Bologna, in un limbo 55 addette di La Perla: «Per loro non ci sono ammortizzatori sociali»

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di
Alessandra Testa

L’allarme dei sindacati sulla sorte delle dipendenti della Global Management e dei negozi, che non godono della tutela delle colleghe dello stabilimento. «Ministro e governo intervengano»

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Con la pubblicazione del bando di vendita unitario degli asset, le lavoratrici de La Perla hanno iniziato a vedere la luce. Non è, però, ancora arrivato il momento di festeggiare. Dalla segretaria della Filctem-Cgil di Bologna, Stefania Pisani, e dalla funzionaria Uiltec, Mariangela Occhiali, arriva un nuovo allarme. E la questione è tutta normativa: nonostante l’armonizzazione raggiunta grazie all’intervento del ministero delle Imprese e del made in Italy, l’intricata convivenza di più procedure, italiana e britanniche (il marchio ha sede a Londra), di cui due liquidazioni giudiziali che sulla carta presupporrebbero la chiusura delle attività di due società su tre benché il fallimento sia stato scongiurato, non è stata nei fatti sciolta. «C’è un’innovativa soluzione procedurale strutturata per salvare una realtà iconica del nostro Paese come il gruppo La Perla – denunciano le due sindacaliste –, ma mancano ancora risposte di copertura degli ammortizzatori sociali da parte del ministero del Lavoro per le 55 addette in liquidazione giudiziale».

Per le non tutelate serve una risposta

Si tratta delle dipendenti de La Perla Management e di quelle dei negozi, rimasti aperti qualche mese in più rispetto allo stabilimento produttivo, che fanno capo a La Perla Italia e che non godono della tutela invece garantita alle altre 175 de La Perla Manufacturing in amministrazione straordinaria: una quarantina delle prime lavoratrici è sprovvista della «cassa integrazione» dal 26 gennaio mentre le seconde lo saranno dal 10 aprile. Va trovata, dunque, una soluzione che, una volta scaduti i dodici mesi di ammortizzatori previsti dall’ex decreto Genova, continui a tenere agganciate alla vendita queste 55 addette. «Accompagnare tutte le competenze alla vendita – rivendicano Pisani e Occhiali – è un presupposto fondamentale per un serio rilancio dell’intero gruppo. Non è pensabile alcuna operazione di cessione senza la messa in sicurezza di tutte le lavoratrici, la cui professionalità non può andare dispersa. Ci stupiamo di non aver ricevuto risposte chiare, concrete e celeri sul punto e chiediamo la massima attenzione da parte del governo e della ministra Marina Elvira Calderone perché non si vanifichi tutto il lavoro fatto in questi mesi». «In un’epoca in cui si registra un arretramento nelle competenze e una sempre maggiore assenza del lavoro femminile – analizzano in aggiunta – sarebbe imperdonabile sottovalutare le conseguenze della mancanza di risposte a lavoratrici con professionalità uniche come quelle de La Perla».




















































Chi completerà il salvataggio

Nel frattempo, scatta il countdown, il bando scade il 10 febbraio, per conoscere il nome dell’imprenditore che metterà la firma sotto il salvataggio dell’impresa e dello storico marchio. Sul tavolo ci sarebbero già diverse manifestazioni di interesse anche se al momento sembra restare in pole position il gruppo veneto Oniverse (ex Calzedonia) di Sandro Veronesi che già aveva tentato la scalata all’ex impero di lingerie fondato dalla ricamatrice Ada Masotti dodici anni fa. Anche sul bando le due sindacaliste segnalano criticità: «Affronteremo i “buchi rimasti” tramite accordi sindacali da siglare ad hoc nel momento in cui ci siederemo al tavolo con i soggetti intenzionati a subentrare nella proprietà», chiariscono.
Sul caso interviene anche il Pd: «L’accompagnamento di tutte le competenze fino al subentro della nuova proprietà rappresenta un presupposto indispensabile per assicurare la continuità aziendale. Assumerò – promette il deputato Andrea De Maria – iniziative parlamentari per sollecitare l’intervento in merito della ministra del Lavoro e delle politiche sociali Calderone».

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31 gennaio 2025 ( modifica il 31 gennaio 2025 | 07:15)

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