Il dibattito sull’energia ha causato una crisi di governo in Norvegia

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In Norvegia c’è stata una crisi di governo a otto mesi dalle elezioni del prossimo 8 settembre. Il 29 gennaio si è sfaldata la coalizione tra i due partiti che governavano dal 2021: il Partito di Centro (Senterpartiet) ha ritirato il sostegno al primo ministro Jonas Gahr Støre, del Partito Laburista (Arbeiderpartiet, di centrosinistra). I centristi esprimevano otto ministri su 20, inclusi alcuni molto importanti come Difesa, Giustizia e Finanze, che saranno sostituiti da esponenti dei Laburisti. Støre ha detto infatti che intende restare in carica fino alle elezioni, anche se ora è ancora più debole in parlamento: il suo governo era già di minoranza e doveva spesso appoggiarsi ai voti della Sinistra Socialista (un partito socialdemocratico).

Il Partito di Centro e quello Laburista stavano litigando da settimane sull’adozione di tre direttive europee su temi ambientali ed energetici. La Norvegia non fa parte dell’Unione Europea: ci sono stati due referendum (nel 1972 e nel 1994) su un possibile ingresso, ed entrambe le volte la proposta è stata bocciata. Fa però parte dello Spazio economico europeo (SEE), cioè ha accesso al mercato unico dell’Unione. Per poter commerciare con i paesi europei, negli anni la Norvegia ha dovuto mantenere un sostanziale allineamento con le normative dell’Unione.

I Laburisti sono a favore del recepimento delle tre direttive che riguardano le energie rinnovabili, la performance energetica degli edifici e l’efficienza energetica. Per il Partito di Centro, che in generale ha posizioni euroscettiche, sono invece inaccettabili. La discussione si lega ai prezzi dell’energia, che in Norvegia così come in altri paesi sono uno dei temi centrali e più divisivi del dibattito politico.

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Il leader del Partito di Centro e ministro delle Finanze uscente, Trygve Slagsvold Vedum, ha motivato la decisione di far cadere il governo presentandola come necessaria a «riprendere il controllo nazionale» dei prezzi dell’elettricità. L’opposizione alle direttive, insomma, è soprattutto strumentale e va interpretata come un tentativo di recuperare consensi in una campagna elettorale che in pratica è già iniziata. Né il partito di Centro né quello Laburista sono messi bene, e anzi la popolarità di entrambi è in calo da tempo.

Il primo ministro norvegese Jonas Gahr Støre, il 30 gennaio a Oslo (Cornelius Poppe/NTB Scanpix via AP)

La Norvegia è un paese esportatore di petrolio e di recente è diventata la principale fornitrice di gas naturale per l’Unione Europea, prendendo il posto della Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. In questo contesto le risorse di combustibili fossili sono un punto di forza fondamentale per il governo, che ne ricava anche molti soldi. Lo stato norvegese controlla il 67 per cento dell’azienda petrolifera Equinor e da questa ha ricevuto tasse per 23,8 miliardi di euro nel 2023 e 17,9 miliardi nel 2024. Inclusi i dividendi, i trasferimenti di Equinor allo stato l’anno scorso si sono aggirati sui 26,4 miliardi di euro. Sono parecchi soldi per un paese con un PIL di 449 miliardi di euro (dato del 2023).

Nonostante le ampie risorse di combustibili fossili, la Norvegia produce la maggior parte dell’elettricità da fonti idroelettriche.

Negli anni è aumentata l’interconnessione con la rete elettrica dei paesi europei, e questo ha reso più volatili i prezzi dell’elettricità in Norvegia. Una cosa su cui il Partito di Centro e quello Laburista sono d’accordo è la necessità di interrompere il collegamento alla rete danese, che andrà rinnovato nel 2026. Il Partito di Centro vorrebbe spingersi oltre, ridiscutendo le condizioni degli accordi esistenti con Germania e Regno Unito. Questo approccio isolazionista è condiviso dal Partito del Progresso (Fremskrittspartiet, destra sovranista), che è in netto vantaggio nei sondaggi.

La conferenza stampa in cui i leader del Partito di Centro hanno annunciato la loro uscita dal governo coi Laburisti, il 30 gennaio

La conferenza stampa in cui i leader del Partito di Centro hanno annunciato la loro uscita dal governo coi Laburisti, il 30 gennaio (Haakon Mosvold Larsen/NTB Scanpix via AP)

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I cittadini norvegesi sono comunque assai tutelati, visto che il governo copre il 90 per cento del costo dell’elettricità sopra un tetto prefissato. La destra sovranista propone di alzare questa percentuale al 100 per cento.

Ora che il Partito di Centro ha ritirato il suo sostegno al governo, nel paese rimane un governo con un solo partito, quello Laburista: non succedeva dal 2001. I Laburisti però sono in grande difficoltà e in base agli attuali sondaggi nel prossimo parlamento sarebbe possibile una maggioranza di destra. Fino alla scadenza della legislatura Støre dovrà cercare l’appoggio dei singoli partiti per far approvare qualsiasi provvedimento: lo farà probabilmente anche per le tre direttive europee che hanno causato la fine del suo governo. La Commissione Europea ha dato tempo alla Norvegia fino a maggio per recepirle.

– Leggi anche: La foto della cena dei leader dei paesi nordici che sembra uscita dal catalogo dell’Ikea



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