Al San Bortolo metodica all’avanguardia: l’organo è stato preso da un donatore già in morte cardiocircolatoria
Si può discutere, come si sta facendo, sulle insufficienze che in questi ultimi anni stanno emergendo nell’ambito della sanità pubblica. Al contrario, non si possono mettere in discussione alcune eccellenze, quando si parla di interventi di alto livello ad altissimo rischio. Quello avvenuto martedì all’ospedale San Bortolo di Vicenza rientra in questa categoria. Si tratta di una metodica all’avanguardia, eseguita per la prima volta in Italia lo scorso anno all’ospedale di Padova e per la prima volta l’altro giorno nel nosocomio vicentino.
I criteri di morte
È stato prelevato un cuore da un donatore già in morte cardiocircolatoria, questo il motivo per cui il prelievo viene definito a «cuore fermo». Nella procedura standard si preleva l’organo da un donatore di cui si sia accertata la morte cerebrale, ma il cui cuore batte ancora: è il chirurgo a fermarlo nel momento in cui deve trapiantarlo. In questo caso, invece, prima di poter prelevare cuore e altri organi, l’équipe deve eseguire l’accertamento di morte con criteri cardiologici, ovverosia a seguito di un elettrocardiogramma in assenza di attività cardiaca per 20 minuti, dopodiché è possibile preparare il paziente al prelievo. Attività questa, al contrario, nota anche al San Bortolo, ma che richiede un efficiente ed efficace coordinamento, in tempi brevissimi, tra le équipe multidisciplinari dei vari ospedali dove vengono eseguiti i trapianti. Martedì, oltre al cuore, trasportato e trapiantato aa Padova, così come polmoni e il pancreas, sono stati prelevati il fegato (trapiantato nelle strutture dell’azienda ospedaliera di Verona), le cornee (ospedale di Treviso) mentre i reni sono stati trapiantati direttamente al San Bortolo.
Procedura delicata
«Quella che è stata effettuata – spiega Vinicio Danzi, primario del reparto di Anestesia e Rianimazione -, è una procedura particolarmente delicata in quanto è necessario procedere alla perfusione, cioè all’irrorazione di sangue e ossigenazione del cuore affinché una volta trapiantato nel paziente possa ripartire. Stiamo parlando di un cuore che era rimasto senza battito per più di 20 minuti. Questo risultato è possibile solo adottando tecniche complesse che vedono collaborare insieme le équipe di anestesia e rianimazione, i perfusionisti e i cardiochirurghi, ma occorre anche disporre, come in questo caso, di un cuore in perfette condizioni».
La sinergia
«Grazie alla sinergia con il Centro regionale per il coordinamento trapianti e con la Cardiochirurgia dell’azienda ospedaliera di Padova diretta dal professor Gino Gerosa – sottolinea il Dg dell’Usl 8 Berica Patrizia Simionato -, queste operazioni rappresentano una possibilità importante per i tanti malati che risultano in lista di attesa, nonostante il Vicentino, per fortuna, sia da sempre un territorio particolarmente sensibile al tema della donazione di organi».
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