Valerio Antonini: Lo Squalo di Trapani che ha rivoluzionato Sport e Business

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L’intervista che segue, firmata da Ivan Zazzaroni e pubblicata oggi sul Corriere dello Sport, racconta la storia e le ambizioni di Valerio Antonini, imprenditore visionario che in meno di venti mesi ha rivoluzionato lo sport a Trapani, portando il calcio dalla Serie D alla Lega Pro e il basket dalla mancata iscrizione in A2 fino alla Serie A1, dove ora è al terzo posto.

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Antonini, laureato in ingegneria elettronica, è un uomo d’affari poliedrico, capace di costruire un impero partendo dal trading di materie prime agricole e criptovalute, e di scommettere sullo sport come leva di sviluppo economico e sociale. Con un progetto ambizioso, la Città dello Sport, del valore complessivo di 350 milioni di euro, ha trasformato Trapani in un polo sportivo d’eccellenza, puntando su strutture moderne e su una gestione manageriale innovativa.

Nell’intervista, Antonini parla anche del suo passato, del legame con Diego Maradona, dei rapporti con leader politici sudamericani e delle sue esperienze nel mondo del business internazionale. Non mancano i riferimenti alla sua passione per la Lazio e alla possibilità, in futuro, di un coinvolgimento nel club biancoceleste.

Il Professorino. «Diego mi chiamava così. Perché non facevo uso di droghe, non mi sfondavo con l’alcol, non avevo dipendenze, ero insomma diverso da tutti quelli che lo circondavano… Lo conobbi grazie a Stefano Ceci nel 2003, all’epoca vivevo tra Miami e Dubai. Fino al 2010 ci vedemmo poco. Ma nel 2012 la frequentazione divenne costante, scattò l’amicizia e cominciammo a lavorare insieme».
Valerio Antonini, 49 anni, laurea in ingegneria elettronica («conseguita a Roma, ma sosterrò l’esame di Stato a Palermo, voglio anche creare un corso di sport management») è l’uomo che in meno di venti mesi ha rivoluzionato lo sport trapanese portando il calcio (fallito) in Lega Pro e il basket – da non iscritto all’A2 – in A1, ora è terzo: «Domenica in piazza Duomo, a Milano dove abbiamo giocato con l’Olimpia, c’erano 1.500 trapanesi in festa».
Antonini s’è preso tutto: stadio, palazzetto, tv (Telesud), consensi, invidie e ha avviato il progetto della Città dello sport, 100 milioni il costo, 350 il valore complessivo di Antonini City quando gli impianti saranno completati. «Ma, la prego, mi faccia parlare di Diego».

Volentieri.
«Il vero responsabile della morte di Maradona è il suo entourage. Ho presentato una memoria al tribunale di Buenos Aires nella quale espongo fatti, soggetti, conclusioni, da Matìas Morla in avanti… Se non ci fossi stato io non sarebbe stato interessante ucciderlo».

Perché dice questo?
«Ero diventato la sua unica fonte di guadagno. In otto anni, solo di commissioni gli riconobbi 25 milioni di dollari. Fatturai 10 miliardi col trading di materie prime agricole».

Lui le aprì le porte di Centro e Sud America.
«Il primo fu Fidel, poi Raùl, Chavez, Maduro, Morales, Correa. La sinistra di quella porzione di mondo».

Altro incontro speciale, quello con Ambra Ilari.
«In Inghilterra, lei trapanese. Ci siamo sposati lo scorso giugno. La società che avevo creato a Londra l’ho venduta da poco a un fondo, ora mi occupo di trading di cacao e caffè, le soft commodities i cui prezzi ultimamente si sono impennati, e di criptovalute… Mia moglie mi ha portato una settimana nella sua Trapani, in vacanza, e quei pochi giorni mi sono bastati per intuire le potenzialità di un posto magnifico. Ho comprato le due squadre con niente, 500mila euro. Il calcio era in D per via del fallimento, il basket non risultava iscritto all’A2. Subito stagione dei record da una parte e anche dall’altra e adesso siamo tutto il basket della Sicilia: palazzetto esaurito, 4.900 spettatori a partita, abbiamo fatto uno stress test dei biglietti arrivando a valutarli 250 euro l’uno. Non si meravigli: Trapani e Erice fanno 120mila abitanti, la provincia arriva a 600mila, è una bella realtà».

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Trapani Shark, così ha chiamato la squadra di basket. Lo squalo è lei?
«Un po’ sì. Ho amato “Any Given Sunday”, Ogni maledetta domenica di Oliver Stone. Il discorso motivazionale di Al Pacino ai Miami Sharks è un must, indimenticabile. Mi sono rifatto a quel film e ho semplicemente tolto una s. Lo squalo è il presidente».

Uno squalo che si è appena preso 7 giorni di inibizione per averne dette quattro all’arbitro.
«“Arbitri con più giudizio”. Spendo e devo stare zitto? Il basket è poco vendibile perché non si è evoluto, è mancata una progettualità sana, intelligente».

È vero che l’hanno costretta ad aprire un profilo su X?
«Sì, proprio in questi giorni, 1.500 follower e 150mila commenti in un istante».

Non teme il dissenso? Il calcio è bastardo.
«No. Quest’anno non siamo partiti bene, ma siamo pur sempre in semifinale di coppa Italia e in zona playoff. Molto è cambiato a Monopoli con quei due gol presi in 3 minuti, 92’ e 95’. Da quel momento 5 sconfitte in 7 partite e l’esonero di Sasà Aronica, dolorosissimo. Anche se lui è stato un signore, sono io il responsabile delle scelte sbagliate».

Lei è lazialissimo per parte di…?
«Padre, nonno, zii. Tutti».

C’è chi dice che il suo futuro sia proprio a Formello.
«Prima voglio completare il progetto della Città dello sport a Trapani…».

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E poi?
«Immagino che Lotito prima o poi si stancherà».

Dice? Non ne sono convinto.
«Mai dire mai. Io lo vedo stanco, Claudio è un uomo abile, di un’intelligenza unica, ha in mente il punto di rottura e sono sicuro che da questa esperienza voglia uscire bene…».

Non la tiene per narcisismo.
«Da anni la Lazio è Lotitocentrica».

È vero che quando i Friedkin licenziarono Mourinho lei brindò?
«Con una bottiglia di Petrus del 1998. Ero convinto che Mou ci avrebbe fatto male. Con Diego andai a trovarlo quando allenava il Tottenham. Un personaggio senza eguali».

Lotito lo conosce bene?
«Lo conosco, certo, e poi mio cugino è nello staff medico della Lazio e ho ottimi rapporti con Angelo Fabiani».

È proprio convinto che col calcio si possano fare i soldi?
«Convintissimo, le porto gli esempi facili di Atalanta, Udinese, Sassuolo. Le società di calcio sono aziende con le loro criticità e vanno gestite come aziende vere e proprie. La patrimonializzazione è fondamentale, stadio, merchandise, sviluppo del brand, quotazione in borsa. Ipotizzo ricavi per 10 e per 15».

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E la passione? Un elemento trascurabile?
«La passione può essere un bene ma anche un limite, va modulata. Diego mi ha avvicinato al calcio, il sogno era poter condividere esperienze di questo genere con lui».

Ogni intervista che si rispetti prevede la domanda sul calciatore preferito, sennò risulta trasgressiva (…).
«Nel calcio attuale non vedo giocatori in grado di catturare la mia attenzione. In passato sì, Zidane. Peccato il finale. Però aspetti, uno che mi piace c’è, ma allena, Gasperini, per me il più forte tecnico italiano».

Perché fa guadagnare la proprietà, giusto?
«Migliora i giocatori, porta risultati e aumenta i ricavi da trading».

«Nella vita ci sono due categorie: chi è abituato a perdere e chi invece vuole vincere. Io sono come Mourinho, Ibra, Ancelotti. La vittoria è l’unico modo per zittire gli altri». Chi l’ha detto?
«Lo squalo». Di Trapani.



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