Con la riforma in Puglia via 700 medici di base. «Oltre un milione senza assistenza»

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Giuseppe Di Bisceglie

I sindacati critici con il ministero della Salute: «Andranno in pensione». E oggi a Foggia c’è Schillaci

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La riforma è ancora allo studio del Ministero della Salute. L’idea è quella di trasformare i medici di famiglia in dipendenti del Sistema sanitario nazionale, cancellando la figura del medico convenzionato e spostando i professionisti nelle nuove case di comunità. Una novità che porterebbe ben settecento medici pugliesi a fare le valigie e a scegliere la via del pensionamento, in un solo anno, senza che vi siano rassicurazioni sull’effettiva entrata in servizio di altrettanti dottori.

«Il numero potrebbe essere ancora più alto in una prospettiva a quattro o cinque anni», mette in guardia Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri. L’idea del medico impiegato non piace a nessuno. Anche il consiglio nazionale della Federazione dei medici di medicina generale, in una recente mozione, ha espresso il proprio dissenso verso il progetto del Governo. «In Puglia, si stima che circa 700 medici di famiglia abbiano maturato i requisiti per il pensionamento. Questo rappresenta una problematica significativa, poiché non si tratta di una sostituzione immediata: non ci sono 700 nuovi medici pronti a prendere servizio da un giorno all’altro», evidenzia Nicola Calabrese, vicesegretario nazionale Fimmg. «Considerando che il rapporto ottimale prevede un medico ogni 1.300 assistiti, la mancanza di 700 medici si tradurrebbe in oltre un milione di cittadini potenzialmente privi di un riferimento sanitario territoriale», aggiunge. 




















































E a rimanere senza riferimento sarebbe anche tutto il personale che attualmente è in servizio negli studi dei medici di famiglia. «I nuovi medici verrebbero assunti come dipendenti delle case di comunità, con turni prestabiliti e ordini di servizio, senza più quell’approccio che caratterizza oggi il rapporto tra medico di famiglia e paziente. Il rischio è che venga meno quel legame diretto, quasi familiare, che oggi i cittadini hanno con il proprio medico di base» sottolinea inoltre il presidente Anelli. Insomma, l’assorbimento dei medici di famiglia nel novero dei dipendenti del Sistema sanitario nazionale sarebbe, per gli addetti ai lavori, un errore.
«Lo abbiamo già visto con il 118: quando i medici sono passati sotto contratto di dipendenza, si è verificata una drastica riduzione del loro numero e, di conseguenza, della qualità del servizio. Se passassimo a questo modello, in Italia i medici di famiglia scenderebbero dagli attuali 40mila a circa 20 mila, ben lontani dai 50 mila che sarebbero necessari a coprire il fabbisogno. Una riduzione così drastica porterebbe inevitabilmente a un calo dei servizi per i cittadini con un vuoto che verrebbe colmato dal settore privato», analizza il presidente Fnomceo. «Se il medico di famiglia scomparisse dal territorio, rischieremmo di assistere alla nascita di una sanità privata parallela, con grandi holding pronte a gestire la domanda di salute attraverso medici di famiglia privati. Il problema è che questo sistema graverebbe direttamente sulle tasche dei cittadini, con un ulteriore indebolimento del servizio sanitario pubblico», aggiunge. 
La necessità di una riorganizzazione del sistema è recepita come inevitabile dagli operatori, ma non riguarda l’inquadramento dei medici. Il modello utilizzato, risalente al 1978, è diventato obsoleto. Tuttavia, come spiega Nicola Calabrese. Dice: «Il primo passo da compiere è la riorganizzazione della medicina generale secondo quanto stabilito nell’accordo integrativo regionale, ancora in attesa di attuazione. Solo successivamente si potrà procedere con l’integrazione delle attività orarie all’interno delle case di comunità, come previsto dagli impegni presi con la Regione».

L’obiettivo da raggiungere, secondo i rappresentanti dei medici di medicina generale, è adeguare il sistema senza ricorrere a un regime di dipendenza, ma applicando gli accordi collettivi nazionali del 2022 e 2024. «Se la Regione agirà con la necessaria tempestività, la Puglia potrebbe diventare la prima regione italiana a integrare i medici di medicina generale nella rete delle case di comunità, completando così un percorso innovativo e all’avanguardia a livello nazionale», conclude. Oggi a Foggia arriva il ministro della Salute, Schillaci, che inaugurerà l’anno accademico dell’ateneo.

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