Dazi Usa, Ue sarebbe pronta a colpire le Big Tech. Cina: “C’è bisogno di dialogo”

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Secondo il Financial Times, l’Unione europea sta pianificando di colpire la Silicon Valley con misure di ritorsione se Trump concretizzerà la minaccia di imporre dazi ai prodotti europei. Pechino si dice pronta “a lavorare con l’Ue”, ha risposto agli Usa con la stessa moneta e sta valutando anche un’indagine su Apple. Ma si sta negoziando ed è attesa una telefonata tra il presidente Usa e Xi. “Quello di cui abbiamo bisogno ora non sono i dazi ma il dialogo”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese

La guerra dei dazi innescata dal presidente Usa Donald Trump continua a tenere banco sulla scena internazionale. Secondo il Financial Times, l’Unione europea sta pianificando di colpire la Silicon Valley con misure di ritorsione se il leader della Casa Bianca concretizzerà la minaccia di imporre dazi ai prodotti europei. E, dopo la sospensione dei dazi per un mese per Canada e Messico, si guarda alla Cina. Pechino ha risposto a Trump con la stessa moneta: dazi fino al 15% su gas e carbone americani, fino al 10% su petrolio, alcune auto e attrezzature agricole, indagine anti-monopolio contro Google e denuncia al Wto. L’Antitrust cinese valuta anche un’indagine su Apple per le commissioni addebitate agli sviluppatori di app. Ma intanto si sta negoziando ed è attesa una telefonata tra il presidente Usa e Xi. “Quello di cui abbiamo bisogno ora non sono i dazi ma il dialogo”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lin Jian. Che ha anche colto al volo l’inattesa apertura della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, secondo la quale Bruxelles e Pechino possono trovare accordi che potrebbero persino espandere i legami commerciali e d’investimento: la Cina “collaborerà con l’Ue per rafforzare comunicazione strategica e coordinamento delle politiche, migliorare la fiducia reciproca fino a espandere la cooperazione”, ha detto.

La posizione dell’Ue

Guardando all’Europa, Trump ha minacciato di imporre dazi ai prodotti europei. E l’Ue si starebbe preparando a rispondere. Secondo il Financial Times, che cita due funzionari comunitari a conoscenza del piano, l’Unione europea sta pianificando di colpire la Silicon Valley con misure di ritorsione se Trump concretizzerà la minaccia di imporre dazi ai prodotti europei. La Commissione utilizzerebbe il cosiddetto “strumento di anti-coercizione” contro le Big Tech americano. Lo strumento, elaborato durante il primo mandato di Trump e usato come deterrente contro la Cina, consente all’esecutivo Ue di imporre restrizioni al commercio di servizi se stabilisce che un Paese sta utilizzando le tariffe sulle merci per forzare cambiamenti di politica.

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Tajani: “Fiducioso che riusciremo a trovare dei punti di intesa”

Della questione ha parlato anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani, durante l’audizione alle commissioni Affari esteri di Camera e Senato sugli esiti del Consiglio affari esteri dell’Unione europea dello scorso 27 gennaio. “L’economia europea e quella americana sono profondamente legate. Il volume dell’interscambio rappresenta un terzo dell’intero commercio mondiale. Di tutti i beni statunitensi all’estero, due terzi sono in Europa. Sono pertanto fiducioso che riusciremo a trovare dei punti di intesa anche sul piano commerciale, nel quadro del nostro rapporto solido con Washington”, ha detto. “La politica commerciale della nuova amministrazione americana rappresenta un banco di prova per tutta l’Unione Europea. È una sfida che vogliamo affrontare uniti, senza reazioni scomposte e spirali incontrollate. Le guerre commerciali non convengono a nessuno. Occorre dialogare e l’Italia è il migliore ambasciatore dell’Unione Europea. Mi sembra che il presidente Trump stia dando i primi segnali di volontà di negoziare. Noi ci faremo trovare pronti. Stiamo elaborando una strategia per aumentare il raggio d’azione del nostro export e raggiungere sempre più nuovi mercati, come già avvenuto nel 2024”, ha sottolineato Tajani.




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Le mosse della Cina

Per quanto riguarda la Cina, a differenza di Messico e Canada ai quali ha concesso una sospensione per un mese, Trump ha deciso di procedere. Si attende comunque una telefonata tra i leader dei due Paesi che potrebbe, almeno per il momento, calmare le acque. Non ho “fretta” di parlare col presidente cinese Xi, “gli parlerò al momento opportuno”, ha fatto sapere Trump. Nel frattempo, Pechino ha risposto alle tariffe statunitensi del 10% sull’import di tutti i beni made in China: diversi enti governativi hanno annunciato azioni mirate verso beni e aziende americane. “L’imposizione di tariffe da parte degli Stati Uniti sull’export cinese è una grave violazione delle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio”, ha tuonato il ministero del Commercio, criticando la condotta Usa “di natura dolosa, tipica dell’unilateralismo e di forme di protezionismo”. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lin Jian, invece, ha sottolineato: “Quello di cui abbiamo bisogno ora non sono i dazi unilaterali aggiuntivi, ma il dialogo e la consultazione”. Lin ha criticato le tariffe americane al 10% entrate in vigore su tutto l’export made in China verso gli Usa, notando che “la mossa “minaccia la catena di approvvigionamento con pressioni che non portano da alcuna parte”. Per questo, ha aggiunto, Washington “deve correggere i fatti sbagliati”.

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Lo stop ai pacchi

Intanto, il servizio postale degli Stati Uniti (Usps) ha annunciato che non accetterà più pacchi “temporaneamente” e “fino a nuovo avviso” dalla Cina e da Hong Kong, poiché è iniziata la guerra sui diritti doganali tra Washington e Pechino. “Il flusso di lettere e posta piatta non sarà influenzato”, è stato spiegato. Questa mossa è una “soppressione irragionevole”, gli Usa “devono smetterla con iniziative che colpiscono il commercio”, ha detto ancora il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian, per il quale Pechino “adotterà tutte le misure necessarie per salvaguardare diritti e interessi legittimi delle sue aziende”. La decisione delle Poste Usa è legata al decreto esecutivo di Trump sui dazi americani al 10% sul made in China, che ha eliminato la scappatoia “de minimis” che assicurava l’esenzione doganale agli esportatori che spedivano negli Usa pacchi di valore sotto gli 800 dollari.




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Il Messico ha concluso l’invio di 10mila militari al confine Usa 

Passando al Messico, Trump ha concesso una sospensione di un mese dell’entrata in vigore dei dazi. Come concordato con la presidente messicana Claudia Sheinbaum, in cambio ha ottenuto 10mila soldati al confine. Così, dalle prime ore di martedì centinaia di militari della Guardia Nazionale sono stati inviati da almeno nove stati del Paese latinoamericano, per via aerea e terrestre, verso il confine settentrionale con l’obiettivo di contenere il passaggio di migranti e droga verso la nazione vicina. Fonti ufficiali hanno riferito che 10mila membri delle forze federali sono stati dispiegati in 18 municipalità nei sei stati del nord. Nella Bassa California sono stati inviati 3.010 militari, a Sonora 1.987, a Chihuahua 2.620, a Coahuila 1.017, a Nuevo León 623 e a Tamaulipas 743. Sheinbaum ha assicurato che si tratta di uno spiegamento che non lascia insicuro il resto del Paese e che è vantaggioso per il Messico: “Sappiate che non stiamo lasciando scoperti gli altri stati della Repubblica, ma si tratta piuttosto di un riorientamento delle forze”, ha spiegato.

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