la classe operaia va in paradiso

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Una novella Che Guevara – non in mimetica ma in tuta da sci – si aggira fra le montagne d’Abruzzo. È “l’abominevole donna delle nevi”: Rita De Crescenzo, la giunonica influencer napoletana, regina del trash, che domenica 26 gennaio ha scaricato diecimila “turisti per un giorno” in pullman sulle nevi di Roccaraso, mandando in tilt un intero paese. Un’operazione subito tacciata come volgare dagli opinionisti alla page ed incasellata fra i sintomi di quell’overtourism che da alcuni mesi sta minando l’altera bellezza delle montagne italiane, a partire dalle iconiche Tre Cime di Lavaredo. Proprio qui, a inizio estate, su un masso comparve la scritta “tourists go home”. Della serie: prima invochiamo per le nostre montagne il turismo di massa come fosse la panacea, e poi, ipocritamente, accusiamo i turisti per il degrado. 

Rita De Crescenzo

Infanzia difficile, frequentazioni imbarazzanti, linguaggio sguaiato, trucco pesante e botulino a go go, Rita ha conseguito improvvisa notorietà sui social per la foga con cui ostenta la “banalità” delle vite comuni di consumatori a basso reddito; quelli che, al massimo, le domeniche d’inverno, si possono permettere di bighellonare in un centro commerciale. Ma è nella domenica incriminata che Rita ha compiuto il suo capolavoro, scavalcando a sinistra la Schlein, Bonelli e Fratoianni.
Mentre tutti i telegiornali italiani decantavano i divertimenti dei week end sulla neve, riservati però a cittadini benestanti dotati di luccicanti suv ed ospitati in lussuosi alberghi, Rita, inguainata in una sfolgorante bandiera italiana, ha confezionato un gesto “rivoluzionario” che non si vedeva dalla liberazione di Cuba da parte dei comunisti di Fidel Castro. Quella che qualcuno ha definito una “calata degli unni” era, a ben vedere, la versione post-moderna del famoso quadro de “Il quarto stato” di Pellizza da Volpedo, che un tempo campeggiava nelle sedi dei sindacati e dei partiti di sinistra: la marcia degli ultimi verso il paradiso della lotta di classe, nel nostro caso impersonato da Roccaraso. Con la differenza che gli operai ed i braccianti del famoso quadro erano vestiti di stracci, mentre i “rivoltosi” della passionaria tiktoker (compresi anche matti e soggetti border line) avevano riciclato tutine da sci vagamente vintage acquistate al mercatino dell’usato.
A chi protesta per la lesa maestà delle montagne, ricordo che l’assalto agli ecosistemi delle montagne italiane era già avvenuto diversi decenni prima dell’invasione del 26 gennaio, allorché fu inventato il turismo di massa, tanti paesi delle nostre montagne vennero trasformati in giostrine adrenaliniche per i rampolli della borghesia urbana e la monocultura dello sci da discesa arrivò sulle alte vette dove prima erano silenzio, solitudine, bellezza. Dunque, il trash e la caciara già imperversavano in mezzo alle Alpi ed agli Appennini (anche qui in Calabria, naturalmente), con gli impianti di risalita, i diboscamenti, le piste, le strade, i rifugi, la cementificazione, le seconde case, il traffico, la cancellazione delle culture dei luoghi e, infine, con i tanti film sulle vacanze vip a Cortina e le menate quotidiane dei telegiornali sull’ “arrivo della bianca coltre per la gioia degli amanti dello sci”. Anche qui, della serie: ci interessa la montagna solo quando arrivano gli sciatori.
E allora non c’è da scandalizzarsi se la furbona di turno, per nulla diversa dalle tante Ferragni in circolazione, ha inconsapevolmente regalato alla “classe operaia” (oggi disoccupati, sottooccupati, precari e sbandati), qualche goccia di quel divertimento che pareva appannaggio solo dei ricchi e della middle class. La trovata è geniale: pagate solo il pullman; il resto, pane e companatico compresi ve li portate da casa. Ed è ipocritamente classista la reazione del sindaco di Roccaraso, che, dopo aver detto peste e corna dei napoletani, ha contingentato l’afflusso di pullman nel suo paese, perché i veri turisti non vengano disturbati dalla vista di un po’ di realtà quando alzano gli occhi dai loro tablet sintonizzati su Netlix.
Intendiamoci, non sono per nulla favorevole all’overtourism. E sul turismo in sé (meglio: sul turismo di massa) la penso esattamente come quell’umorista che disse: “il turismo è un’attività per cui persone che starebbero meglio a casa propria vengono portate in luoghi che sarebbero migliori senza di loro”. Ma penso che oltre a limitare l’accesso ai pullman, il sindaco classista del paese abruzzese dovrebbe pensare a contingentare anche l’afflusso dei suv, delle auto, degli sciatori, dovrebbe bloccare la costruzione di piste da sci, case ed alberghi. Diversamente, “la rivoluzione di gennaio” si ripeterà negli anni a venire. E non solo a Roccaraso. Ma quantomeno, al momento, abbiamo smitizzato l’assunto neoliberista secondo il quale “la lotta di classe l’hanno vinta i ricchi”. Piccole rivoluzioni, infatti, anche se sgangherate, sono ancora possibili. E non sono necessari mitra kalashnikov: basta brandire una bella torta salata e qualche palla di neve.   

* Avvocato e scrittore

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