Lunedì 3 febbraio a Bruxelles si terrà una riunione informale del Consiglio Europeo, l’organo dell’Unione Europea che comprende i capi di stato e di governo dei 27 paesi membri dell’Unione, tutta incentrata sulla difesa e sull’opportunità per i governi nazionali di aumentare le spese militari, di cui si discute ormai da tempo. Alla discussione parteciperanno anche il primo ministro britannico Keir Starmer e il segretario generale della NATO, Mark Rutte.
La riunione è diventata più urgente dopo l’insediamento di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti. Trump ha fatto capire che intende ridurre molto il sostegno militare statunitense all’Ucraina contro l’invasione russa, che finora è stato molto sostanzioso, e più in generale ha chiesto ai paesi europei di aumentare moltissimo la propria spesa militare per ridurre l’onere a carico degli Stati Uniti (cioè il paese della NATO con la spesa militare di gran lunga più alta).
I paesi dell’Unione Europea sono genericamente d’accordo su un aumento della spesa per la difesa, ma al momento non esiste un eventuale piano che definisca come farlo: non è stato stabilito di quanto aumentare gli investimenti, né dove reperire i soldi o da chi comprare le armi.
Trump ha chiesto esplicitamente ai paesi europei della NATO – di cui fanno parte 23 paesi dell’Unione Europea ma anche Albania, Islanda, Macedonia del Nord, Montenegro, Norvegia, e Regno Unito – di aumentare le proprie spese militari fino a raggiungere una quota del 5 per cento del Prodotto interno lordo. È una soglia che al momento non viene raggiunta nemmeno dagli Stati Uniti, che investono nella difesa circa il 3,5 per cento del proprio PIL.
Secondo diversi analisti e funzionari contattati da Reuters, per la stragrande maggioranza dei paesi della NATO sarebbe «impossibile, dal punto di vista economico e politico» investire il 5 per cento del proprio PIL nella difesa: significherebbe sottrarre molti miliardi di euro di soldi pubblici ad altri settori, e quindi ridurre i servizi offerti agli abitanti.
Negli ultimi anni peraltro le spese militari dei paesi dell’Unione Europea sono già aumentate di parecchio, principalmente per fare fronte al sostegno militare chiesto dall’Ucraina per contenere l’invasione russa. Il New York Times stima che nel 2024 abbiano speso complessivamente 332 miliardi di euro nella difesa, il 30 per cento in più rispetto al 2021. Collettivamente, poi, i 23 paesi dell’Unione Europea che fanno parte della NATO investono già il 2 per cento del PIL totale nella propria difesa.
«Mi aspetto che alla prossima riunione della NATO, che si terrà in giugno, sarà fissato un obiettivo superiore al 2 per cento», ha detto il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa, aggiungendo: «Se diventerà il 5 per cento o il 3 per cento non ne ho idea, la decisione spetta ai paesi membri». Il segretario generale della NATO Mark Rutte ha fatto capire che ha in mente un obiettivo almeno del 3 per cento.
Oltre ai dubbi sulla soglia minima da investire, non c’è un piano preciso nemmeno su come reperire questi soldi: se cioè lasciare ai singoli paesi il compito di trovarli nei propri bilanci oppure prenderli in prestito dai mercati emettendo debito comune, più o meno come è stato fatto durante la pandemia di Covid-19 con il Next Generation EU (o Recovery Fund, quello che finanzia il PNRR). Lunedì il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis ha pubblicato un articolo di opinione sul Financial Times in cui chiede un fondo simile con una disponibilità di «almeno» 100 miliardi di euro.
È una proposta su cui concordano diversi altri paesi, fra cui per esempio quelli baltici, che geograficamente sono i più vicini alla Russia. La Germania invece è tradizionalmente più cauta, data la sua storica ostilità per strumenti di debito comune a livello europeo, ma molto dipenderà dal governo che emergerà dalle elezioni federali tedesche previste per il prossimo 23 febbraio.
Al momento non è chiaro nemmeno da chi i paesi europei dovrebbero comprare le armi, nell’eventualità di un forte aumento della spesa per la difesa. Il rapporto di Mario Draghi sul futuro dell’economia europea, pubblicato nel settembre del 2024, conteneva un’intera sezione sulle spese per la difesa e consigliava in sostanza di rafforzare e uniformare le industrie europee del settore per permettere di acquistare da loro gran parte delle forniture, in futuro.
È una posizione sovrapponibile a quella del governo francese, che peraltro è l’unico paese europeo ad avere un’industria della difesa discretamente sviluppata. Al momento però, come ha raccontato un funzionario militare francese a Politico, «la Francia è un po’ isolata e non ha ricevuto molto sostegno» su questa proposta. Lo stesso funzionario ha spiegato che l’idea di gran lunga più condivisa è quella di acquistare armi dagli Stati Uniti, anche per soddisfare una esplicita richiesta di Trump e cercare di evitare possibili problemi o ritorsioni.
Sembra difficile che dalla riunione del Consiglio Europeo di lunedì emergano proposte concrete. È possibile invece che venga avviato un negoziato interno con l’obiettivo di arrivare a qualcosa di concreto per fine giugno, quando sono previsti sia il vertice annuale della NATO sia una riunione ufficiale del Consiglio Europeo.
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