciuta. Ma c’è ancora tanto da fare, perché in quel luogo stiamo scavando 4 metri di profondità e sta uscendo fuori la magnificenza e la grandiosità di strutture d’epoca antica e tardo antica che bloccano il fiato letteralmente, quindi vi stupiremo.”

© RIPRODUZIONE RISERVATA





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