Bianchi trattati male, terre «confiscate»… Stop finanziamenti al Sudafrica

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Perché l’amministrazione Trump ce l’ha così tanto con Usaid, l’Agenzia americana per lo sviluppo internazionale, e con il Sudafrica? Le due cose sono collegate? Ieri mattina Elon Musk, il greatest cutter di Donald Trump, ha pubblicato alcuni post su X e in uno di questi chiedeva al presidente sudafricano Cyril Ramaphosa: «Perché avete leggi sulla proprietà apertamente razziste?».

Musk, nato a Pretoria, in Sudafrica, ex-cittadino sudafricano, si riferisce all’Expropriation bill, proposta di legge firmata il 24 gennaio da Ramaphosa per sostituire la norma sulle proprietà fondiarie del 1975 (c’era ancora l’Apartheid): la nuova legge delinea il processo tramite il quale lo Stato può espropriare i terreni nell’interesse pubblico. Espropri che potrebbero essere anche senza indennizzi, qualora le parti non trovino un accordo compensativo. Nella tarda mattinata di lunedì Trump ha fatto eco a Musk: sul social Truth, il presidente americano ha accusato il Sudafrica di «confiscare» le terre e di «trattare molto male alcune classi di persone». Annunciando di voler tagliare tutti i futuri finanziamenti al Paese.

SECONDO UN AUDIT del governo del Sudafrica del 2017, il 72% delle terre nel Paese sono detenute ancora dalla stessa minoranza bianca (il 9% della popolazione) che le possedeva nel 1994, prima della fine dell’Apartheid: sono queste le «classi di persone» che il governo sudafricano starebbe trattando male.

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Il tema della terra, in Sudafrica, è molto controverso: dalla fine dell’Apartheid si è cercato più volte di ridurre le disuguaglianze del precedente status quo ma la riforma agraria promessa dall’African National Congress (Anc), la promessa di «restituzione» delle terre per dare potere ai lavoratori agricoli (neri) e toglierne ai latifondisti (bianchi), non si è mai realizzata pienamente, rimanendo ostaggio di lunghe trattative e resistenze politiche.

La discussione si trascina proprio sul tema delle compensazioni e i risarcimenti per coloro la cui terra sarà espropriata, con molti dei quali il governo non è mai riuscito a trovare un accordo: si tratta della parte più conservatrice della popolazione sudafricana, quella più nostalgica dei tempi che furono, quando il regime di Apartheid garantiva a una piccola minoranza lo strapotere sul restante della popolazione.

IL TEMA DELLA RESTITUZIONE delle terre si lega a quello del presunto «genocidio dei bianchi», uno dei più dibattuti nella destra globale assieme a quello della «sostituzione etnica». Sono tutte falsificazioni propagandistiche figlie della stessa madre, l’Apartheid: ne ha scritto anche il blog Il Populista, organo della Lega di Matteo Salvini fino al 2021, così come Il Primato Nazionale, vicino a Casapound. Nel 2016, l’attuale premier Giorgia Meloni accusò il governo (Renzi-Alfano) di «prove generali di sostituzione etnica» e, cinque anni dopo, suo cognato il ministro Lollobrigida tuonò: «Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica». Falsità che attingono tutte dalla stessa matrice ideologica dell’Apartheid.

Quella dei poveri bianchi sudafricani a rischio estinzione è una vecchia storia vittimistica presa in prestito da Trump, una storia che trasuda l’ideologia dell’orgoglio bianco afrikaner: nel 2018 proprio Trump, da presidente, scrisse su Twitter di aver «osservato con attenzione» il programma di Tucker Carlson su Fox News sulle presunte ingiustizie verso i contadini bianchi sudafricani.

Si tratta di teoremi che la destra globale ha fatto propri: prima di Elon Musk fu Steve Bannon a ergersi a portavoce dei bianchi nel mondo, ma Musk con le sue radici afrikaner può farlo con maggiore credibilità e con il dente ben più avvelenato. Come raccontato dall’ex-direttrice di Usaid Wendy Sickel, nel 1986 la legge Usa che imponeva sanzioni al Sudafrica stabilì anche politiche e obiettivi che avrebbero dovuto guidare i programmi dell’agenzia nel Paese africano.

L’ALLORA PRESIDENTE Ronald Reagan era contrario ma il Congresso ebbe la meglio: fu creato, proprio in Sudafrica, un programma educativo per le classi sociali meno abbienti, uno per lo sviluppo di leadership nelle comunità più povere, un programma per le piccole imprese private, uno di formazione sindacale e fu istituito un fondo per i diritti umani e l’assistenza legale. Ingerenze americane in Africa? Certamente, proprio quello erano. Ora, nell’era Trump-Musk, è tempo di tornare al caro, vecchio, status quo.



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