L’altro Musk: vita e opere di Kimbal, che scambiò una Tesla per un cappello

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Ambientalista, ristoratore, tranquillo, Kimbal Musk soprattutto risolve problemi (del fratello) 


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È il fratello buono, sembra un po’ il Connor di “Succession” col ranch e la passione per l’ecologia. Se Elon vuole andare su Marte, Kimbal Musk preferisce salvare la terra. Il Musk tranquillo,  che ha a cuore il pianeta, ha 52 anni, è il fratello minore di  quello più celebre  (ma poi c’è anche la piccola di famiglia, Tosca), è assurto agli onori delle cronache italiane per la trasferta romana di una settimana fa dove sfoggiava un enorme cappellone, molto da texano, che ai più anziani di noi ha ricordato subito il vecchio J.R. di “Dallas” (che i giornali scrivevano testuale, GEI AR) e ai più giovani forse il regista hipster dalle  giacche di velluto, Wes Anderson. 

A differenza del texano del petrolio, materiale che Kimbal non toccherebbe neanche con un bastone, Kimbal non ha una Cadillac con corna di bufalo sul cofano, bensì naturalmente una Tesla, l’azienda del fratello di cui possiede 2 milioni di azioni che lo rendono se non fantamiliardario almeno milionario (700 milioni secondo le classifiche). Kimbal in realtà vive e opera in Colorado, sarebbe dunque più “Dynasty” che “Dallas” se vogliamo essere filologici coi riferimenti ai telefilm   sui ricconi anni Ottanta che arrivarono su Mediaset anzi Fininvest; è forse anche un po’ Paolo Berlusconi, il fratello meno noto. Però si è ritagliato una nicchia mica male. Di professione Kimbal sarebbe cuoco, ha una catena di ristoranti sempre in Colorado che si sta espandendo in Texas e a Chicago, del genere “farm to table” cioè diremmo a km zero, cibo  sano, sostegno ai contadini, quella roba lì (il cappellone è un omaggio proprio ai “farmers” americani, che lui ammira moltissimo, ha detto al Tonight Show da Jimmy Fallon, perché sotto il sole della valle degli orti ne chiedeva sempre uno in prestito ma poi i contadini gli hanno detto di comprarsene uno tutto suo, “perché chiedere un cappello per loro è come chiedere un animale in prestito”, e poi una volta acquistato una cosa tira l’altra,  “lo mettevo solo nei campi ma rimaneva lì appeso sull’attaccapanni come sfidandomi, ‘non avrai le palle di mettermi oggi’, sembrava dirmi”). Insomma, Elon non è l’unico strano in famiglia, si capisce.  

A Roma col suo cappellone Kimbal è stato fotografato in un variegato giro delle sette chiese, è andato a vedere infatti il nuovo Caravaggio a palazzo Barberini, ha incontrato   Giorgia Meloni, e poi il ministro della Cultura Alessandro Giuli, e poi il sindaco di Roma, e  Gianni Infantino, il capo della Fifa che gli ha regalato una maglietta col numero 10, il  tutto col luogotenente romano di Musk, Andrea Stroppa, con cui si sono fotografati in trattoria, tipo “maccherone m’hai provocato, e mo’ me te magno dell’Americano a Roma di Alberto Sordi. Chi l’ha incontrato racconta che il Musk meno famoso gira con  un vecchio iPhone scalcagnato, è un tipo tranquillo, ascolta molto, poi ovviamente è arrivato in jet privato, da Davos, è pur   sempre un Musk. Musk Maskio senza il fischio, forse, però. 

 

Poi  è andato pure in Vaticano. Non a portare sementi o bistecche di vero bisonte americano bensì a proporre un altro dei suoi business, quello dei droni, vabbè. Tra le varie cose l’immaginifico Kimbal possiede infatti la Nova Sky Stories, una azienda che gestisce 9.000 apparecchi da usare come fuochi d’artificio 2.0: offrono “precisione millimetrica”, possono creare coreografie complesse, spiega il sito della Nova Sky, non disturbano gli animali, insomma si può disegnare tra le nuvole qualunque trama come se fosse un foglio bianco; sono stati utilizzati in concerti di Paul McCartney in Messico, per le Nazioni Unite con un faccione di Gandhi luminoso sui cieli di Manhattan e naturalmente negli eventi Tesla come nidiate di stormi luminosi che scolpivano il marchio dell’azienda sopra i tetti di Burbank California. Al Foglio raccontano che la proposta era di usarli per qualche cerimonia per il Giubileo ma i porporati che come dire ne hanno viste parecchie in questi 2000 anni non sono rimasti molto impressionati, dunque per ora grazie e arrivederci, non se n’è fatto nulla. Nel suo viaggio romano Kimbal era accompagnato dalla assertiva Veronica Bocelli, seconda moglie del cantante e  grande manager del marito, che con la fondazione di famiglia sono una potenza tra le due sponde dell’Atlantico. Grande amica, come il marito, di Trump, e però a Roma per caso negli stessi giorni, dunque nessuna trama misteriosa con il cappellone. Stranamente Kimbal  non è  andato al ministero dell’Agricoltura a trovare Lollobrigida, anche lui molto impegnato sull’agricoltura a km zero, tanto da aver installato il famoso alveare di api sul tetto del palazzo. Perché poi Kimbal è un po’ l’Arianna Meloni del muskismo: col fratello sono legatissimi. E se fosse un film di Wes Anderson i Musk sarebbero dei Tenenbaum sudafricani. Hanno subito insieme le angherie del famoso papà anaffettivo Errol, l’ingegnere tremendo che li sottoponeva alle più tremende angherie viaggiando in Rolls-Royce  (un po’ come Royal, il papà dei Tenenbaum impersonato da Gene Hackman). 

I due, si legge nella monumentale biografia di Musk scritta da Walter Isaacsoon, in una bizzarra traduzione italiana (un capitolo per esempio si intitola “Vai all’Ovest”, traduzione forse superflua di “Go West”, mentre un altro capitolo si intitola semplicemente “Fallout”, lasciato così in inglese), hanno vissuto un periodo con lui anche dopo la separazione dei genitori, e col papà cattivo fecero molti viaggi in America e in Asia, praticamente abbandonati a loro stessi. Viaggi dickensiani in cui i due fratelli fanno a botte tutto il tempo, e giocano ai videogiochi (grande passione di Elon). Poi si trasferiscono in Canada e poi in America, e lì finalmente “vanno all’Ovest”, nella solita Silicon Valley, dove fondano Zip2, una società di mappe online: sono gli anni della grande avventura, dormono per terra, vanno a fare la doccia al YMCA (non la canzone che molti anni dopo balleranno con Trump  e i Village People bensì gli originali dormitori per ragazzi cattolici); dopo soli 4 anni rivendono tutto per oltre 300 milioni di dollari. Elon a quel punto va avanti a fondare imperi, mentre Kimbal fa quello che ha sempre fatto, cucinare. Lui racconta infatti che ha sempre fatto da mangiare, fin da quando era bambino, perché altrimenti la famiglia non si sarebbe mai vista in tutto il giorno, impegnati com’erano tutti. Inoltre la mamma modella Maye al massimo gli propinava “zucca bollita senza sale né olio e zuppa di fagioli, l’incubo di ogni bambino”. E ci dev’essere una specie di riscatto nell’allegro ristoratore che è diventato, e in “Kitchen Cookbook”, il libro di ricette lanciato l’anno scorso da Kimbal, con lui in copertina col suo faccione e l’immancabile cappellone. Dopo la botta di soldi di Zip2, Kimbal si trasferisce a New York e frequenta il prestigioso French Culinary Institute; subito dopo crollano le Torri gemelle e si mette a cucinare come volontario per la mensa dei Vigili del Fuoco. Poi si sposta a Boulder, in Colorado, dove ha fondato il ristorante appunto The Kitchen, che poi è diventato una catena con locali anche a Chicago,  a Denver  e a Austin. 

 

Nel frattempo si sposa, si separa e si risposa. Oggi sta con la nuova moglie Christiana, texana ricca, che si definisce scrittrice e poetessa, e insieme gestiscono vari fondi e organizzazioni benefiche oltre ai droni. Lei prima di Kimbal è stata sposata con una donna, la celebre cantante nera Skin degli Skunk Anansie (chissà i Pro Vita!). Lui l’ha corteggiata a lungo e poi le ha chiesto di sposarlo sotto l’effetto dell’Ambien, quello che in Italia si chiama Stilnox, potentissimo sonnifero amato ma centellinato da noi insonni, che ha il noto effetto che il giorno dopo non ti ricordi più neanche come ti chiami. Sostanza invece molto amata dai Musk: il fratello più celebre lo usa per dormire e per fare i suoi tweet più pazzi, compreso quello in cui nel 2018 annunciava l’uscita di borsa della Tesla con conseguente crollo dei valori e indagine della Sec. Insomma il fratello meno celebre propone  a questa tizia di sposarla e il giorno dopo le chiede qualcosa tipo appunto: ma chi sei? Lei lo sposa lo stesso, e uniscono la prole. Christiana infatti di suo ha una figlia, Viola, mentre Kimbal tre, Luca, August e Stella. Di solito tutti insieme usavano andare a trovare il fratello ricco di lui nelle sue proprietà, ma nel 2020 quello anche per i rimproveri del figlio diventata figlia (e soprattutto comunista) ha venduto tutte le sue case e abbandonato la California e vive nella sua base spaziale texana, dunque quando vanno a trovarlo affittano una di quelle roulotte tutte cromate e dormono in giardino. Poi questi Tenebaum muskiani condividono tutte le manie un po’ fricchettone degli americani dell’Ovest: lei teorizza l’Mdma contro la depressione, lui è fan dell’ l’ayahuasca, il decotto psicotropo degli sciamani, che secondo la leggenda libera dagli antichi demoni. L’ayahuasca Kimbal ha provato a propinarlo al fratello anche durante il Covid ma quello incredibilmente ha rifiutato, dicendo qualcosa di stranamente sensato tipo “ci ho messo talmente tanto a sotterrare tutte le mie paturnie più profonde, perché dovrei tirarle fuori adesso?”. Kimbal poi a un certo punto si è quasi ammazzato sciando e lì sostiene di aver avuto pure un’esperienza di pre morte. 

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Ma l’esperienza più impegnativa non è chiaramente né l’ayahuasca né la pre morte, bensì  essere fratello di Elon Musk. A un certo punto Kimbal l’ha pure defollowato su X, non potendone più, “mi stressava troppo”, ha detto. Però alla fine c’è sempre. C’è stato quando cercava di impedirgli di sposare la prima moglie Justine (in realtà si chiamava Jennifer), e aveva ragione. C’è stato nel 2018, annus horribilis di Elon Musk quando  ha sbroccato; s’era appena lasciato con l’attrice Amber Heard (ricordate, quella del processo), ha fatto il tweet sulle azioni Tesla, eccetera. Dopo quel tweet sgangherato che annuncia un’offerta da 420 dollari ad azione (perché gli piace il numero, che in inglese rimanda alla marijuana), la Sec apre un’inchiesta, l’operazione salta, i suoi pr gli consigliano di fare un’intervista riparatoria e lui va dal podcaster Joe Rogan, quello celebre, quello da cui adesso è stato anche Trump, e lì pensa bene di fumarsi una canna in diretta.

 

È Kimbal a gestire tutto; sostiene tra l’altro che Elon sbrocca quando le cose gli vanno bene, è il successo che non riesce a gestire. Poi però ci sono anche le tragedie, come nel 2002 quando Musk ha il primo figlio, un maschio che battezzarono Nevada perché era stato concepito durante il festival del Burning Man che si tiene ogni anno in quello Stato (vabbè). Il bambino però ha dei problemi, e dopo lunga agonia muore. E’ Kimbal a tenere insieme tutto, e a cercare di far desistere Elon quando lui, nella disperazione, prega il padre tremendo venuto in visita luttuosa (con tutta una nuova e numerosa famiglia) di rimanere per sempre a vivere con loro e gli mette su una mega villa a Los Angeles (naturalmente finisce tutto malissimo).  E’ Kimbal che cucina per tutti quando il primo razzo  il 24 marzo 2006 fallisce miseramente (“quella sera cercò di tirare su il morale a tutti preparando una cena all’aperto che comprendeva uno stufato di carne con fagioli cannellini e pomodori, e un’insalata di pane, pomodori, aglio e alici” racconta Isaacson). È Kimbal che nel 2008 dopo aver perso gran parte dei risparmi nella crisi finanziaria dei mutui comunque china il capo e investe gli ultimi 300 mila dollari che gli sono rimasti in Tesla, su ordine del fratello (però oggi si son rivelati un investimento mica male. Oggi siede nei cda di Tesla e SpaceX). 

Insomma Kimbal è un grande esempio di quei fratelli o parenti in genere che subiscono eternamente il consanguineo carismatico e casinaro, tentando di allontanarsi per tutta la vita ma rimanendone comunque e per sempre risucchiati. Con seccature costanti (qualche tempo fa in uno dei suoi ristoranti  è scattato l’allarme bomba, e le recensioni dei suoi locali cominciano quasi tutte con “ci mancava solo il ristorante del fratello di Elon Musk in città”), mentre poi a parti rovesciate non funziona ugualmente: nel 2018 dopo tutto il casino con la Borsa, Kimbal per la prima volta chiede qualcosa al fratello, e cioè 10 milioni per potenziare la sua catena di ristoranti, e per tutta risposta quello gli dice di no, che si è consultato coi suoi contabili e i ristoranti non sono una buona idea. Alla fine  riesce a farsi dare lo stesso 5 milioni ma i due si allontanano. Poi il riavvicinamento col Covid, i due continuano a litigare “ma non ci massacriamo più di botte come quando eravamo piccoli”, ha detto in una recente intervista, “il sistema per vincere era colpire l’altro per primi con pugni furiosi o calci nelle palle”, ha raccontato  Kimbal. “Quello poneva fine alla lotta, perché non si può continuare a combattere con le palle schiacciate“, e forse davvero evitare l’ayahuasca è stata un’ottima idea.  Al limite, meglio dimenticare con l’Ambien. 





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