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Dalle concessioni al fattore Airbnb, le storie infinite


09 Ottobre

07:00
2024


da Andrea Lovelock
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Tutto bene, o quasi, per il turismo italiano che si appresta a chiudere una stagione in decisa ripresa. Ma purtroppo per il settore ci sono ancora vicende e incognite che si sperava di risolvere, che risultano tuttora “nervi scoperti”, tanto per il governo, quanto per le categorie interessate. Andiamo con ordine.

BALNEARI, IL NODO RESTA

Nella controversa vicenda della riforma delle concessioni balneari il governo ha scelto la strada del “compromesso compromettente”, nel senso che ha trattato con l’Unione europea una via d’uscita che scontenta tutti, dagli imprenditori balneari agli albergatori. Il decreto, varato nelle scorse settimane dal Consiglio dei ministri, prevede l’estensione della validità delle attuali concessioni fino al settembre 2027, l’obbligo di avviare le gare entro giugno dello stesso anno, mentre la durata delle nuove concessioni andrà da un minimo di 5 a un massimo di 20 anni, per permettere al concessionario di ammortizzare gli investimenti effettuati, e assicurare l’assunzione di lavoratori impiegati nella precedente concessione.

balneari da adobe

Inoltre, l’indennizzo per il concessionario uscente a carico del subentrante, valutato tramite perizia asseverata di un professionista, a remunerazione degli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni.

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Gli operatori hanno bocciato il provvedimento perché contiene misure che prescindono dalla verifica della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’obbligo di pubblica evidenza, così come chiarito dalla giurisprudenza europea.

E sono dannose perché, di fatto, distruggono la balneazione attrezzata italiana così come realizzata nel nostro Paese. Una questione che non riguarda solo gli stabilimenti, ma tutte le imprese che operano sul demanio: ristoranti, chioschi, alberghi, villaggi, campeggi.

GUIDE TURISTICHE E SOMMERSO

Nel luglio scorso è stata varata la tanto attesa riforma che disciplina l’attività di guide turistiche, con una quadro sanzionatorio molto severo per chi – compresi gli intermediari turistici (vale a dire le agenzie di viaggi) – non si avvarrà di guide patentate, riconoscendo quindi una professionalità da anni invocata dalla categoria. Ma oltre agli aggiustamenti che alcune sigle sindacali hanno già sollecitato, come ad esempio il libero accesso a tutto il sistema museale italiano per le sole guide autorizzate, permane il problema di sacche di evasione perché talune guide che, nonostante la qualifica di professioniste, dovrebbero sempre e comunque attenersi a regolari fatturazioni, in realtà continuano a operare nel sommerso.

Episodi che hanno indotto già le varie sigle a concordare insieme un tavolo di lavoro per scongiurare queste anomalie che danneggiano tutti gli operatori della filiera, dalle agenzie alle guide stesse.

AFFITTI BREVI, IL CIN NON BASTA

Dagli inizi di settembre per le locazioni turistiche brevi è disponibile sul sito del ministero del Turismo la procedura per acquisire il Cin – Codice Identificativo Nazionale – condizione obbligatoria per operare nell’emergente mercato degli affitti “modello Airbnb”: mentre scriviamo, sulle 350mila locazioni stimate sul territorio italiano, solo il 35% ha richiesto e ottenuto il codice, mentre gran parte della quota percentuale restante ha cercato di accedere alla procedura senza successo.

Anche per questo motivo sono già stati introdotti correttivi sulle scadenze regolamentate: per quei soggetti che hanno già un codice regionale ma non riescono ad acquisire quello nazionale c’è tempo fino al gennaio 2025, mentre chi è sprovvisto del Cir avrà a disposizione 60 giorni per mettersi in regola, e quindi fino al prossimo novembre. Ma anche in questo ambito non tutto fila liscio perché – fanno notare gli operatori – esistono regole regionali e comunali talmente differenziate tra loro che non è semplice uniformare nei tempi previsti un comparto che si è evoluto all’italiana, ovvero in ordine sparso.

TASSA DI SOGGIORNO SI CAMBIA

Altro tema scottante, soprattutto per gli albergatori, è quello della tassa di soggiorno. Anche in questo caso il governo ha voluto dare un segnale risolutivo: tutti i Comuni potranno decidere se applicarla o meno. La buona notizia è che gli albergatori non saranno più esattori e sarà il turista a versarla direttamente con modalità – però – ancora tutte da identificare, magari sfruttando la tecnologia digitale.

Ma anche qui non mancano i mugugni e le perplessità: talune associazioni di categoria invocano “equità” e dubitano che il calcolo su fasce predeterminate possa garantire la competitività nel sistema ricettivo. Di certo, per gli operatori, questa “odiosa” gabella deve essere trasformata in tassa di scopo e gli introiti – che lo scorso anno sono stati pari a oltre 770 milioni di euro – finalizzati a efficaci interventi su servizi a favore del turismo e del turista. Altro punto fermo: non si dovranno compiere rincari azzardati.

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C’è infine chi suggerisce di introdurre un calcolo della tassa ancorato, in percentuale, al prezzo effettivo della vendita della camera o della casa vacanza. Un altro tema “work in progress” dai tempi ancora incerti.

NUOVA DIRETTIVA PACCHETTI

C’è infine l’atteso varo della nuova direttiva pacchetti; la Commissione Ue ha sottoposto il testo alle associazioni di categoria che hanno già fatto giungere a Bruxelles i loro rilievi: no alla limitazione dei pagamenti anticipati che rischia di far lievitare i prezzi dei package e sì al Fondo di garanzia in caso di fallimenti o insolvenze delle compagnie aeree; così come vengono richiesti specifici strumenti volti a garantire insolvenza o fallimenti di operatori che devono sempre essere cofinanziati dagli Stati membri.

È stata pure suggerita l’introduzione di voucher come forma di rimborsi pecuniari e nuovi modelli contrattuali di reciproca soddisfazione per operatori e clienti, per superare l’impasse legata a contenziosi originati da annullamenti partenze o disservizi nel corso di viaggi. Accanto ai correttivi, vengono apprezzate alcune migliorie già presenti nella riforma, prima fra tutte quella che prevede il diritto per gli organizzatori di pacchetti, in prevalenza Pmi, a un rimborso da parte dei prestatori di servizi entro sette giorni, che gli consentirà di rimborsare a loro volta i clienti entro le due settimane previste.

Occorrono però disposizioni mirate riguardo all’esercizio, da parte dell’organizzatore, del diritto di regresso o di rimborso verso terzi fornitori, in quanto va affrontata e risolta tutta quella casistica relativa ai contratti con i fornitori di servizi con sede in Paesi extra Ue.



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