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Più del Covid e della malattia, a lasciare orfani i bambini negli Stati Uniti sono overdose e violenza. È un esercito di tre milioni di minori quello che, nel 2021, si è trovato a vivere la morte di un genitore o di una nonna o un nonno che si prendeva cura di loro. Complessivamente, il 4,2% di tutti i bambini statunitensi. Lo mostra uno studio apparso su Nature Medicine condotto dall’Imperial college di Londra e dai National Center for Injury Prevention and Control dei Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie Cdc.
Quali sono le cause del rimanere orfani? Dal 2020, la morte per overdose di droga è stata la principale causa, superando il Covid-19 e le altre malattie come le cardiache o oncologiche. Le morti premature sono aumentate in particolare dal 2020 al 2021, con le crisi intersecate dell’epidemia di oppioidi e della pandemia di Covid-19. Dallo studio emerge anche che, in 48 stati, le principali cause di morte prematura di una figura di caregiver sono state la droga, suicidi, omicidi e lesioni, insomma cause legate alla violenza che superano di gran lunga le altre cause. I gruppi di bambini più colpiti includono circa 1,7 milioni di adolescenti di età compresa tra 10 e 17 anni, il che significa che 1 adolescente su 20.
La situazione è più critica in cinque stati – West Virginia, New Mexico, Mississippi, Louisiana e Kentucky – che sono anche quelli a più alti livelli di povertà. «Uno studio molto importante» commenta lo psichiatra Massimo Clerici, già ordinario dell’Università di Milano-Bicocca e già direttore del Dipartimento di salute mentale e dipendenze della Asst Monza che osserva «la sovrapposizione geografica tra gli stati più colpiti dalle morti premature che sono i più poveri ma sono anche quelli dove ci sono i laboratori per il fentanyl, che qui in Italia è ancora lontanissimo dall’esplodere ma è un grosso problema per gli Stati Uniti».
Ricadute in termini di policy
«Stimiamo che negli Stati Uniti, in media un bambino in ogni classe, uno su 25, abbia vissuto la morte di un genitore o di chi si prendeva cura di lui» ha detto la responsabile della ricerca, Susan Hillis dell’Imperial College di Londra e dei Cdc: «Questi bambini affrontano un rischio maggiore di avversità per tutta la vita, a meno che non ricevano un sostegno adeguato in tempo». Le conseguenze sui bambini sono enormi soprattutto in mancanza di interventi tempestivi. Per questo, gli autori dello studio evidenziano le ricadute in termini di policy di questi lavori epidemiologici, non solo per «migliorare il dibattito sulle crisi nascoste che colpiscono i bambini negli Stati Uniti in un modo senza precedenti, ma [questo studio] fornirà una piattaforma per attirare l’attenzione globale sulla questione dell’essere orfani e della carenza di servizi per i bambini» ha scritto in una nota la professoressa Lorraine Sherr dell’Istituto per la salute globale dell’University College of London. «Prevenire preparare e proteggere [prevenire la morte del caregiver; preparare a sostenere i bambini colpiti; proteggere i bambini dai rischi di povertà, violenza e altri problemi] dovrebbe essere un appello politico per tutti i paesi. I numeri sono sconcertanti, il peso è elevato e le conseguenze a lungo termine non possono essere sottovalutate».
Le conseguenze sui figli dell’avere un genitore drogato
Nel complesso, i dati dimostrano che i bambini che sperimentano la perdita di una persona che li accudisce corrono un rischio maggiore di povertà, sfruttamento e violenza o abuso sessuale, infezione da Hiv, problemi di salute mentale e grave disagio. In alcuni contesti, aumenta il coinvolgimento in bande e l’estremismo violento. «Le conseguenze avvengono in modo diretto, per via epigenetica, in quanto i figli di genitori che fanno uso di sostanze hanno una maggior vulnerabilità alle dipendenze e alle malattie» spiega Clerici, «Ma anche in modo indiretto perché la situazione prolungata di disadattamento vissuta prima della morte del genitore tossicodipendente ha conseguenze di breve e lungo termine, tra cui disturbi dell’umore e di ansia, disturbo post traumatico da stress, disturbo suicidario e disturbi psicotici, e una maggior tendenza ad ammalare. Il rischio cresce in modo esponenziale con la gravità dei genitori».
Prevenire, preparare e proteggere? Non si fa abbastanza
Le morti per overdose e cause legate alla violenza raccontano che «il problema delle sostanze non è affrontato adeguatamente» spiega lo psichiatra. «Al momento non si è ancora riusciti a invertire il corso di questa epidemia che ha travolto intere generazioni, con costellazioni di sostanze sempre diverse in un mercato forte che sa diversificarsi per rispondere a ogni esigenza e richiesta» spiega Clerici. «In un paese come gli Usa, con un welfare praticamente inesistente, prevenire preparare e proteggere è ancora più difficile. In Italia, per quanto riguarda la prevenzione, da tempo non vedo nulla all’orizzonte, a parte i soliti progetti che però mancano di follow up e monitoraggi adeguati per valutarne l’efficacia e quindi gli esiti. Per quanto riguarda la protezione, ci sono dei modelli di successo che potrebbero essere implementati anche nel nostro paese, validi ed efficaci, che si concentrano sul singolo bambino sofferente senza la pretesa di combattere la droga».
In Canada, a livello scolastico, esiste un programma per figli di genitori con malattie mentali e problematici, un progetto di affido alternativo temporaneo che scatta qualora il genitore abbia una ricaduta o una crisi. Il genitore acconsente anticipatamente al programma, firmando l’adesione e può indicare esso stesso delle figure di riferimento, «evitando così ai bambini di vivere certi momenti drammatici, dei quali può accadere si colpevolizzino» spiega lo psichiatra «Una fase temporanea, ma cruciale parlando di legami affettivi così intensi come quelli con i genitori, nella consapevolezza che anche la deprivazione del contatto coi genitori pesa tantissimo».
L’importanza dei dati e dell’epidemiologia
Un’altra cosa che insegna lo studio è che «l’epidemiologia non è una disciplina dura o arida, ma ci fornisce preziose informazioni sulla realtà e quindi sulle strategie di intervento. Per questo, colpisce, ancora una volta, la mancanza di dati analogamente dettagliati per il nostro paese, in ogni ambito» spiega Clerici. Gli esempi di quanto conti investire del denaro in progetti di monitoraggio e osservanza non mancano. Le persone con disturbi di personalità che fanno uso di sostanze hanno una probabilità di morte quadruplicata rispetto a chi, con la stessa diagnosi, non fa uso di sostanze, come mostra questo studio. «Dal momento che queste persone con difficoltà arrivano ai servizi, saperlo consente di prestare maggior attenzione» commenta Clerici. Non solo individuare una sottopopolazione target. I dati consentono di valutare interventi e smascherare malfunzionamenti. Come l’analisi incrociata del numero di bambini che ai controlli in pronto soccorso sono positivi alle sostanze, il cui numero è in crescita, e la presa in carico da parte dei servizi mostra che essa avviene in meno di un caso noto su due. Solo conoscendo e misurando la realtà si può agire su di essa, mitigando fattori di rischio, migliorando i fattori protettivi, di volta in volta nei vari contesti familiari, scolastici, sociali o sanitari.
Foto: AP Photo/Jenny Kane, File
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