A proposito degli avvisi di garanzia inviati dalla Procura di Roma alla premier Meloni, al ministro dell’Interno Piantedosi, al ministro della Giustizia Nordio e al sottosegretario Mantovano in seguito a un esposto dell’avvocato Li Gotti; magistrati e giornalisti potevano evitare di prenderci per i fondelli affermando che si è trattato di un atto dovuto. Già su “il Riformista” di ieri l’onorevole Pittalis, avvocato e membro della commissione Giustizia della Camera, ha detto che la prudenza avrebbe dovuto spingere la Procura ad aprire un fascicolo ex articolo 415 contro ignoti, e solo dopo i dovuti accertamenti inviare o non inviare gli avvisi di garanzia.
Invece una Procura dell’importanza di quella di Roma, dopo aver mandato avvisi di garanzia a raffica a mezzo governo, solo dopo aver provocato effetti politici e mediatici molto rilevanti e del tutto prevedibili, adesso nasconde la mano dicendo quasi di essere stata costretta a farlo. La successione dei fatti avvenuti in questi giorni è assolutamente consequenziale. In primo luogo, l’Anm ha affermato in modo apodittico che la separazione delle carriere è un provvedimento incostituzionale e che comunque avrebbe provocato la subalternità dei pm al potere politico. Già questa era una evidente menzogna e una incredibile contrapposizione dell’ordine giudiziario alla legittima maggioranza parlamentare.
A stretto giro di posta, l’Anm ha organizzato la grottesca manifestazione messa in atto da una parte dei magistrati in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. A quel punto Li Gotti ha mandato il suo esposto. Sempre a stretto giro di posta, l’Anm in quanto tale ha affermato che quell’esposto denunciava una serie di crimini fatti dal governo. A quel punto la Procura di Roma, saltando provvedimenti intermedi come quello richiamato da Pittalis, ha inviato i quattro avvisi di garanzia con una evidente intenzione di lanciare un preciso messaggio minatorio: chi intende sovvertire un elemento fondamentale nell’attuale assetto di potere della magistratura, per cui i pm che controllano allo stato le correnti del Csm hanno anche il potere di intervenire sulla carriera dei magistrati giudicanti (a parte gli aspetti processuali, questo è uno dei nodi fondamentali dell’attuale assetto della magistratura), avrà del “piombo”.
Cioè avvisi di garanzia a raffica con tutto quello che comportano anche sul terreno della destabilizzazione del quadro politico. Non saranno certo grandi giornalisti come Giovanni Bianconi del “Corriere della Sera” e Francesco Bei di “Repubblica” a cambiare con i loro articoli quella che è la realtà politica e mediatica che è stata determinata dal combinato disposto fra l’esposto di Li Gotti e gli avvisi di garanzia di Francesco Lo Voi. Quindi la domanda corrente è la seguente: è come il 1994? Nella sostanza è così, ma cogliamo l’occasione per sottolineare una distinzione significativa tra quello che avvenne nel 1992-93 e quello che si verifi cò nel fatidico ’94. Nel 1992-93 di fatto Berlusconi mise le sue televisioni a sostegno del pool dei pm di Mani pulite. Ebbene in quei due anni Berlusconi non fu neanche sfi orato da un avviso di garanzia.
Non appena, appunto nel ’94, entrò in politica, si scatenò l’inferno: nel febbraio di quell’anno, come primo avviso, il fratello di Berlusconi, Paolo, fu arrestato. Da allora è iniziato questo stravolgimento dello Stato di diritto per cui un pezzo della magistratura, sostenuto dal circo mediatico, è intervenuto quando non gradiva provvedimenti presi dal governo e dal Parlamento per farli saltare. Gli esempi sono dinanzi a tutti, dal decreto Conso presentato dal governo Amato a quello Biondi presentato dall’esecutivo Berlusconi. Ciò detto non si può fare a meno di rilevare l’esistenza di alcune questioni assai importanti che riguardano gli interessi italiani da un punto di vista sostanziale. La Corte penale internazionale ha messo in atto un comportamento a dir poco perverso. A dimostrarlo sono i tempi. Il capo della polizia giudiziaria libica, Njeim Osama Almasri, è andato a spasso per l’Europa per circa quindici giorni senza che nessuno gli dicesse nulla. Ma il mandato di cattura della Cpi è stato spiccato solo quando egli è arrivato in Italia.
Parliamoci chiaro: dopo l’uccisione di Gheddafi la Libia è un Paese del tutto destabilizzato, dominato da alcuni signori della guerra e dalle truppe messe in campo dalla Russia e dalla Turchia. L’Italia non ha nessuna presenza militare mentre invece ha tre interessi di grande rilievo: l’Eni, che ha enormi giacimenti petroliferi; gli italiani che lavorano in quell’area e che sono a rischio di rapimento; il pericolo che da lì partano una serie di barconi pieni di migranti. Allora, di fronte al fatto che la Cpi ha inviato in Italia una autentica bomba umana che avrebbe messo a repentaglio tutti questi interessi italiani, è stato giusto che il ministro Nordio si sia preso una pausa di riflessione per capire cosa stava avvenendo e che a fronte delle conseguenze giudiziarie di questa pausa il governo ha rispedito indietro la bomba costituita da Almasri. Tutti sanno, in primo luogo il Pd che ha gestito il potere per tanti anni, che questo è il retroterra della situazione che si è venuta a creare in seguito al comportamento della Cpi ma alcuni giornali, e specialmente lo schieramento dell’opposizione con la meritoria eccezione di Calenda, fanno finta di non sapere e cercano di imbrogliare l’opinione pubblica. Diciamo questo non essendo affatto sostenitori di un governo nel quale è presente la Lega di Salvini ma per amore della verità e per l’appartenenza a quel club degli Apoti (cioè di coloro che non la bevono) fondato da Prezzolini tanti anni fa e che riteniamo idealmente tuttora esistente per contrastare gli imbroglioni che dominano il campo tra politici, magistrati e giornalisti
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