C’era una volta un ricorso. Questo ricorso era stato proposto, nel mese di maggio dello scorso anno, contro la procedura di nomina dei consiglieri di amministrazione Rai e contro il bando promosso dalla Camera dei Deputati che non rispettava le “procedure di selezione” che l’art.63 del Tusma imponeva obbligatoriamente. Questo sistema avrebbe impedito un’adeguata comparazione tra le numerose candidature presentate, favorendo una scelta condizionata dalla maggioranza, che, sommata a quella dell’AD di nomina governativa, risultava in contrasto sia con la sentenza n. 225 della Corte costituzionale sia con le nuove disposizioni dell’European Media Freedom Act. Il ricorso, avanzato da quattro candidati autorevoli (Rizzo Nervo, Rolando, Rossano, Vigevani) e redatto dall’avv. Giovanni Pravisani del Foro Fiorentino, ha visto la partecipazione del sottoscritto in qualità di “garante”. Questa iniziativa, volta a rimuovere un sistema di nomine incostituzionale e contrario ai principi di indipendenza sanciti dall’EMFA, ha suscitato grande interesse e raccolto un significativo sostegno.
Alla conferenza stampa di presentazione hanno aderito Articolo 21, Slc-CGIL, FNSI, Infocivica, UCSI e TvMediaWeb. Naturalmente il primo obiettivo è stato quello di sospendere la procedura delle nomine con un’istanza prima al Tar, in sede cautelare, e poi al Consiglio di Stato. Questa strada si è rivelata inagibile, ma è servita in un primo momento a destare un qualche interesse da parte dei giudici e comunque a rinviare le nomine oltre l’estate.
Un primo risultato era stato raggiunto: porre il problema della compatibilità delle nomine rispetto alla Costituzione e al Freedom Act all’attenzione della pubblica opinione. Questa mossa non è servita ad impedire le nomine attraverso la contestata procedura sommaria, nel mese di settembre, ma restava aperta la strada del ricorso al giudice amministrativo e del possibile rinvio pregiudiziale alla Corte costituzionale o alla Corte di Giustizia europea (per misurare la compatibilità con l’Emfa).
A seguito dei motivi aggiunti legati alla vicenda delle nomine, la causa per l’esame di merito veniva spostata dal Tar al 5 di febbraio del 2025.
Tutto faceva pensare che si sarebbe arrivati a questa scadenza con il Consiglio Rai costituito e con il Presidente approvato anche dalla Commissione parlamentare, come previsto dalla legge. Invece, il rifiuto delle forze di opposizione di concedere il consenso a una presidenza proposta esclusivamente dalla maggioranza ha creato una situazione paradossale, senza precedenti nella storia della Rai.
La maggioranza si è dichiarata indisponibile a cambiare candidato e nel timore del voto contrario da parte della Vigilanza ha deciso di bloccare l’attività dell’organo parlamentare. Risultato la Rai è acefala da quasi cinque mesi e si è realizzato uno dei più clamorosi casi di ostruzionismo di maggioranza. Abbiamo davanti a noi una maggioranza incapace di trovare una soluzione e disposta a bloccare la normale attività della più importante industria culturale del paese.
Torniamo al ricorso promosso da un ristretto manipolo di operatori di buona volontà. Oggi il giudice amministrativo si è riunito per ascoltare le conclusioni degli avvocati e tra un paio di settimane dovrebbe decidere. E’ difficile dire come andrà a finire tutto questo. Ci auguriamo che non ci venga detto che non c’è un giudice a Berlino e che non si può sindacare un atto politico delle Camere. Noi, con attenzione, non abbiamo contestato la decisione delle Camere, ma l’illegittimità del bando “a monte” che non ha rispettato la comparazione tra i candidati.
Non sarà semplice per il Giudice amministrativo trovare la determinazione necessaria per smantellare un castello già edificato, per quanto su basi fragili. È molto più probabile che il Tar, a cinquant’anni dalla sentenza n. 225 del 1974, riapra la strada verso la Consulta. Oserei dire che sarebbe quasi un atto dovuto. Se decidesse di non intraprendere questa via, resterebbe comunque aperta l’opzione della Corte di Giustizia europea. Quale migliore occasione per chiedere a chi siede in Europa se i principi di indipendenza sanciti dal Freedom Act debbano essere realmente presi sul serio? Ormai siamo prossimi alla conclusione. Non resta che attendere qualche settimana per capire se dovremo voltare lo sguardo al passato o, piuttosto, guardare al futuro. Ed è lecito sperare.
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