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Nel giorno dell’arrivo dei primi 16 migranti nei centri “italiani” in Albania, si scopre che due sono minorenni e “sono stati trasferiti su una motovedetta per essere riportati sulla nave Libra, diretti in Italia”. In via cautelare, si apprende, verranno portati in Italia dove saranno valutati dalle commissioni presenti negli hotspot nazionali così come avviene per situazioni analoghe. Per altri 2 migranti sussistono le condizioni di elevata vulnerabilità e si sta valutando se anche nel loro caso la via sia quella che porta in Italia. Intanto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, difende alla Camera il progetto, che costa almeno 134 milioni di euro l’anno ma rappresenta “un investimento che, sul lungo periodo, dovrà consentire di abbattere le spese della gestione di prima accoglienza straordinaria, che sono oggi pari a circa un 1 miliardo e 700 milioni all’anno”. Sul tema interviene il presidente della Cei, cardinal Matteo Zuppi, che mette in guardia dall’ “eccessiva politicizzazione del fenomeno migratorio, fondata sulla ricerca del consenso e sulle paure”.
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Chiamato a rispondere al question time a Montecitorio, Piantedosi sottolinea il valore “sperimentale e innovativo di un’iniziativa che si prefigge di contrastare l’immigrazione illegale senza incidere sulle garanzie dei diritti fondamentali delle persone”. La riprova? “L’attenzione riservata al progetto da 15 Paesi europei” e la lettera indirizzata ai capi di Stato e di Governo Ue della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che sottolinea “la necessità di ‘continuare ad esplorare possibili strade da percorrere per quanto riguarda l’idea di sviluppare hub di rimpatrio al di fuori dell’Ue, soprattutto in vista di una nuova proposta legislativa sul rimpatrio. Con l’avvio delle operazioni previste dal protocollo Italia-Albania, potremo anche trarre lezioni da questa esperienza pratica”.
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Il ministro rassicura poi sulla regolarità degli appalti per i centri, dove si sono usate procedure in deroga. C’è, sottolinea, un unico operatore albanese cui sono stati affidati i lavori edili e per gli impianti. L’impresa è “stata sottoposta alle verifiche e ai controlli tramite la banca dati nazionale Antimafia e l’Ambasciata di Italia in Albania” e “non sono emerse criticità ”. A chi contesta l’elevato stanziamento che, ammette Piantedosi, “potrà anche rivelarsi superiore ai costi effettivi”, il titolare del Viminale ribatte che esso “tiene conto della collocazione geografica delle strutture, ma va peraltro considerato che riguarda un impianto polifunzionale, un unicum, che assolverà ad una quadruplice funzione: hotspot di sbarco, luogo di trattenimento per procedure accelerate, Cpr e struttura carceraria”.
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Le opposizioni continuano ad attaccare il piano e critiche sono arrivate anche dal mondo cattolico. Senza parlare specificamente dell’argomento, il cardinale Zuppi ha lamentato come “spesso assistiamo al perdurare di un approccio orientato soltanto all’emergenza che trascura promozione e integrazione: dimentichiamo che l’immigrazione, se ben gestita, può essere una risorsa per la società ”. Un approccio, ha aggiunto, che “impedisce la creazione di un sistema di accoglienza autentico e non opportunistico. Ed è invece di questo che abbiamo bisogno, per la sicurezza reciproca”.
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Sul fronte della cronaca si registrano i fermi, emessi dalla Dda di Milano, di dieci egiziani sospettati di far parte di un’organizzazione internazionale dedita al traffico di migranti in particolare dalla Libia verso l’Italia e altri Paesi. Sono almeno 8 le traversate via mare ricondotte agli indagati, una approdata a Lampedusa, una a Civitavecchia e 5 sulle coste greche; un ulteriore viaggio si è concluso con una attività di soccorso. Per ogni migrante trasportato il gruppo guadagnava tra i 4mila ed i 6mila euro. I viaggi erano pubblicizzati sui social.
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