IL FOCUS. PRIMA PUNTATA. Ecco perché, secondo noi, il Comune di CASERTA va sciolto. Gli anni di Ecocar, la camorra laterale e una città in mano a Peppe la porchetta e una pletora di camorristi. LE PROVE

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Iniziamo oggi un giro di orizzonte con articoli circostanziati finalizzati a dimostrare che i motivi, stabiliti dalla legge, per procedere allo scioglimento di un Comune o di un qualsiasi altro ente pubblico, sono pienamente integrati nelle vicende della città capoluogo. Oggi cominciamo con la monnezza, poi proseguiremo con i parcheggi e tante altre vicende in cui i soggetti legati ai clan hanno condizionato la realizzazione o non realizzazione di atti amministrativi

CASERTA (Gianluigi Guarino) – Partiamo da una frase che spesso connota gli incipit dei nostri articoli: “Chiariamo subito un fatto”. Mai come in questo caso, si tratta di un’azione reale e non di un nostro intercalare rituale, perché questa frase è ciò che in gergo si definisce “la chiave dell’acqua”. Chiariamo dunque che lo scioglimento per infiltrazioni della malavita organizzata di tipo mafioso o similare è un atto di “alta amministrazione”, ossia proveniente direttamente dal governo nazionale.

Come tale, è caratterizzato da un’ampia discrezionalità, giustificata dall’alta potestà svolta dal consiglio dei ministri e dal fatto che uno scioglimento per infiltrazioni della malavita organizzata esisterà solo quando il presidente della Repubblica firmerà un suo decreto.

Attenzione, massima concentrazione in modo da ragionare bene sul caso di Caserta capoluogo: per giungere allo scioglimento non è necessario che siano stati commessi reati perseguibili penalmente o che possano essere disposte misure di prevenzione di tipo cautelare.

È sufficiente che affiori una possibile, ripetiamo pos-si-bi-le, soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata. Ergo, appartiene al novero delle fattispecie che conducono allo scioglimento di un’amministrazione comunale anche il fatto che Carlo Marino, sindaco di Caserta, sia stato una vittima messa in soggezione da elementi ascrivibili al novero o agli ambienti laterali della criminalità organizzata.

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Gli indizi raccolti da una commissione d’accesso, che dunque non deve raccogliere prove, bensì indizi, che sono un’altra cosa, devono essere documentati, concordanti tra loro e autenticamente indicativi dell’influenza del crimine organizzato sull’amministrazione comunale.

Ciò presuppone una puntuale analisi della legittimità degli atti amministrativi adottati dall’ente locale.

Ancora una volta massima attenzione: si può prescindere dalla prova rigorosa dell’accertata volontà degli amministratori di assecondare le richieste della criminalità.

E qui il concetto si ribadisce: basta che esista una situazione tale da attivare o anche da impedire dinamiche amministrative che vadano a favore di elementi appartenenti direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata o che ne fanno gli interessi, per procedere allo scioglimento. Il legislatore non ha voluto mettere alla gogna un sindaco, degli assessori, dei consiglieri comunali, dei dirigenti o degli impiegati, ma si limita a certificare situazioni che si sono registrate, stabilendo che quelli sono atti che denotano l’esistenza di una infiltrazione criminale nell’apparato amministrativo.

Esistendo un condizionamento delle attività della parte politica, ma anche di quella burocratica, ossia dell’apparato amministrativo costituito da un segretario comunale e, per l’appunto, da dirigenti e impiegati, in ragione delle rilevanti responsabilità e competenze attribuite alla burocrazia locale dalla legislazione vigente, ricorrono le condizioni per lo scioglimento di un Comune, di un’amministrazione provinciale o di un qualsiasi altro ente pubblico, così come successo a Caserta in passato con l’azienda ospedaliera “Sant’Anna e San Sebastiano”.

Ci siamo sulla premessa? Non è che oggi ci arrivano altri messaggini che tradiscono l’idea che per sciogliere un Comune occorrano dieci blitz delle forze dell’ordine, altrettante ordinanze e una trentina di condanne? Quello è il Diritto Penale, questo qui è il Diritto Amministrativo, integrato da norme specifiche per la questione delle attività di potestà inquinate dalla criminalità organizzata. Non serve arrivare alle prove provate, non serve certificare che i camorristi siano entrati con i kalashnikov o con le pistole negli uffici del Comune.

Occorrono indizi documentati che l’attività amministrativa di un ente pubblico sia stata, anche in un solo settore o in due settori su dieci, condizionata dal timore che un sindaco, un assessore, un consigliere, il segretario comunale, un dirigente o un impiegato abbiano nutrito nel momento in cui sono stati chiamati a svolgere la loro funzione distorcendola rispetto a quello che sarebbe stato un normale sentiero di legalità. Insomma, basta una riserva mentale.

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IN PRINCIPIO FU LA MONNEZZA, ECOCAR E DINTORNI – Se lo scioglimento dipendesse solamente dalle zone d’ombra e da tutto quello che, a nostro avviso, è rimasto impunito nella relazione tra la gestione del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani nella città capoluogo e il Codice Penale, questa amministrazione, ma per certo anche la precedente di centrodestra di Pio Del Gaudio, avrebbero dovuto subire, alla stregua di ciò che abbiamo scritto in premessa, provvedimenti di scioglimento veloci, ad horas. Si è, infatti, visto di tutto, finanche il passaggio della gestione (avvenuta durante l’amministrazione Marino) tra due soggetti giuridici completamente differenti tra loro, con uno di questi, il Consorzio Ecocar, che da un giorno all’altro, per editto del dirigente Franco Biondi e non per il normale espletamento di una gara, ha passato il servizio ad Ecocar Srl, soggetto giuridico differente per partita Iva e per governance.

Ma qui dobbiamo ragionare su piani diversi, ossia su possibili condizionamenti della criminalità organizzata. Già ai tempi di Del Gaudio, questo giornale ha fatto riferimento, anzi ha pubblicato perché allora si poteva (ben prima dell’avvento della Cartabia) stralci di ordinanze, chieste ed ottenute dalla Dda di Napoli, in cui qualche pezzo importante di quella amministrazione e di quel consiglio comunale si poneva un problema specifico sedendosi a tavolino con esponenti che per noi e anche per la magistratura risultavano associati al clan Belforte.

DA ANGELO GRILLO A ECOCAR: UN PASSAGGIO “RAGIONATO” – Riunioni che servivano a decidere un cambiamento di strategia all’indomani dei primi problemi attraversati da Angelo Grillo, imprenditore del settore delle pulizie (condannato all’ergastolo addirittura per omicidio), protagonista dell’ordinanza che portò all’arresto anche dell’ex vicesindaco Enzo Ferraro per un appalto al Belvedere di San Leucio, marcato Dda.

Ma Angelo Grillo era entrato in grande stile anche nel settore dei rifiuti e sembrava destinato ad assumere il controllo della gestione Rsu nella città di Caserta. Probabilmente in quella riunione, di cui fa menzione un’ordinanza, il nome di Ecocar fu millantato. Lo fu fino a prova contraria, fatto sta che questa azienda, dopo la nota vicenda che coinvolse il dirigente di allora Carmine Sorbo con i suoi incontri “particolari” nelle campagne di Pozzuoli, vinse la gara dopo “la squalifica” ossia la revoca dell’aggiudicazione provvisoria all’impresa Falzarano di Airola, che nelle campagne di Pozzuoli aveva passeggiato, forse inutilmente, con il Sorbo. E lì iniziò tutto.

LA ECOCAR A RIPETIZIONE DA COSE DI CAMORRA – Da Il Gazzettino del Golfo (di Gaeta) di 11 anni fa: Interdittiva Antimafia alla Ecocar. A Gaeta ha vinto l’appalto rifiuti e a Minturno lavora in proroga.

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Il giornale pontino faceva riferimento a un’interdittiva partorita dalla Prefettura di Roma e trasmessa a quella di Caserta. Al riguardo, come atto dovuto, ciò si scriveva su atti ufficiali del Comune capoluogo: “Il Comune di Caserta ha avviato le procedure per la risoluzione del contratto con l’Ecocar Ambiente, che effettua il servizio di igiene urbana nel capoluogo colpito da interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Caserta”.

MA LA DDA DI ROMA NON CI CREDE E CHIEDE DI PROCESSARE ECOCAR E CARMINE SORBO – Solo chiacchiere. Al riguardo scriveva, nel 2016, un Gip del Tribunale di Roma in riscontro a una richiesta della DDA: “Il Comune di Caserta, dopo aver ricevuto il 16 giugno 2014 da parte della LOCALE Prefettura, comunicazione dell’interdittiva Antimafia emessa dalla Prefettura di Roma nei confronti della società Eco.Car Srl, seppur provvedeva a risolvere il contratto e ad indire nuova gara, tuttavia, procrastinava le operazioni di gara per l’affidamento definitivo del predetto servizio, di fatto lasciando che la Eco.Car. continuasse a svolgere il servizio prorogandone l’affidamento provvisorio ed evitando di sollecitare le misure di cui all’art.32 del D.L. 24 giugno 2014, n.90. convertito in legge 11 agosto 2014, nn.114, ossia la nomina di Amministratori prefettizi. Epilogo peraltro paventato da Antonio Deodati in una conversazione telefonica (…)”.

Noi sottolineiamo sempre con la stessa formula le parti significative di questo articolo, invitandovi a confrontarle con i contenuti della nostra premessa: massima attenzione. La Dda di Roma, con l’avallo in prima battuta del Gip, formula un capo di imputazione provvisorio nei confronti di Antonio Deodati, patron di Ecocar, di Antonio Nocera, stretto collaboratore di quest’ultimo, e dell’allora dirigente Carmine Sorbo, che lo è stato anche durante il periodo di Carlo Marino, in quanto, così era scritto nell’ordinanza, ai sensi dell’articolo 318 (corruzione) commessa in concorso (art.110) e con l’aggravante che al tempo era ancora indicata con l’articolo 7 della legge 203/91, divenuto poi art. 416 bis – ipotizzata solo per Deodati e Nocera – avevano realizzato il disegno che abbiamo illustrato, ossia rallentare l’effettuazione della gara d’appalto.

Ora tenete conto che questa Ecocar, la quale – ripetiamo ancora – per le normative sugli scioglimenti dell’amministrazione comunale non deve essere condannata da un Tribunale Penale, bastando una serie di comportamenti – aggiungiamo noi reiterati, in considerazione delle volte in cui finisce, a causa di due interdittive e di procedimenti penali nel meccanismo delle presunte relazioni con la criminalità organizzata – è stata a Caserta protagonista di tutto fino al 2021, vivendo i suoi momenti di maggiore fulgore e di una attività di copertura, la cui titolarità è transitata nel tempo dal dirigente Carmine Sorbo a Franco Biondi passando per il breve periodo di Marcello Iovino.

In questo gioco di ipocrisia, di parole e di falsi scopi, il Comune di Caserta, sempre in occasione dell’interdittiva antimafia a Ecocar del 2014 ci tenne a sottolineare (sempre attraverso i soliti dirigenti di allora e in parte di oggi) che l’affidamento originario, ossia quello dell’autunno 2012, era stato assegnato tramite Stazione Unica Appaltante.

A posteriori aggiungiamo che c’era proprio poco di cui vantarsi, visto che il tempo e le inchieste giudiziarie che hanno travolto quella Sua hanno dimostrato, come da noi sempre sostenuto, che la stessa rappresentava solo l’esplicazione di un metodo di trasferimento apparente (le inchieste hanno dimostrato l’esistenza di cointeressenze tra gli enti) della turbativa d’asta dagli uffici dei Comuni agli uffici della Sua.

Al tempo Ecocar impiegava al suo interno il già citato vicesindaco Enzo Ferraro (passato poi armi e bagagli dal centrodestra all’appoggio a Marino, non a caso), un consigliere comunale di maggioranza, ecc., poi ci sono stati i pronunciamenti del Tar e la storia è nota.

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ECOCAR, LA NUOVA INTERDITTIVA E I CAMORRISTI DI CASERTA – Anno per anno, Ecocar consolida la sua posizione in città assumendo e dando incarichi dirigenti a soggetti tipo Giuseppe Zampella, appartenente a una famiglia di noti pregiudicati, non certo lontani dai gruppi che in città, a partire dai Capone, dai Rondinone e dai Della Ventura, hanno rappresentato e rappresentano ancora il clan Belforte a Caserta, com’è scritto e dimostrato in diverse di ordinanze Dda.

Ecocar continua a ballonzolare sul crinale camorra-non camorra.

Ad inizio 2019 arriva infatti una seconda interdittiva antimafia, proprio nel periodo in cui Ecocar batteva tutti i record di proroghe gentilmente concesse da Biondi, Sorbo e company. Addirittura per 13 milioni di euro complessivi, un importo maggiore di quello previsto a fine 2012 dalla gara originaria.

Noi scrivemmo un editoriale amaro e desolato il 2 gennaio 2019 (CLICCA E LEGGI) così intitolato: Ecocar interdetta antimafia, un anno di proroghe. A Caserta c’è un nuovo ordinamento e la Prefettura non ha più motivo di esistere.

Eravamo nel pieno della prima amministrazione di Carlo Marino e le relazioni tra Ecocar e ambienti intranei e contigui alla criminalità organizzata crescevano nella stessa misura con la quale questa azienda romana, colpita anche da un’indagine giudiziaria della DDA in Sicilia, si radicava a Caserta sotto il comando sempre crescente della famiglia Zampella, tutti assunti, coordinata da Giuseppe Zampella detto “Peppe la Porchetta”.

Di nuovo diciamo: massima attenzione. La conformazione di Ecocar va coniugata al numero impressionante di violazioni e di mancata attuazione dei contenuti del contratto con il Comune. Casertace scrive addirittura 13 puntate di un’inchiesta la quale dimostra che non c’è una sillaba del capitolato d’appalto rispettato e ciò, dicemmo allora e diciamo oggi, è frutto di una organizzazione interna basata sui sistemi di soggetti ripetiamo, intranei o vicini alla camorra. Nel momento in cui nessuna o pochissime contestazioni formali il Comune formula rispetto a queste inadempienze, si attuano a nostro avviso tutte le condizioni che integrano ciò che le norme prevedono affinché l’infiltrazione camorristica debba essere considerata altamente condizionante sull’attività o non attività delle strutture interne di un ente pubblico.

Tutto il periodo casertano di Ecocar ma soprattutto quello della sindacatura di Marino è stato connotato da influenze ben precise, visibili di famiglie collegate alla criminalità organizzata. Basta scorrere gli elenchi dei dipendenti, di quelli a tempo indeterminato e non parliamo proprio degli stagionali. Ecocar è stata una cinghia di trasmissione della politica locale, delle amministrazioni comunali, soprattutto di quella di Carlo Marino.

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Ordinanze, interdittive antimafia, elenco di dipendenti pieni di pregiudicati, di mogli di boss: questi sono fatti, non parole.

Le strade della città, a causa della protezione che l’amministrazione comunale ha garantito, fin quando ha potuto, a queste modalità di azione e organizzazione, sono state preda di criminali incalliti o di loro diretti congiunti. Ripetiamo, non chiacchiere ma documenti di interdittive, ordinanze ed elenchi di dipendenti.



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