Mentre la poltrona del procuratore di Roma traballa per la discussa iscrizione sul registro degli indagati del premier Giorgia Meloni, dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e del sottosegretario Alfredo Mantovano, e per l’incauta diffusione di una nota riservata dei servizi segreti, La Verità è in grado di svelare una notizia clamorosa, ovvero che la Procura guidata da Francesco Lo Voi, per mesi, ha indagato su sé stessa. Infatti, nello stralcio di un’indagine per droga condotta dal pm Gianfranco Gallo (inizialmente affiancato dal collega Francesco Cascini), sono stati indagati sei finanzieri in servizio a piazzale Clodio e sottoposti a intercettazione ambientale diversi uffici (quattro, secondo le nostre fonti) in dotazione alla sezione di polizia giudiziaria delle Fiamme gialle. In queste stanze sarebbero stati captati dalle microspie interrogatori e conversazioni di diversi magistrati, «spiati» indirettamente mentre svolgevano il proprio lavoro nelle stanze degli investigatori. Per colpa delle cimici alcuni pm avrebbero condiviso, a loro insaputa, con il collega Gallo il contenuto delle proprie indagini.
Lo stesso Lo Voi ha autorizzato il controllo degli accessi agli archivi informatici della Procura, poiché alcuni indagati (non i finanzieri, ma i presunti narcos) sembravano a conoscenza di notizie contenute in almeno quattro fascicoli d’inchiesta. E, a seguito di questo accertamento, sono emersi i nomi di diversi funzionari (cancellieri, segretari, eccetera), ma anche di tre magistrati. Infine il pm Gallo ha fatto realizzare una perizia grafologica su 66 finanzieri (una sessantina in servizio in Procura e alcuni pensionati). Ma solo sei di loro sono stati indagati e hanno saputo di questa ispezione a tappeto.
Insomma una sorta di Grande fratello della Procura che ha coinvolto, loro malgrado, magistrati, impiegati e investigatori. Un déjà vu, ma più invasivo, della vicenda che ha travolto l’ufficio intercettazioni dopo che un’avvenente avvocatessa era stata trovata in possesso di informazioni sensibili sulle conversazioni registrate. Oggi come allora non sono stati trovati i responsabili, ma numerosi innocenti sono stati comunque allontanati dal posto di lavoro. Torniamo alla nostra storia. Durante un’inchiesta per droga, sul cellulare di uno degli indagati, il commercialista Christian Vocaturo, sospettato di essere un narcotrafficante, vengono trovate le immagini di alcuni documenti sospetti e le foto di quelli che sembrano pedinamenti ai suoi danni, con l’intestazione «Procura della Repubblica per il Tribunale ordinario di Roma-Sezione di Polizia giudiziaria-Aliquota Guardia di finanza». Le carte erano state inviate all’indagato dal compare Mirko Pellegrini, risultano indirizzate al procuratore aggiunto Stefano Pesci e riguardano, apparentemente, una vecchia indagine in cui era stato coinvolto lo stesso Vocaturo (antecedente a quella per gli stupefacenti). Ma, da un rapido controllo, quelle carte non risultano mai pervenute al magistrato. Per questo, nel settembre del 2023, vengono indagati, come detto, sei finanzieri che «a vario titolo si erano occupati dell’indagine» collegata alla documentazione ritrovata nel telefonino. I militari sono accusati di soppressione di atti, che si scoprirà non essere mai esistiti, e di corruzione. Anche perché Vocaturo, in un’intercettazione, si era vantato di essere stato assolto in un procedimento per autoriciclaggio «per avere ricompensato economicamente alcuni soggetti» («Ho pagato» giura al telefono). Ma si tratta di decisioni che non dipendono dagli investigatori, bensì dai magistrati. I finanzieri, dopo un anno di infruttuosi approfondimenti investigativi, vengono, comunque, allontanati dal Palazzo di giustizia.
Eppure già a una prima verifica, probabilmente, la sòla avrebbe potuto essere smascherata. Come sembra confermare lo stesso Gallo nella sua richiesta di archiviazione dell’11 ottobre scorso: «La completa visione di tali documenti ha consentito di constatare come l’annotazione a firma apparente R.D.N., datata 8 luglio 2019, sia un falso come si evince dalla dicitura “comandante della stazione” in luogo di “comandante della sezione” e dall’apposizione del timbro “secretato” con una sigla (timbro non in uso nella prassi degli atti della polizia giudiziaria)». Il magistrato ricorda anche che un altro documento del 30 luglio dello stesso anno è firmato da tale A. L., che «non è mai stato in forza alla sezione di Pg della Gdf». Con quelle carte in mano, nel settembre del 2023, Gallo iscrive sul registro degli indagati il viceresponsabile della squadra, il maggiore M. C. (ma non il colonnello F. P., ovvero il suo superiore), il brigadiere capo R.D.N. perché la sua firma sembra quella rinvenuta sull’atto contraffatto, il maresciallo G.T., l’appuntato R.B., ma anche due militari che con le indagini su Vocaturo non avrebbero mai avuto a che fare: il vicebrigadiere D. M., perché il giorno dello scambio del documento in chat era uscito in servizio e, quindi, poteva essere stato il «postino» e, infine, il brigadiere A.M., quest’ultimo solo per la funziona ricoperta (uguale a quella del firmatario).
orecchie aperte
Tra novembre e dicembre 2023 i sei vengono intercettati, ma non emerge nulla. A gennaio 2024 partono le ambientali in quattro uffici del terzo piano della Palazzina B del tribunale dove lavorano una ventina di finanzieri. Quelle stanze, in particolare, sono utilizzate da circa otto militari. Qui passano, come anticipato, anche i pm. Le cimici restano attive tra 40 e 60 giorni. Ma anche in questo caso non danno nessuna soddisfazione nonostante le stimolazioni che arrivano dall’esterno come la richiesta del vecchio fascicolo su Vocaturo, che avrebbe potuto innescare i commenti degli indagati. Ma anche in questo caso non accade nulla. Gallo non demorde e il 24 giugno chiede al procuratore Lo Voi di poter verificare gli accessi ai sistemi informatici Tiap (Trattamento informatizzato degli atti processuali) e Sicp (Sistema informativo della cognizione penale) dal momento che sarebbero «emersi gravi indizi di propalazioni di notizie coperte da segreto d’ufficio» relative a due procedimenti dello stesso Gallo, tre di Pesci e uno di Carlo Villani. Nel giro di due giorni Lo Voi autorizza. Passano quasi due settimane e il pm prepara una lettera indirizzata ad Antonio Giannino dell’ufficio statistica della Procura per controllare gli accessi a quattro dei precedenti fascicoli (tre per il 2019 e l’ultimo per il periodo 2022-2023). La data iniziale della richiesta è 8 luglio, ma poi l’istanza viene inoltrata solo dopo le vacanze estive, il 2 settembre, poco prima di chiedere la proroga delle indagini (il 10). L’esperto risponde a fine settembre con un documento di circa 200 pagine e nella pesca a strascico rimangono impigliati nove funzionari, collaboratori di pm, gip e giudici del dibattimento, ma pure tre magistrati: Pesci (di cui vengono rilevate «tre azioni»), la pm Maria Sabina Calabretta («due azioni») e l’aggiunto Rodolfo Sabelli («due azioni»). Di tutti e tre viene indicato che cosa abbiano visionato e per quanto tempo. Per assodare che gli accessi dei colleghi non fossero stati abusivi, come sembra aver concluso la Procura, gli inquirenti avrebbero dovuto aprire un apposito fascicolo a modello 45 (fatti non costituenti reato) e trasmetterlo alla Procura di Perugia (ufficio competente per le questioni riguardanti i magistrati capitolini) che avrebbe dovuto convocare i tre pm per rendere sommarie informazioni. È stato fatto? Quel che è certo è che i finanzieri non hanno interrogato il sistema e anche Gallo ammetterà, nella richiesta di archiviazione, che le verifiche condotte da Giannino «hanno dato esisto negativo». Ma il pm, il 25 luglio 2024, chiede al «criminalista» Francesco Matranga una consulenza grafica su tutti i finanzieri che operano in Procura. L’esperto confronta le sigle dei militari che i pm hanno recuperato da documenti già a loro disposizione e il 7 settembre deposita la risposta al quesito: «Nessuna delle firme contenute nella chiavetta Usb consegnata è stata apposta dalla stessa mano che ha vergato» il documento trovato nei cellulari di Vocaturo e Pellegrini. Il consulente spiega anche che si tratta, però, di «un giudizio» non definitivo, ma «con grado di probabilità» avendo lo stesso lavorato su «reperti non pienamente periziabili», ovvero non sugli originali. Il pm, non soddisfatto, chiede, ugualmente, la proroga delle indagini, invia gli avvisi di garanzia ai finanzieri e, il 20 settembre, dispone la perquisizione di Vocaturo e Pellegrini. È la svolta: il 9 ottobre raccoglie la confessione dello stesso Pellegrini e l’11 ottobre presenta istanza di archiviazione. Da cui si evince come per un anno i finanzieri siano stati trattati come dei criminali senza nessun vero motivo.
nessuna conferma
«L’attività di indagine non solo non ha confermato l’ipotesi investigativa, ma ha consentito di escludere ogni coinvolgimento degli indagati in ipotesi corruttive» riferisce Gallo. Il gip viene informato del fatto che l’«attività di intercettazione non ha dato alcun risultato investigativo» e che «decisivi per chiarire il quadro dei fatti sono risultati l’interrogatorio di Pellegrini […] e la perquisizione presso l’abitazione del medesimo che ha consentito di rinvenire gli originali effigiati nelle chat». Pellegrini ha, infatti, «ammesso di aver formato falsamente gli atti con intestazione sezione di Pg della Guardia di finanza e di aver ricevuto per tale ragione 20.000 euro da Vocaturo». Ma quest’ultimo avrebbe pagato per ottenere documenti farlocchi.
La prova della contraffazione è nel pc di Pellegrini, dove gli investigatori scovano «un file word che riproduce esattamente, ovviamente privo di firma, il documento dell’8 luglio 2019, rinvenuto sia nella chat tra Pellegrini e Vocaturo sia a casa di Pellegrini, documento di cui il file word è all’evidenza la matrice». L’indagato ha ammesso che i nomi dei finanzieri che aveva usato per le sue patacche li aveva letti in alcuni atti di precedenti indagini a carico di Vocaturo, sbirciati e fotografati a casa di quest’ultimo, e che anche gli scatti dei finti pedinamenti erano stati realizzati da lui. A causa di una tale pagliacciata i militari sono stati tutti cacciati dalla Procura. Infatti, con una nota del 27 settembre del 2024, il procuratore Lo Voi ha «rimesso nella disponibilità del Corpo» i sei indagati (a un passo dal proscioglimento), «essendo venuti meno i presupposti di fiducia e serenità che devono presiedere allo svolgimento delle funzioni demandate». I militari sono stati allontanati da innocenti perché sono venute meno fiducia e serenità. Lo Voi, invece, travolto da uno tsunami di critiche, resta a pilotare la nave.
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