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La Corte di Cassazione sezione F, presieduta da Anna Rosa Grazia Miccoli, ha confermato la condanna per dichiarazione fraudolenta mediante fatture false per operazioni inesistenti, a carico di A.D.P., 64enne di Aversa, imprenditore nel settore calzaturiero.
Il professionista normanno al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto avvalendosi di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti per un imponibile di oltre 200mila euro complessivi, nella dichiarazione dei redditi 2014 per l’anno d’imposta 2013, elementi passivi fittizi.
Condannato in primo grado dal Tribunale di Napoli Nord, pronuncia poi confermata dalla Corte di Appello di Napoli. Avverso la pronuncia di secondo grado ha proposto ricorso, il 64enne per mezzo del suo legale. E’ stata eccepita la prescrizione del reato che si sarebbe consumato con l’emissione dell’ultima fattura il 31 ottobre 2013. Il reato quindi si sarebbe prescritto il 31 ottobre 2023. Contestate poi la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione, per travisamento della prova in merito a una perizia tecnica attestante l’effettivo rapporto con la società emittente le fatture.
Per la Suprema Corte il ricorso è inammissibile. In merito alla doglianza della prescrizione del reato, “il momento consumativo coincide con la data di presentazione della dichiarazione fiscale nella quale sono effettivamente inseriti o esposti gli elementi contabili fittizi. E’ irrilevante la data di emissione dell’ultima fattura utilizzata”. In merito alla consulenza tecnica, “la difesa non specifica quali siano le ragioni della rilevanza della consulenza di parte giacchè la corte territoriale ha evidenziato che dagli atti emerge l’impossibilità di imputare con certezza i pagamenti effettuati attraverso bonifici, assegni bancari e ricariche alle fatture contabilizzate dal ricorrente in assenza di riscontrabili elementi oggettivi”.
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