Fine vita, il costituzionalista: “No alla legge regionale. E’ competenza dello Stato”

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Firenze, 6 febbraio 2025 – Voto o rinvio? La giornata di oggi sarà decisiva per capire casa succederà, in Toscana, alla legge sul suicidio assistito, la cui discussione è teoricamente prevista in Consiglio regionale fra il 10 e l’11 febbraio. Proprio questo pomeriggio si terrà la riunione dei capigruppo che servirà a definire i lavori dell’aula. E, sul tavolo, ci saranno due diverse ipotesi di rinvio. La prima è legata all’istanza di richiesta di un parere preventivo al Collegio regionale di garanzia statutaria presentata dal capogruppo di Forza Italia, Marco Stella. Il documento è all’esame del presidente dell’aula Antonio Mazzeo: se dovesse essere ritenuto meritevole di approfondimento, renderebbe pressoché scontato allungare i tempi. Ma un ulteriore incentivo a posticipare il voto arriverà anche da Italia Viva.

Il capogruppo Stefano Scaramelli, che ha progressivamente preso le distanze dalla norma, intende farsi portavoce delle richieste dei vescovi e, in particolare, del cardinale Augusto Paolo Lojudice, presidente della Conferenza episcopale toscana e arcivescovo di Siena, che ha incontrato ieri. Domanderà tempo per una riflessione e un approfondimento. Il Pd sembra convinto di andare avanti, per una questione normativa e per una politica. Le proposte di legge d’iniziativa popolare devono approdare in aula entro nove mesi dalla presentazione: un termine scaduto a dicembre e superato per permettere un più approfondito dibattito.

Far slittare ancora il voto sarebbe una forzatura. C’è poi la questione politica: prendere tempo rischierebbe di vanificare l’atto, soprattutto nel caso di un’accelerazione del Senato sul tema. E, secondo i ben informati, i vertici nazionali Dem vorrebbero portare a casa il risultato in Toscana. Resta però da convincere l’ala cattolica interna. L’iter legislativo della legge sul suicidio assistito ha preso il via dalla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato non punibile «chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili». L’associazione Coscioni ha depositato nei vari Consigli regionali una proposta di legge per definire come applicare la sentenza.

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L’intervista al professor Bianchi

È stato fra i primi a sostenere l’incostituzionalità della proposta di legge toscana sul suicidio medicalmente assistito. E oggi il professor Leonardo Bianchi, docente di Diritto costituzionale dell’Università di Firenze, ribadisce il suo pensiero, non mutato alla luce delle modifiche apportate dalla terza commissione del Consiglio regionale.

Qual è la sua posizione?

«La giurisprudenza costituzionale riserva in via esclusiva alla legge statale la disciplina del fine vita ed esclude che, in sua assenza, possa essere disciplinata altrimenti; tanto più che esiste il dovere dello Stato di tutelare la vita di ogni individuo, non quello di riconoscergli la possibilità di ottenere un aiuto a morire. Il supremo principio costituzionale di eguaglianza esige parità di trattamento nell’esercizio del fondamentale diritto alla vita, e in materia di ordinamento civile e penale e di livelli essenziali di assistenza vi è competenza esclusiva dello Stato».

C’è chi dice che, dopo gli emendamenti in commissione, la norma sia solo un ‘vademecum’ per applicare la sentenza della Corte costituzionale…

«Si tratta, per il valore del bene supremo coinvolto – la vita – di materia estremamente delicata. Gli aspetti organizzativi e di procedimento incidono sulla facoltà a ricorrere al suicidio medicalmente assistito. L’approccio lessicalmente riduttivo proposto dalla Commissione pare funzionale all’obiettivo politico: tutt’altro che un intervento in punta di piedi».

Lei sostiene che ci sia un’interpretazione errata della sentenza, ovvero?

«La sentenza 242/2019 si ritiene già direttamente applicabile nella parte in cui si esime dalla responsabilità penale chi aiuti al suicidio in presenza di quattro condizioni che riguardino il sofferente. Ma la stessa sentenza “reputa doveroso consentire al Parlamento ogni opportuna riflessione e iniziativa“. La scheda di legittimità del Consiglio regionale evidenzia poi “il rischio che la Consulta possa ritenere illegittimo l’atto in esame giudicando prevalente e assorbente la potestà esclusiva statale“».

Le Asl si sono attivate per rispettare la sentenza: non serve una regolamentazione?

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«Serve una legge del Parlamento “anche per scongiurare il pericolo che coloro che decidono di porre in atto il gesto estremo e irreversibile del suicidio subiscano interferenze di ogni genere“ (sentenza 135/2024 della Corte) ed evitare ingiustificabili disparità di trattamento, tra Regioni ed Asl, senza alimentare un “turismo della morte“. I Consigli di Lombardia, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia hanno approvato pregiudiziali di costituzionalità interruttive dell’iter, quello del Veneto ha bocciato la legge, l’Emilia Romagna ha scelto un provvedimento della Giunta (impugnato al Tar). Invece, la Commissione Giustizia del Senato sta lavorando sulla legge nazionale: costituzionalmente è la strada maestra. La Regione può attivarsi in Conferenza permanente Stato/Regioni per una funzione di stimolo».

Se la Toscana approverà la norma, cosa pensa accadrà?

«È una stagione politicamente delicata: dopo l’estate ci saranno le regionali. Questa materia impegna la coscienza dei consiglieri e, a differenza delle Camere, il Consiglio prevede il voto palese. Pertanto, una convenzione fra partiti dovrebbe subito escludere ripercussioni del voto sulle candidature. Se la legge fosse poi approvata, non sarebbe da escludere un’impugnazione del Governo in Corte costituzionale, con più che fondate probabilità di successo. Ma fare, nel frattempo, campagna elettorale sul fine vita contribuirebbe, forse, ad alimentare il degrado nella vita pubblica».

5 – Continua



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