Crisi dell’auto, l’idea di Urso: convertire il settore alle armi


Le auto non si vendono più? Trasformiamole in bombe. Se Giorgia Meloni si agita per avere un ruolo in Europa nelle tensioni tra Stati Uniti e Usa, i suoi ministri hanno già deciso che, in fin dei conti, il progetto di riarmo di Ursula von der Leyen può rivelarsi conveniente in molti campi. Si perderebbe un punto di Pil, certo, ma uno dei vantaggi lampanti dell’economia di guerra è che distrae dai disastri in quella reale. Questo deve aver pensato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, quando le troppe crisi industriali cominciavano a scappargli di mano. E quindi ieri, non potendo comunicare ai sindacati grandi avanzamenti sul fronte dell’automotive, ha provato a sviare.

«SIAMO UN GOVERNO responsabile: il nostro obiettivo è mettere in sicurezza le imprese e tutelare i lavoratori per questo – ha detto Urso – incentiviamo le aziende della filiera a diversificare e riconvertire le proprie attività verso settori ad alto potenziale di crescita come la difesa, l’aerospazio, la blue economy, la cybersicurezza». Insomma, non è il governo a essere incapace di prendere rimedi contro la crisi del settore, schiacciato tra il disimpegno di Stellantis e la lentezza nella conversione green: a gennaio in Italia sono state prodotte circa 10.800 auto con un calo del 63,4% sullo stesso mese del 2024 (dati Anfia). Per Urso sono le imprese a doversi decidere a innovare dirigendosi verso i «comparti in forte espansione e ad alta redditività». Come l’industria bellica, appunto.

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MA URSO non è un cuor di leone. Le prime dichiarazioni sul tema sono state quelle del ministro delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, che solo due giorni fa aveva detto di essere interessato alle «ricaduta in termini di crescita economica» che comporterebbe la riconversione dell’automotive al sistema della difesa. Così ieri Urso ha lanciato il sasso. E nascosto la mano. Non è ai partecipanti al tavolo (sindacati e regioni) che ha comunicato l’intenzione di aprire un nuovo programma per «governare la riconversione industriale» ma solo ai giornalisti, alla fine dell’incontro.

Immaginava, a ragione, la reazione degli astanti che infatti è arrivata a stretto giro. Una scelta di cui «non vogliamo neanche discutere – ha dichiarato la Fiom Cgil -, assurda dal punto di vista etico, industriale e occupazionale». «È un piano non realistico, al di là di ogni considerazione di carattere politico e morale», anche per la Uilm, mentre la Fim-Cisl si è detta, come sempre, «favorevole a cogliere opportunità».

CHI HA USATO invece espressioni non dissimili a quelle della Fiom è stata l’opposizione. La capogruppo di Avs alla Camera, Luana Zanella, ha parlato di «trovata agghiacciante per la sua mancanza di etica e priva di un ragionamento economico». L’escamotage di Urso è una «follia» anche per i 5S. Il governo, ha ricordato la deputata pentastellata Chiara Appendino, «ha già tagliato 4 miliardi al fondo automotive, ha bloccato transizione 5.0 rendendo 6 miliardi inutilizzabili per le imprese e ha tagliato incentivi fiscali come l’Ace, ora davanti alla produzione che crolla da 24 mesi consecutivi vuole incentivare le aziende a produrre armi».

AL TAVOLO invece, di concreto, il ministro non ha detto granché, a parte annunciare 2,5 miliardi di euro di investimenti nel triennio 2025-2027 ma solo nella filiera della componentistica. «Risorse insufficienti, anche a fronte del taglio dell’80% al fondo con la legge di stabilità – ha contestato Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom – servono fondi pubblici condizionati alla tutela occupazionale dato che la crisi è stata scaricata sui salari dei lavoratori». Quanto a Stellantis, Urso al tavolo ha lodato l’azienda perché a suo dire ha intrapreso «un significativo cambio di rotta: ha assicurato la permanenza in produzione di tutti gli stabilimenti e dell’occupazione», con la promessa di investire 2 miliardi, parole che indicano la volontà del governo di distendere i rapporti con Elkann, atteso alla Camera il 19 marzo.

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IN VISTA DELL’AUDIZIONE sono state organizzate diverse iniziative di mobilitazione: la Fiom ha lanciato una raccolta firme negli stabilimenti Stellantis per rivendicare «strumenti per l’integrazione salariale», mentre Sinistra Italiana e M5S manifesteranno a Torino, davanti Mirafiori, insieme al gruppo europarlamentare The Left.



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