La premier Giorgia Meloni è indagata dalla procura di Roma per favoreggiamento e peculato per il rimpatrio del Comandante della prigione libica di Mittiga, Osama Njeem Almasri.
Ad annunciarlo è la presidente stessa in un video pubblicato su Facebook nel pomeriggio di martedì 28 gennaio: «La notizia del giorno è che il procuratore della a Repubblica Francesco Lo Voi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona, mi ha appena inviato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino libico Almasri».
«Avviso di garanzia – prosegue Meloni – che è stato inviato anche ai ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e al sottosegretario Alfredo Mantovano, presumo a seguito di una denuncia che è stata presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex politico di sinistra, molto vicino a Romano Prodi, conosciuto per aver difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi».Â
Non sono ricattabile
La premier subito dichiara: «Vale oggi quello che valeva ieri: non sono ricattabile e non mi faccio intimidire. Avanti a testa alta e senza paura».
Il caso Almasri
I fatti riguardanti Almasri sono «abbastanza noti», ricostruisce la leader di FdI nel video. La corte penale internazionale dopo mesi di riflessione emette un mandato di arresto internazionale nei confronti del capo della polizia giudiziaria di Tripoli: «curiosamente la Corte lo fa quando questa persona stava per entrare nel territorio italiano dopo che aveva serenamente soggiornato per circa 12 giorni in altri 3 Stati europei».Â
La richiesta della Cpi «non è stata trasmessa al ministero italiano della Giustizia come invece previsto della legge e per questo la Corte d’appello di Roma decide di non procedere alla sua convalida».Â
A questo punto «piuttosto che lasciare libero questo soggetto noi – evidenzia Meloni – abbiamo deciso di espellerlo e rimpatriarlo immediatamente per ragioni di sicurezza con un volo apposito come avviene in altri casi analoghi». E questa «è la ragione per cui la Procura indaga me, il sottosegretario Mantovano e due ministri» ha concluso la premier. Â
Le reazioni della politica
Immediata la reazione dei leader del centrodestra, che si sono schierati contro la Procura di Roma in difesa della premier. Antonio Tajani ha dichiarato sui social: «Sono dalla parte di Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi, di Nordio e di Mantovano. Difendo la separazione dei poteri e condanno scelte che suonano come una ripicca per la riforma della giustizia».Â
Nettamente più aspre le parole di Matteo Salvini: «Vergogna, vergogna, vergogna. Lo stesso procuratore che mi accusò a Palermo ora ci riprova a Roma con il governo di centrodestra. Riforma della giustizia, subito!».
Dall’altra parte del continuum politico, Matteo Renzi (Italia Viva) ha definito il rimpatrio di Almasri «un errore clamoroso e marchiano sotto il profilo politico», aggiungendo che invece «sul punto di vista giudiziario non mi esprimo. Non tocca a me giudicare e sono sinceramente garantista». Però secondo lui, Meloni vuole «cavalcare questo avviso di garanzia – che è un atto dovuto – per alimentare il suo naturale vittimismo».
Anche Carlo Calenda, leader di Azione, ha dichiarato che «su Almasri il governo italiano ha combinato un disastro, raccontando un mare di balle agli italiani», ma che indagare la presidente del Consiglio per questa ragione «è surreale e non accadrebbe in nessun altro Paese occidentale». In questo modo «riacutizza lo scontro tra poteri dello Stato».
Informativa al Senato per il rimpatrio di Almarsi
L’avviso di garanzia arriva alla vigilia di una informativa, prevista per mercoledì 29 gennaio in Senato, dei ministri della Giustizia Carlo Nordio e dell’Interno Matteo Piantedosi proprio sul caso dell’arresto, del rilascio e del rimpatrio di Almasri, ricercato dalla Corte penale internazionale dell’Aia per crimini di guerra e contro l’umanità .
Da notare inoltre che l’Associazione nazionale magistrati ha accusato Nordio di non aver risposto alle sollecitazioni della Corte d’appello di Roma, consentendo, di fatto, il rilascio del libico. (riproduzione riservata)
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