È bagarre fin da subito alla Camera, durante l’informativa di Nordio e Piantedosi sul caso Almasri. Le opposizioni si scaldano (capita, è il solito effetto della diretta televisiva…) perché il Guardasigilli, il primo a intervenire, ha di fatto smontato tutte le peggiori tesi della sinistra. Ha prima ripercorso gli eventi, partendo da una prima informativa arrivata in Italia con un mandato d’arresto che non chiedeva neppure la richiesta di estradizione, per arrivare all’avviso di garanzia, fatto pervenire a mezzo governo. In esso, dice Nordio, “la qualità di indagato è sottolineato in grassetto. L’ho visto con una certa tenerezza: un pm – l’ho fatto per 40 anni – sa benissimo che è chi è iscritto nel registro è persona indagata e non è iscritta all’associazione dei bocciofili”. E ancora prima di entrare nel merito, spiega all’Aula quali sono le prerogative del Guardasigilli nei rapporti con la Corte penale internazionale: “Il ruolo del ministro non è semplicemente quello di un organo di transito delle richieste: è un organo politico che deve meditare sul contenuto di queste richieste in funzione di un eventuale contatto con altri ministeri e funzioni organo dello Stato. Non faccio da passacarte, ho il potere di interloquire con altri organi dello Stato in caso di necessità e questa necessità si presentava eccome. Inoltre serve valutare la “coerenza delle conclusioni cui perviene la decisione della Cpi”. Questa coerenza manca completamente e quell’atto era nullo”. La necessità di confrontarsi con gli altri organi si presentava per via delle diverse criticità che presentavano i documenti della Cpi. In primo luogo, l’accusa aveva richiesto l’arresto di Almasri a ottobre, più di cento giorni prima della decisione definitiva, arrivata quando il libico era già entrato in Italia. E se la Cpi ha impiegato mesi per il mandato di arresto (arrivato solo quando Almasri era già in Italia), si chiedeva al ministro Nordio di decidere sul da farsi in poco più di 24 ore.
Un “incomprensibile salto logico” della Cpi
Altre incongruenze. I crimini contestati dall’accusa risalivano al febbraio 2015, ma già nel preambolo degli atti consegnati agli organi italiani si denunciano altri casi risalenti al 2011, quando ancora Gheddafi era al potere (fatto strano per un anti-gheddafiano essere all’epoca già operativo). C’era dunque grande incertezza nei documenti sul periodo da prendere in riferimento, tant’è che, secondo quello definito da Nordio come un “incomprensibile salto logico”, le conclusioni della Cpi erano diverse dall’accusa e dalle motivazioni: i crimini contestati risalivano al febbraio 2011. Qui si alzano le proteste delle opposizioni, specie di Angelo Bonelli di Avs. Ma Nordio lo mette subito al suo posto: “Le ha lette le carte?” gli chiede il Guardasigilli. Perché passano pochi minuti e il leader di Avs viene pesantemente smentito proprio dalla stessa Cpi. Resisi conto dell’errore, non un errore materiale ma un vizio assoluto, i giudici della Cpi si riunirono pochi giorni dopo e il 24 gennaio, senza avvertire il nostro governo di una nuova udienza, ribaltarono il precedente mandato d’arresto con un nuovo pronunciamento: adesso i crimini commessi partono dal febbraio 2015. Nordio riporta poi il parere di una giudice della Cpr che si era accorta di questo e aveva votato contrario alla decisione della Cpi, spiegando che, secondo la giudice, “sembra che ci sia uno sforzo per forzare un collegamento” che avrebbe rischiato di allargare le competenze della Cpi.
Nordio: “Cpi frettolosa”. E ai giudici italiani: “Andremo avanti fino alla riforma”
“Credo che un’altra mia iniziativa sarebbe stata impropria e frettolosa nei confronti della Corte di Appello e avrebbe dimostrato carenza attenzione non aver rivelato queste anomalie – ha detto Nordio –. La Cpi si è in seguito riunita apposta per cambiare mezza struttura del primo atto sulla base del quale avrei dovuto emettere il provvedimento. Ha cercato di cambiarli perché si era accorta che aveva fatto un pasticcio frettoloso. Hanno sbagliato un atto così solenne. È mia intenzione – ha aggiunto – chiedere alla Cpi giustificazione sulle incongruenza di cui è stato mio dovere riferire”.
Nordio si è poi tolto qualche sassolino dalla scarpa: “Mi ha deluso l’atteggiamento di una certa parte della magistratura che si è permessa di sindacare l’operato del ministero senza aver letto le carte. Cosa che può essere perdonata ai politici ma non a chi per mestiere le carte le dovrebbe leggere. Con questa parte della magistratura, se questo è il loro modo di intervenire in modo sciatto, questo rende il dialogo molto più difficile. Se questo è un sistema per farci credere che le nostre riforme devono essere rallentate” ha detto il Guardasigilli, “andremo avanti fino alla riforma finale”.
Piantedosi: “Almasri rimpatriato per sicurezza nazionale”
Dopo di lui, è intervenuto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi che, oltre ad aver chiarito altre vicende tecniche (il fatto, ad esempio, che la Cpi aveva chiesto di non arrestare Almasri fino al 18 gennaio a vari Stati europei), ha ribadito che l’espulsione del libico è avvenuta per tutelare la sicurezza nazionale. Ha prima spiegato che Almasri non è mai stato un interlocutore del governo per la risoluzione del problema migratorio – stramba tesi proposta dalla sinistra – e poi ha aggiunto che il suo rimpatrio “è da inquadrare (per il profilo di pericolosità che presentava il soggetto in questione) nelle esigenze di salvaguardia della sicurezza dello Stato e della tutela dell’ordine pubblico, che il Governo pone sempre al centro della sua azione, unitamente alla difesa dell’interesse nazionale che è ciò a cui lo Stato deve sempre attenersi nell’obiettivo di evitare, in ogni modo, un danno al Paese e ai suoi cittadini”. E sulla questione del volo di Stato per il rimpatrio: “La predisposizione dell’aereo, già nella mattina del 21 gennaio, rientra tra quelle iniziative a carattere preventivo, e quindi aperte a ogni possibile scenario (ivi compreso l’eventuale trasferimento in altro luogo di detenzione), che spettano a chi è chiamato a gestire situazioni che implicano profili di tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico di tale rilevanza”.
Opposizioni in estrema difficoltà. Vanno in ko tecnico dopo l’intervento del deputato di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli: “Grazie al governo per aver difeso la sicurezza nazionale, perché di questo si parla. Da cittadino italiano sono contento che dopo la scarcerazione di Almasri lui non sia libero in Italia ma sia in Libia”. L’ipocrisia della sinistra viene giù: “Pd e M5s non si sono occupati dei diritti umani in Libia quando Gentiloni e Minniti firmavano il memorandum con la Libia e nemmeno quando il governo Conte con il Pd lo ha confermato”. E infine: “Nella richiesta di arresto della Cpi non è mai citata la parola immigrazione, ma a chi vuole dare lezione di moralità tengo a precisare che ‘immigrazione’ è ben presente negli atti giudiziari dell’arresto del tesoriere del Pd in Campania”.
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