La riforma del mercato elettrico del 2024 in Europa porta alcune innovazioni e tanti quesiti al futuro energetico del continente. La crisi energetica ha modificato i connotati del mercato elettrico. Oggi, esso non è soltanto uno strumento chiave per la decarbonizzazione ma per la stessa indipendenza energetica UE. È arrivato il momento di affrontare alcuni passaggi salienti degli ultimi anni.
Mi è stato chiesto di discutere e approfondire, nel seguente articolo, se la riforma del 2024 del cosiddetto Market Design del mercato elettrico UE (direttiva 2024/1711/UE) fosse un’espressione maggiormente pan-europea o fosse invece una politica di chiaro stampo nazionale. Avendo però un approccio accademico, nell’approfondimento che segue suggerirò invece che:
1) Ciò che oggi è chiamato l’assetto del mercato elettrico europeo non è così centrale come sembra.
2) Le tensioni e opzioni tra gli affari e le scelte in fatto di assetto del mercato elettrico, invece che essere pan-europee o di carattere più nazionale, stanno diventando molteplici per natura. Tutto ciò è stato accelerato dalla pubblicazione di REPowerEU nella primavera del 2022 in poi.
L’assetto del mercato elettrico non è così centrale come sembra
Ciò che ora viene chiamato il mercato elettrico europeo è, in pratica, il prezzo dell’elettricità nel giorno antecedente (Day-Ahead) per le 24 o 48 ore successive. Se fosse questa l’unica modalità in cui comprare o vendere elettricità sarebbe davvero notevole e invece…
Occorre anche considerare i contratti di lungo periodo, siglati sui mercati o attraverso rapporti bilaterali e, oltre a questi, il mercato Intra-Day. Quest’ultimo infatti spesso contraddice ciò che è stato fatto precedentemente nel mercato Day-Ahead. Vi è poi il mercato in tempo reale (Real Time), nel quale vengono riconciliati la realtà fisica dei flussi elettrici con varie aspettative e predizioni. In breve, il mercato elettrico europeo è dunque oggi più una sequenza di mercati. Ciò, nonostante soltanto uno di questi sia definito “Il” mercato europeo (o “Il” Day-Ahead), vista la sua natura maggiormente europea tra tutti quelli della sequenza di mercati appena discussa.
Ad ogni modo, anche questo mercato che tutti considerano puramente europeo lo è, in realtà, soltanto per metà. La sua europeizzazione è prodotta dal cosiddetto “accoppiamento” dei paesi. Questo è basato sulla capacità di interconnessione del network di ogni paese. Lo stesso è un frutto di scelte di politica nazionale e non una infrastruttura gestita da un’autorità europea.
Anche la stessa definizione di aree di prezzo nel mercato Day-Ahead è il frutto di scelte nazionali. Ogni paese autodefinisce infatti le proprie “zone di offerta” (bidding zone). Queste aree offrono un unico prezzo del giorno antecedente, impostato a dispetto di qualsiasi problema di network, come ad esempio di congestione. Questi problemi appartengono ad ogni zona di offerta e vengono affrontati al di fuori del contesto di mercato Day-Ahead. Nell’UE, i paesi di tipo A (Germania e Francia) hanno un singolo prezzo nazionale. I paesi invece di tipo B (Svezia e Italia) hanno diverse zone di offerta nazionale. Un’illustrazione molto concreta della limitata “europeizzazione” dell’esistente contesto nazionale del mercato Day-Ahead.
Così come appena analizzato, questa pragmatica “cucina” della sequenza di mercati elettrici è essenzialmente nazionale. Anche lo stesso “mercato elettrico accoppiato” Day-Ahead, quello considerato più europeo di tutti, è però europeo soltanto per metà.
Mercati e obiettivi di decarbonizzazione procedono a ritmi differenti
Ciò è dovuto, in pratica, al processo di inserimento delle regolamentazioni che, negli ultimi 10-15 anni, si sta allontanando da questa sequenza di mercati. Infatti, i nuovi investimenti in asset di generazione non sono fatti esclusivamente su basi di mercato. Allo stesso modo, altre politiche sono state costruite, al livello nazionale, per guidare internamente i processi di investimento in nuova generazione installata. La prima di queste è la politica degli obiettivi di decarbonizzazione. In questo caso, le autorità politiche nazionali definiscono target di generazione rinnovabile, oppure una base di partenza per la generazione da fonti rinnovabili a livello nazionale. Esse sono anche inclini ad accettare proposte di innovazione dei target da parte di entità terze.
La seconda politica è quella dell’adeguamento degli obiettivi di generazione. Qui, le autorità nazionali delegate (come, ad esempio, gli operatori di sistema) definiscono standard di adeguamento nazionale nella generazione e raccomandano tecnologie specifiche, favorendo dunque i relativi meccanismi di capacità.
La terza politica è quella degli obiettivi di sicurezza del sistema. In questo caso, l’autorità nazionale delegata chiamata a definire i bisogni a livello nazionale del sistema elettrico (vedi gli asset di offerta e le tecnologie). Inoltre, essa stabilisce la loro sicura operabilità e abilità nella gestione di problemi e minacce al sistema nazionale.
Questa realtà di molteplici politiche di obiettivi pubblici, le quali definiscono investimenti in generazione e proposte di vario tipo, i volumi di asset desiderati e tecnologiche (incluso lo stoccaggio), è stata identificata anni fa come di fondamentale importanza, a pari merito della tradizionale sequenza di mercati descritta in precedenza.
Sì, il settore dell’elettricità è divenuto apertamente ibrido all’interno dell’UE. Eppure, come anche voi potete tranquillamente vedere, questa ibridizzazione è essa stessa principalmente un fenomeno nazionale, e non primariamente “europeizzante”. La sequenza di mercati è, in parte, “europeizzante”. La sequenza di obiettivi, ognuno gestito a livello nazionale, non lo è invece per nulla. Seppur esiste, dunque, un livello di lettura europea nei target elettrici a livello nazionale, questa non molto più che una semplice indicazione. Manca quindi un vero e proprio controllo e gestione a livello europeo.
Si prenda ad esempio “l’obiettivo di adeguamento della generazione” che rappresenta gran parte delle dinamiche del settore elettrico. Questo obiettivo, così come presentato oggigiorno, vorrebbe definire quali unità di generazione sono necessarie oltre i target di decarbonizzazione, esigendo un pagamento sulla base della capacità generata. Esse stesse non sono però al momento considerate e valutate principalmente per la stessa capacità di decarbonizzare il sistema.
Qualcuno potrebbe persino sorprendersi che l’adeguamento della generazione del settore elettrico europeo sia definito, misurato e gestito a livello nazionale, come se il mercato interno europeo non fosse lì, sul fronte, e rappresentasse esso stesso uno strumento per le politiche di adeguamento della generazione a livello europeo. Molti esperti e accademici hanno dunque richiesto una europeizzazione delle politiche di adeguamento nazionale. Essi hanno auspicato e invitato a garantire il pieno diritto, per coloro che gestiscono unità di generazione non nazionali, di registrarsi all’interno dei target di adeguamento delle politiche di altri paesi.
Ciò, ad esempio, potrebbe essere fatto attraverso chiamate per una esplicita partecipazione transfrontaliera nelle politiche di adeguamento nazionale. Ahimè, ricerche indipendenti hanno dimostrato come singoli paesi, imponendo i propri target di adeguamento nazionale ad altri paesi, indipendentemente dalle politiche europee di adeguamento della generazione, possono addirittura inficiare i risultati a livello europeo. Così, sorprendentemente, si è riscoperta la ruota: le politiche nazionali così come concepite e performanti a livello interno, possono essere troppo deboli o addirittura irrilevanti per l’intera comunità europea.
Il doppio shock della pandemia da Covid e l’aggressione russa dell’Ucraina hanno aumentato i rischi per la nostra Unione Europea. Due report nel 2024 hanno suonato la sveglia: Il report di Letta e quello di Draghi.
Riforma del mercato elettrico 2024: Più o meno Europa?
Sto quindi suggerendo che le politiche del mercato elettrico europeo non abbiano reagito e non si siano mosse sin dal 2022? Oppure che la riforma del mercato elettrico del 2024 non abbia risposto alle nuove crisi, minacce e paure? Certamente no. Ma tutto ciò non è l’argomento che voglio affrontare in questo articolo. Semmai, esso potrà rispondere al quesito “Potrà spostarsi il bilanciamento tra i fattori nazionali e quelli di europeizzazione dopo la riforma del mercato elettrico del 2024?”
A mio modo di vedere, la riforma del 2024 ha fatto del suo meglio per rispondere agli shock e paure alimentate dalla crisi del gas del 2022-23. La stessa che ha determinato gli attuali prezzi dell’elettricità. Un equilibrio di fondo è stato tenuto tra due fattori principali. Da una parte, vi è il mantenimento dell’ordine di merito tra le centinaia di unità di generazione elettrica, così come espresso dall’operazionalizzazione della marginalità di prezzo, temperata dalla volontà stessa del consumatore di pagare tali somme.
Dall’altra, le politiche di decarbonizzazione sono state spinte al massimo con nuovi investimenti atti a diminuire l’utilizzo di gas, garantendo adeguatezza e sicurezza del sistema. Le due parole chiave della riforma del 2024 sono così state Contratti per Differenza (CfD) e Power Purchase Agreements (PPA). Entrambi sono contratti di lungo periodo in grado di bypassare gli shock creati da costi operativi, così come il prezzo del gas, e favorire costi di generazione maggiormente fissi, come rinnovabili o nucleare. Ad ogni modo, tutto ciò non è l’oggetto principale di questo articolo. Il focus rimane appunto sul bilanciamento tra i fattori di europeizzazione e nazionalizzazione delle questioni energetiche ed elettriche.
Ricercatori indipendenti hanno dimostrato che, assicurando tramite contratti di lungo periodo l’intero parco di generazione, sarebbe possibile neutralizzare tutti gli effetti incentivi di un mercato Day-Ahead europeizzato. Per questo, le compagnie dovrebbero essere pagate al di fuori di questo mercato di breve periodo, attraverso clausole incluse nei contratti di lungo termine.
L’unica componente modesta di europeizzazione, all’interno della sequenza di mercati che abbiamo visto, potrebbe essere congelata grazie all’utilizzo di CfD da parte delle autorità. Un’altra possibilità sarebbe l’intervento di attori privati grazie all’utilizzo di PPA. In questo modo, la sequenza di obiettivi sta diventando sempre più ampia e audace, con le autorità nazionali in grado di decidere ogni azione in base al proprio volere.
Quante tipologie di CfD possono essere offerte a livello nazionale per avere questo o quell’effetto specifico, favorevole in questo o quel paese? I ricercatori hanno quindi dimostrato che diverse decine di mix differenti di CfD e altre regole di mercato possono essere pensate e implementate. I rischi però di ulteriori tensioni sono evidenti. Le capacità di differenziazione sono ancor più profonde a livello nazionale grazie a questa riforma. Una possibile rinazionalizzazione ancor più accentuata di tutte le sequenze di mercato e delle sequenze di obiettivi non è mai stata così grande.
Ovviamente, le autorità europee possono tentare di ridurre questa possibilità. Vedremo se la prossima Commissione sarà o meno in grado di intervenire.
Il Rapporto di Mario Draghi ha perlomeno evidenziato un aspetto potenziale di questa de-europeizzazione del mercato e proposto che siano i fornitori a proporre PPA standardizzati e appoggiati da CfD. Ci si domanda dunque: sarà tutto ciò implementato, costruendo davvero un mercato pan-europeo e PPA standardizzati oppure no? Si vedrà anche questo.
Ai miei occhi, ciò che è certo è che la riforma del 2024 ha dato modo ai paesi di avere strumenti per reagire alle crisi precedenti evidenziate. Detto questo, gli stessi Stati membri possono utilizzare questi strumenti in modo opportunistico e rinazionalizzare profondamente queste aree operative, siano esse mercati oppure obiettivi dello scenario elettrico.
Si è detto tutto a riguardo dell’argomento? Oppure è stata questa inevitabile riforma il frutto di una doppia crisi mai sperimentata sinora? Con i prezzi in decrescita, o addirittura negativi, e nuove unità di generazione da rinnovabile che continuano ad entrare in funzione, una domanda che fatica, soprattutto a livello industriale, a recuperare i fasti del 2018-2018, ci si deve domandare: la crisi è davvero finita? La risposta che mi sento di dare è un piccolo sì, e allo stesso un grande NO.
Le tensioni e opzioni tra europeizzazione e istinti nazionalistici del mercato elettrico sono diventate multilivello
L’aggressione russa all’Ucraina ha aperto una fase in cui, azzerandosi la fiducia tra UE e Russia, quest’ultima utilizza ogni forma di dipendenza energetica come arma. Con circa 90.000 soldati russi uccisi e più di 250.000 feriti, la relazione tra Russia e UE resterà incrinata per molto tempo. L’UE ne ha riscritto i termini nella primavera 2022, quando si è impegnata a riorientare l’approvvigionamento e il consumo di energia (REPowerEU) nel più breve tempo possibile, non avendo altra scelta per ricostruire la propria sovranità. Ciò proprio nel momento in cui due dei nostri fattori esterni si sono rotti o indeboliti:
- L’accesso, un tempo facile, al gas russo a basso costo;
- La fiducia, indiscussa in passato, nella benevola produzione cinese.
Così che, paradossalmente, dobbiamo accelerare proprio quando risultiamo penalizzati, e ancor più perché lo siamo.
A partire dal 2022, quindi, abbiamo capito che la nuova normalità avviata in UE nel 2019-2021 – una sequenza di mercati incorniciati da una sequenza di obiettivi – vive una nuova fase di profonda trasformazione. Ciò perché le interazioni tra mercati e obiettivi sono ora condizionate da altre interdipendenze tipiche di una trasformazione multilivello del nostro panorama energetico.
Aggregando alcuni livelli di trasformazione ove possibile, se ne possono individuare almeno quattro:
- Ricostruzione delle reti energetiche, affinché siano in grado di collegare il nuovo sistema di approvvigionamento energetico UE a una nuova serie di strumenti e processi lato domanda.
- Attrazione di considerevoli investimenti e investitori, in tutti i settori coinvolti (impianti onshore e offshore; reti; nuovi strumenti e processi di consumo; ricerca e sviluppo, creazione e sperimentazione di nuove tecnologie e innovazioni, incluso il nucleare di piccola taglia; capacità produttiva; supply chain e materie prime).
- Sviluppo di soluzioni non elettriche, la dimensione e il contenuto delle quali delineeranno ciò che deve essere fatto nel settore dell’elettricità. Tra queste rientrano: la CCS (più riusciamo a realizzare la decarbonizzazione con la CCS, meno abbiamo bisogno di decarbonizzare attraverso altre trasformazioni); la DAC; i biogas e i biocarburanti (che consentono di ridurre la quantità di altre trasformazioni necessarie per raggiungere il set di obiettivi).
- Elettrificazione dei consumi. Ciò potrà avvenire in maniera diretta, come ad esempio nei segmenti di veicoli elettrici; pompe di calore; produzione di calore industriale. Oppure laddove il consumatore di energia deve investire massicciamente, così come i produttori di devices. Infine, vi è una modalità indiretta, come ad esempio con la produzione di idrogeno pulito, il metanolo pulito, etc. In questi ambiti, un ingente investimento è richiesto sia a chi produce sia a chi consuma il vettore energetico).
Non è necessario entrare maggiormente nel dettaglio del piano REPowerEU per comprendere che nessuno di questi livelli è pienamente padroneggiato dall’UE.
Anche quando sono oggetto di progetti strategici europei (come nel caso della CCS e dell’idrogeno pulito), o rientrano in vere e proprie leggi europee (come il Net Zero Industrial Act e il Critical Raw Material Act), si tratta principalmente, se non soltanto, di pezzi di “trasformazioni multilivello” con base nazionale e non di vere e proprie politiche europee, cioè definite, finanziate e attuate a livello UE.
Questa è anche una delle amare riflessioni che emergono dai report di Letta e di Draghi: facciamo poco, troppo poco a livello propriamente unitario. Come se uno Stato membro fosse in grado, da solo, di far sì che una trasformazione così formidabile avvenga e abbia successo in ogni paese, con gli strumenti ordinari esistenti.
Ed eccoci qui, all’inizio dell’era di una nuova Commissione.
Tutte le chiavi principali del nostro futuro comune di RePowering si trovano attualmente nei paesi: mercati, obiettivi e il quadro multilivello delle trasformazioni. E una minima ed efficace europeizzazione di queste questioni è inclusa nella lista di desideri per questo 2025 appena iniziato.
Jean-Michel Glanchant è Professore alla Florence School of Regulation
La rubrica Geopolitica dell’Energia è realizzata con il supporto di Assofond
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