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Contributo a cura dell’ Avv. Giannalberto Mazzei e della Dott.ssa Maria Vittoria Sini *
* Studio Legale Watson Farley & Williams
- I fondi del DL Energia: una rampa di lancio per i porti e per lo sviluppo dell’intera filiera marittima nazionale
Sembra ormai prossima l’emanazione del decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (“MASE”) che individuerà le aree demaniali beneficiarie dei finanziamenti per la realizzazione di infrastrutture off-shore per la produzione di energia rinnovabile, in attuazione dell’articolo 8 del decreto-legge 9 dicembre 2023, n. 181 (“DL Energia”). Sono sei le Autorità di sistema portuale che hanno partecipato al bando, indetto dal MASE nel mese di aprile, al fine di individuare le “aree demaniali marittime da destinare alla realizzazione di infrastrutture per la produzione, l’assemblaggio e il varo di piattaforme galleggianti”. Secondo quanto rappresentato dalle ultime notizie di stampa, i porti di Taranto, Augusta e Civitavecchia sembrerebbero essere favoriti per ottenere la gran parte del supporto che sarà reso disponibile.
Tale finanziamento non rappresenta che una rampa di lancio per lo sviluppo di una nuova dimensione dei porti come nuovi hub energetici, una variabile che assume un ruolo cruciale anche ai fini dell’incremento della competitività delle attività economiche: i porti in Italia da sempre sono “il principale gate di rifornimento energetico di un paese energivoro, ma povero di risorse proprie”.
Le Autorità portuali sono quindi chiamate a proporsi oggi come motori di sviluppo e innovazione per il raggiungimento dei target del Green Deal Europeo.
Questa trasformazione sta già avvenendo all’estero, specie nel mare del Nord, in particolare nel Regno Unito, ove i porti stanno diventando, grazie anche alla produzione di energia rinnovabile da impianti eolici off-shore, dei nodi strategici per gli obiettivi della decarbonizzazione, dando anche nuova vita ai cantieri navali.
Dunque, i fondi del DL Energia rappresentano un’enorme opportunità non solo per le Autorità portuali beneficiarie, ma per l’intero settore marittimo, e potrebbero potenzialmente essere in grado di favorire lo sviluppo di tutta l’industria eolica off-shore, con notevoli risvolti positivi sull’intera supply chain nazionale.
- Le potenzialità del partenariato pubblico-privato: modelli alternativi di finanziamento delle opere pubbliche
È evidente che lo sviluppo di grandi progetti di energia rinnovabile richiede un’adeguata disponibilità di infrastrutture, e, di riflesso, necessita di investimenti consistenti.
I fondi del DL Energia rappresentano senz’altro un’occasione straordinaria per le Autorità portuali e offrono inoltre utili spunti di riflessione anche in materia di governance e assetto giuridico.
A tal proposito torna di attualità il dibattito relativo alla divergenza tra l’assetto pubblicistico dell’Italia e dell’Europea Meridionale, ove le Autorità portuali operano quali enti pubblici non economici, rispetto all’assetto cd. “privatistico” dei porti del Nord Europa, organizzati per lo più secondo il modello giuridico della società per azioni e operanti in regime di libertà di impresa.
A ben vedere, infatti, proprio tale caratteristica permetterebbe di snellire le decisioni, generando un notevole vantaggio competitivo in termini di tempestività dell’azione, con una maggiore efficacia nella gestione degli asset, svincolandosi dagli involucri formali delle procedure.
È un dibattito che non va estremizzato e che deve necessariamente tener conto della tradizione giuridica italiana. D’altro canto, esistono strumenti che andrebbero ulteriormente favoriti per bilanciare i vincoli procedurali funzionali alla trasparenza nella gestione del bene pubblico con l’efficienza gestionale.
Una delle vie percorribili potrebbe essere un più largo ricorso al modulo contrattuale di matrice UE del partenariato pubblico-privato (“PPP”).
Il suddetto istituto, per come definito nel nuovo Codice appalti (d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36), presenta le caratteristiche fondamentali di un’operazione economica di lungo periodo per raggiungere un risultato di interesse pubblico, in cui la copertura dei fabbisogni finanziari connessi alla realizzazione del progetto proviene in misura significativa da risorse reperite dalla parte privata.
È quest’ultima, infatti, la parte che si assume il rischio operativo, a fronte di un ritorno economico dell’investimento generato dalla successiva gestione dell’infrastruttura.
Tramite la suddetta definizione il Codice Appalti ha inteso “cambiare il paradigma” fornendo una nozione di PPP omnicomprensiva, indipendente quindi dallo strumento giuridico attraverso il quale l’operazione viene effettivamente realizzata (che si concretizza in un veicolo partecipativo o in schemi contrattuali).
I caratteri di atipicità e non esclusività di questo modulo contrattuale hanno favorito, nel corso degli ultimi anni, l’affermazione di molteplici e variegate tipologie di PPP, riconducibili tendenzialmente a due macrocategorie, aventi come elementi di distinzione il riparto delle responsabilità e dei rischi connessi al progetto.
Nello specifico, una prima categoria si connota per una prevalente allocazione di responsabilità e rischi in capo al soggetto pubblico, attribuendo invece al soggetto privato:
(i) la progettazione e costruzione dell’infrastruttura, nonché la fornitura di tutte le risorse finanziarie per la realizzazione del progetto (modello Design & Build (DB)); o
(ii) la gestione e manutenzione del servizio (modello Operate & Maintain (OM)).
A rigore, specie alla luce della nuova definizione del Codice Appalti, i suddetti modelli contrattali rappresentano forme di realizzazione dell’interesse pubblico che si pongono a metà strada tra l’istituto dell’appalto tradizionale e il PPP.
Al contrario, la piena coesistenza di tutti elementi costituivi e distintivi della nuova nozione di PPP si rinviene nelle forme contrattuali che prevedono, invece, un ruolo centrale e più incisivo dell’operatore economico privato, con conseguente assunzione di maggiori rischi e responsabilità in capo a quest’ultimo, che possono dare luogo, inter alia, ai differenti modelli di:
(i) Design, Build, Finance & Operate (DBFO), in cui il soggetto privato progetta, costruisce e finanzia un’infrastruttura di proprietà pubblica; o
(ii) Design, Build, Finance & Maintain (DBFM), in cui il soggetto privato progetta, costruisce, finanzia un’infrastruttura e poi gestisce i servizi di manutenzione delle strutture nell’ambito di un accordo a lungo termine.
È proprio in tali modelli, che attribuiscono un ruolo centrale al privato in tutte le fasi di realizzazione dell’opera e allo Stato in termini di regolazione e controllo, che risiede l’elemento più innovativo di tale genere contrattuale, e la sua conseguente potenziale appetibilità in molteplici settori del nostro ordinamento, ivi compreso quello portuale.
A ben vedere, quindi, il PPP rappresenta una grande opportunità di condivisione operativa tra il pubblico e il privato con notevoli benefici:
(i) sia da un punto di vista prettamente economico, in quanto il finanziamento da parte del privato consente di superare i vincoli sulla spesa pubblica e sui saldi del bilancio (c.d. operazioni off balance);
(ii) sia in termini di qualità dell’azione amministrativa ed efficienza gestionale in virtù del ruolo centrale ricoperto dal privato, senza che l’ente pubblico rinunci alle sue prerogative nell’ambito della definizione degli obiettivi e della verifica dell’attuazione del progetto di pubblico interesse.
Inoltre, il ricorso a tale strumento favorirebbe ulteriori significativi benefici derivanti dal know-how dell’operatore privato.
Peraltro, lo strumento del PPP è stato positivamente vagliato anche dal Consiglio di Stato, che ha valutato positivamente tale strumento di finanza alternativa, in quanto consentirebbe il ricorso a capitali ed energie private al fine di garantire un’azione amministrativa efficiente, efficace e fortemente improntata a criteri di economicità.
In questo modo, gli operatori privati non rappresenterebbero più i meri esecutori del progetto, ma si porrebbero come controparte contrattuale tendenzialmente paritaria, nonché in un’ottica di reciproca fiducia, in linea con uno dei principi portanti del nuovo Codice appalti.
Non è un caso che il project financing, una delle principali forme applicative del PPP, sia stato anche oggetto di recente attenzione da parte del legislatore, che, tramite il decreto legislativo 31 dicembre 2024, n. 209 (“Decreto Correttivo”), oltre ad aver reintrodotto la finanza di progetto ad iniziativa pubblica, ha aumentato i caratteri di trasparenza dell’istituto e potenziato la concorrenzialità tra le imprese, per dare nuovo impulso a questa modalità di realizzazione di opere pubbliche.
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